Breve conversazione con Cesare Segre

La “catastrofe” che si è abbattuta sull’università italiana, così come l’ha chiamata Citati in un recente articolo apparso su Repubblica, parte dalla riforma Berlinguer, approdando alle iniziative del ministro Letizia Moratti. I nuovi corsi triennali non assolvono al compito di dare una preparazione che consenta l’ingresso nel mondo del lavoro. Da qui parte il calvario del neo laureato che finisce con l’iscriversi al biennio di specializzazione (ancora sono in pochi) e poi ancora a un dottorato di ricerca (se si vince il concorso). E, poiché non basta, la speranza si rifugia in più o meno utili master e corsi postlaurea. Alla fine i laureati delle facoltà umanistiche si riscoprono più che trentenni, senza essere ancora riusciti a far parte della satura cerchia del corpo docente scolastico,  né tanto meno universitario.

 

Riforme dell’ordinamento degli studi, finanziamenti e ricerca i problemi fondamentali che rischiano di far collassare il sistema universitario impedendo la formazione di una “élite moderna”? Sullo stato dell’Università oggi, e in particolare sulle problematiche che investono il campo umanistico-letterario, abbiamo rivolto qualche domanda a Cesare Segre, ospite della facoltà di Lingue per la conferenza organizzata nell’Aula Magna del rettorato.

 

Professor Segre, qual è oggi lo stato degli studi nell’Università, dal punto di vista dei paradigmi culturali?

Siamo in periodo di crisi. La ricerca comincia a stagnare, i posti di lavoro per i giovani sono sempre meno numerosi. Ci vorrebbe davvero una svolta, ma questa svolta sarà possibile solo quando si sarà ricominciato a valutare come merita l’importanza degli studi umanistici che ormai, a causa della mentalità aziendale che si è affermata,  sono considerati un inutile lusso.

 

Cosa pensa dello studio e dell’insegnamento delle materie umanistiche e letterarie, alla luce dei cambiamenti di riforma universitaria che puntano piuttosto sulle aree tecniche e pratiche?

Non ho più esperienza di insegnamento perché sono in pensione da molti anni, ma constato che il modo attuale di organizzare gli studi produce risultati molto più modesti di una quindicina d’anni fa. Vedo con amarezza che si continua a parlare di eccellenza, ma spostando questa eccellenza sempre più avanti. Allora un giovane poteva laurearsi a 22 anni e fare subito un corso di perfezionamento o di dottorato, quando poi sono stati istituiti. Adesso questi giovani arrivano a fare questi “studi d’eccellenza” dopo i 30 anni, sprecando buona parte della loro vita.

Si è appiattito e abbassato il livello d’insegnamento nel triennio ma anche nel biennio, e si sono istituiti questi corsi di dottorato che non sembra che diano questa eccellenza, per cui poi la si dovrà trovare con i corsi post-dottorato, con uno spreco di anni.

 

La colpa è attribuibile a chi decide le regole del gioco o anche ai docenti?

La colpa è soltanto dei regolamenti che sono stati imposti ai docenti. Anzi la maggior parte di loro fa il possibile per riparare a questa situazione.

 

La letteratura che valore ha oggi nella società e negli studi?

Ha un grandissimo valore cognitivo, ma questo valore non gli viene riconosciuto. Non ci si rende conto che solo la letteratura ci fa capire che cos’è l’uomo, come funzionano i suoi sentimenti e le sue passioni, come l’uomo si muove nella realtà che lo circonda. Non c’è nient’altro che può farlo, perché anche la sociologia si occupa sì dell’uomo, ma da un punto di vista statistico, non parla del singolo uomo ma degli uomini, al plurale.

 

Qual è lo stato attuale della critica letteraria?

Critica è una parola molto vasta, perché comprende sia lo studio delle varie letterature, sia l’attività giornalistica che affronta di solito temi e autori contemporanei. Poi ancora c’è una critica accademica che approfondisce le ricerche avviate fin da quando le opere sono uscite. Non mi pare che sia un periodo molto brillante però. Anche se ci sono delle punte di alto livello un po’ dappertutto e questo potrebbe far sperare bene per il futuro.

 

Quali sono i suoi attuali progetti di ricerca?

Beh, a 78 anni non si fanno molti progetti. Il mio progetto è continuare a lavorare in campo letterario, filologico e spesso anche artistico, come faccio da qualche anno, e possibilmente elaborare ancora delle proposte teoriche valide, se ci riesco.

 

Qualche anticipazione sui lavori “in cantiere”?

Si vedrà. Per il momento sto studiando il rapporto tra il linguaggio verbale e il linguaggio delle immagini. Su questo tema ho già pubblicato un volume, ma sto scrivendo ancora altri articoli.


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