Comunemente conosciuto come frutto tipico delle zone tropicali, negli ultimi anni la produzione del mango in Sicilia cresce sempre di più, grazie a un clima sempre più favorevole. Nel Palermitano una delle località in cui il mango è tra i frutti più presenti è Balestrate, tanto che nella località che si affaccia sul golfo di […]
Balestrate si candida a capitale del mango. «Marchio di tutela sarebbe grande risorsa per il territorio»
Comunemente conosciuto come frutto tipico delle zone tropicali, negli ultimi anni la produzione del mango in Sicilia cresce sempre di più, grazie a un clima sempre più favorevole. Nel Palermitano una delle località in cui il mango è tra i frutti più presenti è Balestrate, tanto che nella località che si affaccia sul golfo di Castellammare adesso si sono posti l’obiettivo di blindare il frutto prodotto nella cittadina con un marchio di tutela. La specialità, ricca di vitamine e antiossidante, ormai è entrata totalmente a contatto con le pietanze locali. A raccontare il legame tra Balestrate e il mango è stata Anna Maria D’Asaro. La consigliera della locale Pro Loco è intervenuta all’interno di FantaMagazine, programma di Radio Fantastica. «La coltivazione del mango è nata da un esperimento circa 30 anni fa – spiega – La produzione è talmente cresciuta da rendere necessario un marchio di tutela Made in Sicily per una realtà orma consolidata». Il frutto siculo si pone accanto al mango originario dall’India, Filippine o Thailandia «di cui non ha nulla da invidiare – specifica D’Asaro – Anzi, pare sia ancora più profumato e gustoso».
La cittadina ormai esporta la specialità in tutta Italia e adesso punta alla cooperazione tra produttori. Proprio per questo motivo, nelle scorse settimane gli operatori del settore si sono incontrati in un convegno dal titolo Le vie del mango, appuntamento da cui è nata la proposta del marchio di tutela che coniugherebbe le potenzialità agricole col turismo. Balestrate, ormai, esporta il frutto in tutta Italia, inoltre il mango del Palermitano è apprezzato anche dai consumatori del Nord Europa. Il prossimo passo è, dunque, quello di creare un indotto che possa essere utile anche a incrementare l’occupazione del territorio. «La tutela costituirebbe una grande risorsa per tutto il territorio – dice D’Asaro – Non stiamo abbandonando i nostri frutti tradizionali, ma nel mondo multietnico di oggi dobbiamo essere aperti al mondo intero. Quindi, come in questo caso, accogliendo frutti non originari del nostro territorio»