«Oggi La Sicilia continua a rappresentare, con la professionalità di coloro che la animano, una voce che guarda alle attese di forze vive della società, al lavoro per l’innovazione e il progresso, energie che non rinunciano all’esercizio della critica, impegnate nell’affermazione del principio di legalità, in un contesto spesso difficile». È con queste parole che il palermitano presidente della Repubblica Sergio Mattarella porge i suoi auguri al quotidiano catanese La Sicilia per l’anniversario dei 70 anni della sua fondazione. Il capo dello Stato firma un editoriale sulla prima pagina del principale quotidiano catanese, guidato – come editore e direttore – da Mario Ciancio Sanfilippo, potente imprenditore etneo su cui al momento pende un’indagine della procura di Catania per concorso esterno in associazione mafiosa.
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Mattarella parte dal 15 marzo del 1945, quando il quotidiano La Sicilia viene stampato per la prima volta. «La sfida era difficile e ambiziosa: si trattava di rilanciare, dopo il ventennio della dittatura e i terribili anni della guerra, il pensiero liberale in Sicilia», scrive il presidente. Il suo di pensiero va al primo direttore della testata, Alfio Russo, per poi arrivare al compleanno di oggi. «Celebrare i 70 anni di un giornale autorevole, testimone del persistente ruolo della stampa, in tempi non facili per l’editoria, è un evento ampiamente positivo – continua il capo dello Stato – E diventa ancor più significativo in una Regione che, al pari di altre aree del Mezzogiorno, ha sofferto in modo forte le conseguenze della crisi internazionale con la accentuazione di storici divari».
Nelle righe augurali di Mattarella non c’è spazio per le ombre che in questi anni si sono addensate su Mario Ciancio, l’uomo simbolo del quotidiano La Sicilia – a cui è dedicato ampio spazio nella sentenza che ha condannato l’ex governatore regionale Raffaele Lombardo per aver aiutato Cosa nostra –, così come sul lavoro della stessa testata. Aspetti, entrambi, contenuti nell’indagine della procura di Catania ormai agli sgoccioli. Un fascicolo corposo che i magistrati etnei hanno prima chiesto di archiviare, scontrandosi con la decisione del giudice di richiedere invece indagini più approfondite. Sull’attività imprenditoriale di Ciancio nell’edilizia – compreso l’affare del centro commerciale Porte di Catania e quello Tenutella, oggi Centro Sicilia – ma anche su alcune decisioni editoriali.
Dalla mancata pubblicazione, da parte de La Sicilia, dei necrologi del giornalista Giuseppe Fava e del commissario di polizia Beppe Montana – uccisi dalla mafia rispettivamente nel 1984 e ’85 -alla lettera, pubblicata senza alcuna contestualizzazione sul personaggio, a firma di Vincenzo Santapaola, figlio del boss etneo Nitto. O come la volta in cui, dopo l’omicidio di Fava, La Sicilia pubblica la foto e l’indirizzo di casa di un collaboratore di giustizia anticipando che avrebbe parlato con i magistrati di lì a poco. O ancora come quando, durante le indagini per la morte dello stesso cronista, sono stati pubblicati degli articoli in cui si insinuavano dubbi sulla credibilità del collaboratore di giustizia Maurizio Avola. Oppure, infine, come nel noto caso – finito negli atti del processo Orsa Maggiore – di un cronista a cui viene chiesto di scusarsi con il boss Pippo Ercolano e invitato «a non attribuire l’appellativo di boss mafioso all’Ercolano e agli altri componenti della sua famiglia anche se tali affermazioni provenissero da fonti della polizia o dei carabinieri».
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