Beni per circa 700mila euro sono stati sequestrati dalla guardia di finanza all’imprenditore Patrizio Argenterio condannato per bancarotta fraudolenta e preferenziale, false comunicazioni sociali e omesso versamento dell’Iva a nell’ambito di un procedimento avviato dalla procura di Catania. Il provvedimento è stato eseguito da finanziari del comando provinciale del capoluogo etneo e di quello di Brescia (in […]
Fallimento call center Qè: condannato l’amministratore, sequestrati beni per 700mila euro
Beni per circa 700mila euro sono stati sequestrati dalla guardia di finanza all’imprenditore Patrizio Argenterio condannato per bancarotta fraudolenta e preferenziale, false comunicazioni sociali e omesso versamento dell’Iva a nell’ambito di un procedimento avviato dalla procura di Catania. Il provvedimento è stato eseguito da finanziari del comando provinciale del capoluogo etneo e di quello di Brescia (in Lombardia).
Al centro delle indagini del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catania, il fallimento, nel 2017, della società Qè Srl, operante nel settore dei servizi di call e contact center. Secondo l’accusa, Argenterio «in qualità di amministratore della società, avrebbe aggravato il dissesto della società per effetto di operazioni dolose e pagamenti preferenziali, omettendo il versamento dei tributi per oltre 1,1 milioni di euro nonché distraendo liquidità e asset aziendali a favore di altre persone giuridiche, anche correlate a suoi familiari, per circa 400mila euro».
Secondo la procura, inoltre, l’imprenditore, prima del fallimento, «avrebbe fatto ricorso a diversi artifizi contabili in bilancio allo scopo di occultare il reale stato di salute dell’impresa, esponendo poste attive in realtà inesistenti e omettendo di indicare i debiti Iva, il tutto per importi rilevanti nell’ordine di diversi milioni di euro». Il Tribunale di Catania ha condannato Argenterio a tre anni e sei mesi di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici, disponendo la confisca di una villa di 12 vani e la relativa dependance composta da quattro vani in provincia di Brescia, opere d’arte e denaro contante per un valore complessivo di circa 700mila euro.