Può la giustizia affermare una cosa e, contemporaneamente, lesatto contrario? in italia, a quanto pare, sì. Basta leggere due pronunciamenti della corte di cassazione che, lo stesso giorno, in due sentenze diverse, sulla medesima questione - il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione - si sono espresse in modo antitetico. Vediamo di che si tratta.
Bancarotta fraudolenta per distrazione: le due ‘verita’ della Cassazione
Può la Giustizia affermare una cosa e, contemporaneamente, lesatto contrario? In Italia, a quanto pare, sì. Basta leggere due pronunciamenti della Corte di Cassazione che, lo stesso giorno, in due sentenze diverse, sulla medesima questione – il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione – si sono espresse in modo antitetico. Vediamo di che si tratta.
Intanto precisiamo che si tratta della quinta sezione della Cassazione. In una sentenza del 24 settembre 2012, relatore il giudice De Marchi, depositata lo scorso dicembre, si afferma, con argomentazione assai articolata, il rivoluzionario principio secondo il quale, ai fini di una condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, sarebbe necessario raggiungere la prova del *nesso causale* tra la condotta e la dichiarazione di fallimento, nonché la prova del *dolo* rispetto a un tale accadimento, da considerarsi quale vero e proprio evento del reato.
Lo stesso giorno – sempre il 24 settembre – la stessa quinta sezione della Cassazione, in unaltra sentenza – relatore il giudice Palla – afferma il principio esattamente opposto, sulla base del mero richiamo ai costanti precedenti della stessa Corte di Cassazione*: “La punibilità della condotta di bancarotta per distrazione *non è […] subordinata alla condizione che la stessa distrazione sia stata causa del dissesto (Cass., sez. V, 6 maggio 2008, n. 34584), in quanto una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento i fatti di distrazione assumono rilevanza penale in qualsiasi tempo siano stati commessi e, quindi, anche quando l’impresa non versava ancora in condizioni di insolvenza (Cass., sez. V, 14 gennaio 2010, n. 11899), *né è rilevante, trattandosi di reato di pericolo, che al momento della consumazione l’agente non avesse consapevolezza dello stato d insolvenza dell’impresa* per non essersi lo stesso ancora manifestato (Cass., sez. V, 26 settembre 2011, n. 44933)”.
Nel primo caso – ovvero nel pronunciamento della Cassazione che rivoluziona il giudizio sul reato di bancarotta fraudolenta per distrazione – la sentenza di condanna della Corte dAppello è stata annullata con rinvio. Ciò significa che la Corte dAppello dovrà tornare a pronunciarsi su quest vicenda tenendo conto delle indicazioni innovative della Cassazione.
Nel secondo caso – cioè nel caso della sentenza che è arrivata a conclusioni esattamente opposte rispetto alla sentenza che rivoluzione il giudizio su questo reato – la sentenza della Corte dAppello è stata confermata e limputato si è beccato due anni di galera più il pagamento delle spese processuali.
Dove sta la verità processuale? Nella prima o nella seconda sentenza? E quali delle due sentenze farà giurisprudenza?
In ogni caso, queste due sentenze dimostrano che, quanto meno, ai vertici della Giustizia italiana cè spazio per tutte le interpretazioni. Basti pensare che le due sentenze, come già ricordato, sono state pronunciate lo stesso giorno, dalla stessa quinta sezione della Cassazione, da due giudici diversi ma dallo stesso collegio e sottoscritte entrambe dallo stesso presidente
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