Autotrasportatori, forconi e pescatori La Sicilia sciopera per colpa della crisi

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«Non è uno sciopero, è una vera e propria rivoluzione pacifica», afferma convinto Francesco Grupi, uno dei coordinatori del Movimento dei forconi. Gli agricoltori siciliani – che da maggio 2011 protestano per ottenere aiuti dal governo regionale per fronteggiare la crisi – hanno deciso di accodarsi agli autotrasportatori. Da mezzanotte del 16 gennaio e per cinque giorni, i camionisti di tutta la Sicilia hanno deciso di incrociare le braccia e fermare i loro mezzi per manifestare il loro dissenso nei confronti dell’aumento del prezzo del gasolio e del mancato supporto da parte delle istituzioni. Però, tengono a precisare, il trasporto di beni di prima necessità e farmaci saranno garantiti. «Siamo esasperati non solo per il carburante, ma anche per il prezzo dei traghetti e, soprattutto, per l’impossibilità di arrivare a fine mese», dichiara Carmelo Lampuri, delegato dell’Aias, associazione imprese autotrasporti siciliani.

Traffico rallentato al casello di San Gregorio e capannelli di manifestanti alla frazione Trepunti di Giarre, alla circonvallazione di Acireale, all’altezza dell’hotel Orizzonte, e al porto di Catania. Forza d’urto – è questo il nome che si è dato il movimento di protesta – vuole «dimostrare a tutta la Sicilia che la situazione è diventata insostenibile», prosegue Lampuri.

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«Ci manca la liquidità – sostiene Salvatore Zingale, autotrasportatore – Al giorno d’oggi non credo ci sia qualcuno che non ha una cartella esattoriale da pagare». «Le nostre spese sono superiori agli incassi – rincara la dose Aldo Di Franco, anche lui autista di mezzi pesanti – e le assicurazioni pesano tantissimo sul nostro bilancio». «Se prendiamo 3mila euro al mese, ne spendiamo 3mila e 500, ce li rimettiamo di tasca nostra», conclude Di Franco. Secondo alcuni, per migliorare la situazione, «basterebbe si creassero delle tariffe per chi usa il gasolio a scopo professionale, però sembra che una cosa del genere, per l’Europa, sia una violazione delle leggi sulla concorrenza».

«La nostra è una lotta di dignità», prosegue Francesco Grupi, agricoltore, che sull’obiettivo suo e dei suoi colleghi non ha dubbi: «Vogliamo arrivare a Palermo e far uscire dal Palazzo il nostro governo fantoccio». «Abbiamo bisogno che fermino per due anni i mutui, che blocchino la Serit – interviene Mario Rapisarda, anche lui agricoltore – Coi tempi che corrono non possiamo pagare, anche se vogliamo».

Tempi duri anche per i pescatori, che questa mattina hanno bloccato l’ingresso al porto di Catania. Le loro richieste principali sono due: «Un aiuto per il gasolio troppo caro – spiega Fabio Micalizzi, presidente regionale dell’Associazione pescatori marittimi professionali – e che a decidere dei fondi da stanziare per la pesca sia gente che ne capisce, non i soliti politici». «Stiamo morendo di fame – si lamenta – non possiamo non accodarci ai lavoratori della terra e agli autotrasportatori».

Oltre al sostegno volontario dei più, c’è quello involontario di alcuni. «Ci hanno fermato, ci hanno detto che c’è la protesta, ma noi non sappiamo niente», dicono tre autotrasportatori stranieri, che lamentano di essere stati obbligati a fermarsi per alimentare il blocco nei pressi della strada statale che attraversa Acireale. «Ci hanno detto che dobbiamo stare qui, ma non sappiamo fino a quando», sostiene un altro. E al primo momento utile torna sul camion e mette in moto. Seguito da molti. «Vedo se riesco a lasciare il camion in deposito, e me ne torno a casa, a Ragusa – pensa a voce alta uno – Speriamo che non mi fermino di nuovo».


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