Sono tre i filoni d'indagine che hanno portato oggi all'esecuzione di 86 misure cautelare. Di queste ben 53 riguardano la carcerazione. Nel mirino è finito il gruppo attivo nel centro tirrenico. L'indagine riguarda anche le ultime Amministrative
Barcellona, scambio di voti in occasione delle Comunali Famiglia mafiosa gestiva spaccio fino alla costa ionica
Cinquantatré persone in carcere, 28 ai domiciliari, cinque con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sono i numeri dell’inchiesta giudiziaria contro la famiglia dei Barcellonesi chiusa oggi dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina e condotta sul campo dai carabinieri. I reati al vaglio del giudice per le indagini preliminari sono a vario titolo di associazione di tipo mafioso,
estorsione, scambio elettorale politico mafioso, trasferimento fraudolento di valori, detenzione e porto
illegale di armi, incendio, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini
di spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, con l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini, iniziate nel 2018, hanno fatto luce su numerosi tentativi di infiltrazione nell’economia legale specialmente nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli e dei locali notturni nell’area di Milazzo.
Nel corso degli approfondimenti investigativi si è accertata la disponibilità di armi da parte dei clan, il controllo di un giro di prostituzione, lo smercio di droga e di gestione di bische. A finire nel mirino è stata anche un’operazione di voto di scambio in occasione delle Amministrative a Barcellona, svoltesi a ottobre 2020. Un uomo di vertice dell’associazione mafiosa avrebbe chiesto posti di lavoro in cambio di un pacchetto di preferenze. L’operazione antimafia di oggi ha portato al sequestro di tre società, un locale e un velicolo per un totale di un milione di euro.
Una costola dell’indagine ha riguardato un traffico di stupefacenti gestito da un sodale della famiglia. La droga riforniva le piazze di spaccio di Barcellona Pozzo di Gotto e altri comuni tra cui Rodì Milici, Terme Vigliatore e Milazzo, spingendosi finanche a Messina e a centri situati sulla fascia ionica della
provincia, nello specifico Letojanni e Giardini di Naxos. Parte degli indagati si sarebbero resi colpevoli anche di aggressioni fisiche per recuperare crediti ma anche di furti a esercizi pubblici e scuole, per recuperare il denaro da investire nell’acquisto degli stupefacenti.