Banche: a che titolo, con gli stress test, la Bce ha ‘bocciato’ MPS, Carige, Popolare di Milano e Popolare di Vicenza?

NON CI RISULTA CHE CI SIA UNA LEGGE DEL NOSTRO STATO CHE AFFIDI ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA IL DESTINO DEL CREDITO DEL NOSTRO PAESE. IL RISCHIO E’ CHE DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, I TITOLI DI QUESTE AZIENDE DI CREDITO CROLLINO CON GRAVISSIMO DANNO PER L’ITALIA (E PER GLI ITALIANI CHE POTREBBERO ESSERE CHIAMATI A PAGARE NUOVE TASSE)

Ormai è più che evidente che chi governa, in Italia, non è il Parlamento, né il governo. Chi governa il Bel Paese è l’Europa. È l’Unione Europea che decide come dovrà essere scritta la manovra finanziaria (e ciò nonostante da molti anni ormai l’Italia versi nelle ‘casse’ dell’UE molti più soldi di quanti l’UE non le conceda come aiuti). È l’Unione Europea che dice cosa devono produrre le aziende italiane e come devono farlo. Ma soprattutto è la Banca centrale europea (Bce) che gestisce la moneta europea e la finanza.

È per questo motivo che, il 26 Ottobre, era per molti una data attesa. E temuta. Oggi infatti la Bce ha reso pubblici i risultati del cosiddetto «comprehensive assessment» (letteralmente «valutazione globale»), un esame per valutare tutte le banche europee sotto due punti di vista: la qualità degli attivi delle banche (asset quality review, Aqr) e gli Stress Test, ovvero la valutazione (condotta insieme con l’autorità bancaria europea, l’Eba) della resistenza delle banche, da ora al 2016.

Sono stati esaminati 131 gruppi bancari della zona Euro, 15 dei quali italiani. Le banche italiane sono: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Mediobanca, Ubi Banca, Banca Popolare di Milano, Banco Popolare, Banca Carige, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Sondrio, Credito Valtellinese, Banca Popolare di Vicenza, Credito Emiliano, Iccrea Holding e Veneto Banca.

Per ciascuno di questi gruppi bancari, la Bce avrebbe fornito un “numero” finale, il cosiddetto «shortfall», ovvero l’ammanco di capitale in ciascuno dei test effettuati (indicando il più alto).

Come detto in precedenza, in Europa non comandano più i singoli Stati. Ebbene (a conferma di ciò) le banche sottoposte ad analisi, nel caso in cui i loro test non avessero avuto esito positivo, sarebbero state costrette a scrivere un piano di ricapitalizzazione entro quindici giorni. E questo non in base ad una legge dello Stato, ma dalla Bce.

In altre parole, se la valutazione della Bce fosse risultata negativa, le banche interessate sarebbero state costrette a colmare tale deficit attraverso un aumento di capitale (e per di più da eseguire pochissimi mesi) o vendendo i propri “attivi” oppure mediante l’emissione di “strumenti ibridi” per rafforzare il capitale. In ogni caso, sarebbero costrette ad trovare altri soldi e ad aumentare il proprio debito reale.

Non solo, ma la Bce ha imposto (ma chi è la Banca centrale europea per imporre simili regole?) che il livello di capitalizzazione (in termini tecnici il Cet1 ratio, che calcola il livello di patrimonializzazione rapportato alle attività rischiose detenute dalla banca) dovesse essere molto più alto di quello previsto dai regolamenti internazionali (questi si stabiliti in base a delle leggi).

Ad esempio, i livelli considerati legali e richiesti agli istituti di credito per esercitare abitualmente l’attività creditizia, sarebbero pari al 4,5%. Ebbene, la valutazione dell’Aqr e degli Stress Test effettuati dalla Bce hanno “imposto” una percentuale base dell’8%.

“Gli Stress Test? Meglio i crash test, e non è una battuta”. Ha detto l’economista della Bocconi, Donato Masciandaro, esperto di banche centrali ed editorialista del Sole 24 Ore.

Pochi giorni fa uno studio di Willem Pieter de Groen e Karel Lannoo del Centre for European Policy Studies, aveva messo in guardia su questo modo di valutare i dati.

Il problema è che, a partire dal lunedì 27 Ottobre – cioè da domani – all’apertura delle Borse, gli istituti bancari classificati come “più deboli” a seguito della valutazione “forzata” della Bce, potrebbero subire un crollo delle proprie azioni. Cosa, questa, che – con riferimento al nostro Paese – causerà, inevitabilmente, il ricorso ad aumenti di capitale per non fallire o all’acquisto di quote azionarie da parte dello Stato o della Banca d’Italia.

Ma la situazione potrebbe essere anche peggiore: se gli azionisti non effettueranno una corretta valutazione dei test, il valore delle azioni di alcune banche (soprattutto le più piccole o quelle con valutazioni peggiori) potrebbe crollare in modo pericoloso fino a causare danni ben al di là della valutazione di una situazione critica.

Il risultato degli Stress Test della Bce è stato che, delle banche europee analizzate, molte hanno dei problemi. E di queste alcune sono italiane.

Banche come Monte Paschi di Siena che, per rientrare nei parametri imposti dalla Bce, dovrà raccogliere 2,11 miliardi di Euro, o Carige (810 milioni), o la Banca Popolare di Milano (170 milioni) e Popolare di Vicenza (220 milioni).

In origine le banche italiane “a rischio” erano molte di più (a quelle sopra citatesi aggiungevano Veneto Banca, Banco Popolare, Credito Valtellinese, Popolare di Sondrio, Popolare dell’Emilia-Romagna). Poi, in vista del test, alcune di loro hanno preferito aumentare il proprio capitale (per 15 miliardi di Euro), riportandolo sopra la soglia dell’8% dell’attivo ponderato per il rischio fissato dall’esercizio. E hanno evitato di finire nella black list delle banche europee pubblicata dalla Bce.

Appena saputo dei risultati, il Ministero dell’Economia li ha commentati in modo diplomatico, dicendo che “confermano l’accresciuta capacità di tenuta del settore bancario nell’Unione Europea”. Nulla è stato detto a proposito del rischio intrinseco che corre l’Italia a seguito di questa valutazione della Bce.

Infatti, tra le banche ‘bocciate’ ci sarebbero proprio alcune di quelle (MPS in testa) che sono state maggiormente aiutate finanziariamente dagli ultimi governi (da Berlusconi in poi). Cosa succederebbe se queste banche non fossero in grado di rispettare le direttive della Bce e, di conseguenza, di aumentare il proprio capitale sociale? Il loro valore crollerebbe e con esso la possibilità per lo Stato (e quindi per gli italiani) di rivedere i soldi concessi in prestito alo stesso Monte dei Paschi di Siena.

A meno che il governo del “nuovo che avanza” non continui a fare quello che hanno fatto tutti i suoi predecessori: finanziare lautamente queste banche utilizzando i soldi degli italiani…

 


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