Giulio Andreotti, di cui si può anche dire tutto il male che si vuole ma a cui bisogna riconoscere grande capacità e intuizione politica, ripeteva spesso che ” a pensar male si fa peccato ma quasi sempre si indovina”. Ci permettiamo di rubargli quella perla di saggezza per calarla in una situazione che ci lascia, come cittadini attenti in un momento di grande difficoltà per la nostra economia, abbastanza perplessi e, perfino, sospettosi. Ci riferiamo alla vicenda dell’ex stabilimento Fiat Termini Imerese dove, in sostituzione dell’azienda Torino, avrebbe dovuto allocarsi un tale imprenditore molisano, Massimo Di Risio, titolare del marchio Dr Motor, che finora si è occupato soprattutto di assemblaggio.
A quanto si legge, il predetto imprenditore, a cui verrebbe gratuitamente offerta l’area ex Fiat, sta ritardando ad avviare la nuova iniziativa perché non avrebbe ricevuto dalla mano pubblica una bella sommetta, oltre 170 milioni di euro, in parte a fondo perduto in parte sotto forma di credito bancario garantito. Nello stesso tempo è venuto fuori – da notizie di stampa – che lo stesso DiRisio sia in difficoltà tanto che, da mesi, non riesce a pagare stipendi e salari ai dipendenti che lavorano nelle sue aziende in Molise.
Ci sarebbero inoltre dei dubbi sulla solidità finanziaria del gruppo che fa capo all’imprenditore visto che, pare, fosse gravato, a fine 2009, da circa 74 milioni di debiti complessivi – di cui 34 con le banche – con una posizione finanziaria netta negativa per 34 milioni a fronte di un patrimonio netto di poco meno di 10 milioni, questa situazione, si dice, sia stata la causa del ritardo dell’approvazione del bilancio 2010 rinviata dai revisori della Kpmg in attesa della verifica del presupposto della continuità aziendale. Notizie che, nonostante qualche smentita, non possono che essere considerate inquietanti e che dovrebbero far riflettere non solo coloro nelle cui mani stanno le decisioni da assumere ma, anche, le organizzazioni sindacali che, giustamente, premono per dare uno sbocco positivo ai tanti lavoratori dell’area industriale di Termini Imerese che, con la defezione della Fiat, si sono trovati senza lavoro.
Si tratta di fatti che, in ogni caso, consideriamo gravi. Non vorremmo, infatti, che la fretta di chiudere una vicenda dolorosa diventi l’alibi per un’ulteriore fregatura: e cioè che le somme che dovrebbero essere destinate al rilancio dell’area termitana finissero in tasche sbagliate, o che servissero a risolvere i problemi, sempre che le notizie riportate dalla stampa fossero vere, dell’imprenditore in questione.
Un’osservazione mi pare poi doverosa. Da che mondo è mondo si dice che imprenditore sia colui che assume il rischio dell’impresa, che investe denaro suo per raggiungere l’obiettivo del profitto, una regola, o principio, che nel nostro Paese sembra non avere più cittadinanza, visto che il concetto di impresa assume sempre più i connotati dell’assistenza, arrivando paradossalmente alla devastante, ma anche mortificante conclusione che mentre i profitti vanno ai privati delle perdite se ne fa carico il pubblico.
Foto tratta da sicurauto.it
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