Beginning is the best failure, disco di cinque brani uscito il 28 novembre 2015 per l’etichetta di band indipendenti Doremillaro Records, è il primo lavoro ufficiale dei Before we die. La formazione, tutta catanese, è composta da Gianluca Montagna, voce e synth – che studia ingegneria Informatica e organizza eventi con il collettivo Weak -, Manuel Sicilia alla batteria, Antonio La Rocca alla chitarra e Giuseppe Schillaci, proprietario dell’etichetta discografica, che sta al basso. Il pubblico catanese potrà vederli il 2 aprile alle ore 21 al teatro Coppola, in occasione dello showcase di presentazione ufficiale dell’album. «E a breve – annuncia Gianluca – uscirà il video di Like a tree, singolo ufficiale estratto dall’ep. Non vediamo l’ora di farvelo vedere».
Il gruppo nasce nel 2012, quando Gianluca e Antonio, entrambi da una decina di anni nel mondo della musica, pensano di mettere su un progetto che abbia come punto di riferimento la wave anni ’80 nelle sue varie sfaccettature. «A quasi 30 anni – racconta Gianluca – mi sono messo in testa di dare sfogo a quello che non avevo mai fatto durante la mia carriera da cantante». Ciò che emerge fin dalle prime prove è che il marchio di fabbrica dei Before we die è un genere nuovo, che coniuga diversi tipi di musica. «Antonio è riuscito a portare nei brani alcuni elementi delle sue influenze post-rock e si è creato un genere ibrido che ci piace definire post-wave». Apprezzato sia dagli intenditori che dai fan, che lo considerano originale.
I testi delle canzoni sono di Gianluca, che per la prima volta, oltre a cantare, suonerà sul palco durante i live. «L’album non è nato per essere un concept – spiega il cantante – anche se all’interno dei testi sono venute fuori situazioni al limite, problematiche tristi da affrontare, come l’eccessiva voglia di apparire e il fashion victim tra i ragazzi».
Il titolo dell’album, in italiano L’inizio è il miglior fallimento, non sembra essere incoraggiante e Gianluca ne svela il motivo. «Raccoglie tutte le storie, a tratti ironiche a tratti tristi, raccontate nei brani. È una scelta volutamente ironica perché il racconto del fallimento umano che emerge ricorda un po’ la visione pessimista leopardiana, anche se alla fine – assicura – non viene lanciato un messaggio negativo».
I musicisti sanno per certo che questo non è il loro ultimo lavoro e con il titolo del disco si lanciano una sfida. «È un autosfottò scaramantico. Per quanto si possa fallire l’importante è rimettersi in piedi e ricominciare a lavorare». Ma più che al fallimento, adesso la band pensa al futuro. «In questo momento la nostra esigenza è quella di organizzare un tour italiano e stiamo aspettando delle risposte dalle principali città dello stivale». Ma i Before we die puntano anche suonare in qualche festival estivo e a realizzare un album completo. «Non smettiamo mai di comporre, siamo in continua evoluzione e questo rende anche i nostri live speciali, perché spesso portiamo novità sul palco».
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