Nella missiva i docenti scrivono di non condividere le modalità della protesta, iniziata ormai da sei giorni. Tra i punti la richiesta di sicurezza nell'edificio, un immobile confiscato alla mafia e la rivisitazione dell'alternanza scuola-lavoro: «Vogliono strutture sicure e stanno in cento dentro le aule», si legge
Boggio Lera occupato, insegnati scrivono a studenti «Vostro dialogo? Banchi come barricate e lucchetti»
L’occupazione del liceo scientifico Boggio Lera, iniziata la scorsa settimana, è giunta al sesto giorno. Tra i motivi della protesta la richiesta al Comune di Catania di un immobile confiscato alla mafia, l’alternanza scuola-lavoro e la messa in sicurezza dell’edificio scolastico. Ma gli insegnanti non condividono le modalità della protesta degli studenti e ne prendono le distanze pubblicamente attraverso una lettera appello: «Abbiamo ascoltato le motivazioni della vostra contestazione, ma non ne seguiamo il filo logico, e di questa occupazione non comprendiamo i tempi e i luoghi», spiegano i docenti, specificando come le richieste dei ragazzi non dovrebbero sfociare in una sospensione dell’attività didattica né avere come luogo d’azione i locali della scuola. «Il Comune di Catania temporeggia e non vi concede uno degli immobili confiscati alla mafia, e voi che fate? Invece di chiedere e pretendere spiegazioni ufficiali da parte di chi promette e non mantiene, occupate la vostra scuola ed impedite a coloro che tra di voi volessero continuare a fare lezione, di poter accedere alle aule».
Quanto alla contestazione delle proposte su alternanza scuola- lavoro, i docenti rispondono: «Invece di chiedere un confronto con chi, tra mille difficoltà, cerca di gestire una procedura imposta dall’alto, a noi per primi, che il 5 maggio del 2015 eravamo in strada a protestare contro quello che sarebbe diventato il testo della legge 107/2015, vi chiudete nelle aule senza neanche provare a condividere idee e proposte». Nella lettera si fa riferimento anche ai problemi di sicurezza dell’edificio denunciati dagli studenti, invitandoli a rivolgersi agli enti preposti alla manutenzione, e si aggiunge: «Pretendete sicurezza quando, per primi, durante l’autogestione, organizzate gruppi di studio, infilandovi in cento dentro aule che, al massimo, potrebbero contenere una trentina di persone».
Ma gli insegnanti, oltre che perplessi, si dichiarano indignati, perché estromessi dalle proteste: «Abbiamo sempre considerato la nostra scuola un luogo in cui la condivisione e il dialogo fossero elementi imprescindibili, ma ci avete risposto con spavalderia, alzando delle squallide barricate di banchi, che impediscono simbolicamente l’accesso al corridoio centrale, oscurando i vetri per godere di un discutibile anonimato e cospargendo di lucchetti gli infissi e gli accessi».
La lettera sollecita gli studenti a non penalizzare l’attività didattica: «Ogni anno, puntualmente, prima delle vacanze di Natale, incrociate le braccia, provocate con modalità differenti la sospensione delle attività didattiche, e poi tutto si risolve in una bolla di sapone, che lascia dietro di sé l’amarezza del tempo perduto, da recuperare in fretta e male in vista della chiusura del quadrimestre». E dichiarando stupore per la leggerezza con la quale, secondo gli insegnanti, è stata avviata e condotta l’occupazione, la lettera invita gli studenti «a rimanere liberi di spiegare le ali per volare alto, con il coraggio e la determinazione dei vostri pochi anni, ma senza impantanarvi nelle acque del pressapochismo e senza cadere nelle reti di chi potrebbe strumentalizzarvi».