La misura è stata disposta nei confronti di sei componenti della famiglia Bosco e di Antonino Cuntrò. I sette sono coinvolti nell'operazione Money lender che lo scorso anno ha sgominato un presunto giro di usura ed estorsioni con a capo gli imprenditori etnei. L'accusa è di aver favorito i clan Laudani e Santapaola
Bosco e Cuntrò, confisca da 15 milioni di euro Immobili, 22 cavalli da corsa e due supermercati
Una confisca da
15 milioni di euro. Case, auto, sei società, due scuderie con 22 cavalli. Tutti beni che secondo la guardia di finanza di Catania sono stati accumulati in maniera illecita. È l’accusa rivolta a sette componenti delle famiglie Bosco e Cuntrò, coinvolti per i reati di associazione a delinquere, usura ed estorsione nell’inchiesta Money lender. L’operazione – portata a termine nel febbraio 2014 – sgominò un presunto ingente giro di usura ed estorsioni con a capo, secondo gli inquirenti, la famiglia imprenditoriale dei Bosco. L’accusa è di aver favorito i clan Laudani e Santapaola.
Le fiamme gialle, su delega della Procura etnea, hanno avviato una serie di indagini per ricostruire i patrimoni degli imputati e anche dei nuclei familiari. Nel mirino dei militari sono finiti componenti della famiglia Bosco – Giuseppe (37 anni), Antonino (57 anni), Giuseppe (93 anni), Mario (60 anni), Salvatore (55 anni) e Sebastiano (36 anni) – e Antonino Cuntrò, 57 anni. Già a giugno un provvedimento simile è stato emesso nei confronti di un’altra persona coinvolta, Salvatore Lo Miglio.
I beni confiscati comprendono 31 immobili, undici tra auto, moto e scooter, e sei società. Ma anche due scuderie ippiche con 22 cavalli da corsa acquistati per 700mila euro. Fanno parte del patrimonio un bar in via Oliveto Scammacca, una rosticceria in piazza Abramo Lincoln e i due punti vendita della catena di supermercati della famiglia Bosco in via Umberto e in via Orto dei limoni. In quest’ultima struttura, secondo quanto ricostruito in occasione dell’operazione Money lender, si sarebbero concentrate maggiormente le attività usurarie.
I beni confiscati sono già gestiti da un amministratore giudiziario sotto la supervisione dell’Agenzia nazionale. Assieme alla misura patrimoniale, i giudici hanno disposto nei confronti dei sette uomini la sorveglianza speciale per periodi che vanno da uno a tre anni.