Oltre tre ore di forzata attenzione allassemblea indetta dal Rettore. Allo.d.g. leterna crisi finanziaria delle università, la ricerca e in misura minore il rapporto tra docenti e studenti. Tra sguardi annoiati, qualche rapido pisolino, unincipriata al naso e gli immancabili trilli dei telefonini - Il Ministro Gelmini taglia gli stipendi dei prof
Assemblea dAteneo: ragazzi fuori
“Non c’è nulla di nuovo sotto il sole” e “piove, governo ladro!”: si potrebbe riassumere così la terza assemblea d’Ateneo convocata dal rettore Antonino Recca. Adottando una terminologia militaresca, la rassegna delle truppe era stata convocata all’indomani della sostituzione del vice-comandante in capo. Adesso, ad un mese di distanza, la preoccupazione principale è sembrata quella di ignorare sovranamente il disordine determinatosi qua e là (in qualcuna delle province senatorie) in nome di una chiamata alle armi contro il nemico esterno. Viene infatti ripetuta, fin dalle prime battute, la storia infinita della “poca disponibilità” da parte del Governo nazionale ad incentivare le risorse destinate alla ricerca scientifica e all’università ed a ciò si fa risalire la grave situazione in cui si trovano gli atenei di tutta Italia.
E non venne neppure uno studente! Chi scrive non può giurarci al cento per cento. Non si può escludere che un paio ci fossero, nascosti da qualche parte o troppo ben vestiti per distinguersi in quella che più che “assemblea” si potrebbe definire una riunione per addetti ai lavori. Ma che non ci sia stato nessun intervento di rappresentanti degli studenti è certo; abbastanza numerosa – invece – la presenza di docenti, funzionari e personale tecnico-amministrativo dell’amministrazione centrale.
“L’80% degli obiettivi inseriti nel programma sono stati raggiunti, non senza difficoltà” afferma il Rettore. Nota dolente – però – è da considerarsi la questione del ricambio dei docenti, visto che la notizia del giorno riguarda proprio il prepensionamento per il triennio 2009-11 che vincola gli atenei ad un limite del 20% per le assunzioni. Per ogni quattro docenti che vanno in pensione, dunque, solo uno potrà essere integrato. Il prof. Rosario Strano (facoltà di Scienze) porta l’esempio del suo dipartimento: dal 2007 al 2010 sono andati o andranno in pensione 34 persone e saranno disponibili soltanto due nuovi posti di ricercatore. E speriamo che si tratti di un caso limite o di un’esagerazione, giacché l’età media nella facoltà di Scienze è probabilmente inferiore al jurassic park di molte delle facoltà umanistiche.
Il cahier de doléances prosegue passando in rassegna numerose altre questioni: da quella dell’assunzione di nuovi ricercatori (come s’è già detto) al prepensionamento, a qualche voce di protesta per la scarsa incisività della Crui (la Conferenza dei rettori), per finire con un cenno alla questione del numero chiuso che le facoltà dovranno attuare dall’ottobre del 2009.
“Negli ultimi cinque anni – ha ripetuto come in molte altre occasioni il prof. Recca – l’università di Catania non ha ottenuto dai governi in carica il riconoscimento di ben 30 milioni di euro che potrebbero finanziare circa 60 posti di ricercatore” (non ci avventureremo nel calcolo della congruità di questa proporzione). “Inoltre – ha aggiunto – c’è stato un nostro errore: abbiamo preso alla leggera l’attivazione delle convenzioni con le sedi decentrate. I consorzi devono all’Ateneo catanese ben 25 milioni di euro”.
Dopo aver diligentemente registrato l’elenco dei presidi di facoltà presenti, un capitolo a parte è stato dedicato proprio a loro. “I presidi devono tornare a fare i presidi” scandisce il Rettore: affermazione non immediatamente comprensibile. Pare tuttavia che essa vada interpretata come un richiamo alla necessità di creare una rete di comunicazione più efficace con tutte le dodici facoltà. Chi ne guida una ha il dovere di “vigilare sulla didattica, sulle performance e sui diritti degli studenti”, che devono essere “al centro dell’attenzione” nelle singole scelte. Inoltre è stata ribadita la necessità di bloccare la nascita di corsi di laurea-fotocopia nelle diverse facoltà per non disperdere inutilmente le poche risorse a disposizione, una necessità sottolineata soprattutto dal prof. Li Volsi nel suo intervento.
In una sede di confronto che ha adottato un gergo tra il burocratese e il “manageriale”, e nella quale non si è concesso molto alle esemplificazioni e all’analisi dei casi concreti, rimane forte il dubbio che affermazioni quali “la centralità dello studente” o la creazione di percorsi formativi “a misura di utenza” possano acquisire consistenza senza limitarsi a rimanere puri slogan. Un barlume di concretezza tuttavia è stato possibile scorgere allorché si invitava, senza mezzi termini, a “stringere la cinghia” e ad “evitare le distrazioni della politica”. Sta di fatto, ha detto apertamente il Rettore, che nell’ultimo anno e mezzo c’è stata una “continua campagna elettorale” anche all’interno delle sedi universitarie. Inoltre, per le recenti elezioni in sette facoltà, più quelle di Architettura e Giurisprudenza, non è stato possibile concentrarsi completamente sugli obiettivi da raggiungere (non è chiaro se si sia trattato di un’autocritica). “Oggi – ha concluso ottimisticamente il Rettore – abbiamo un Ateneo unito: tutti sappiamo dove andare e cosa fare” e “dobbiamo programmare in base alle risorse che abbiamo”.
A questo punto si è fatto un cenno alla necessità di razionalizzare il rapporto docenti/studenti. Infatti, secondo le stime del Magnifico, le facoltà di Scienze, Medicina e – strano ma vero – Architettura hanno un sovrannumero di docenti rispetto alle esigenze. Il prof. Lisitano è intervenuto osservando: “non abbiamo fatto scelte per i giovani; non abbiamo avuto molte occasioni, ma quelle che avevamo non le abbiamo sfruttate”. E con lui concordano il prof. Luigi Fortuna (preside di Ingegneria) e Pietro Petriglieri (Medicina) che afferma: “l’obiettivo è formare dei professionisti di qualità. L’84% del budget dell’Ateneo serve per garantire gli stipendi, bisogna scendere al 50% e dedicare il resto al conseguimento degli obiettivi”.
Il prof. Francesco Porto (Fisica) si sofferma sulla realtà del personale tecnico-amministrativo che definisce disastrosa. A tal proposito si sottolinea che la gestione Recca è riuscita ad evitare licenziamenti ed ha prestato particolare attenzione al riassorbimento dei precari. Mentre il Rettore assicura che il prof. Antonio Pioletti (ex prorettore sostituito un mese fa) ha mantenuto le deleghe per quanto riguarda la questione precari.
Gli interventi si sono susseguiti in ordine sparso. I professori Giuseppe Ronsisvalle e Angelo Vanella (che si alterneranno a breve nella carica di preside di Facoltà) hanno assicurato che l’area di Farmacia è impegnata ad affrontare il delicato tema della ricerca cercando di conciliare quella di livello internazionale e quella locale per fornire agli studenti anche prospettive di occupazione.
Secondo il prof. Alessandro Cappellani (delegato ai rapporti con la Presidenza della Regione Siciliana) bisogna fare un autoesame “per poi diventare cacciatori di risorse”. Ha aggiunto che “è necessario ritrovare quelli che sono partiti dall’Università di Catania e riportarli indietro, favorendo un processo inverso rispetto alla classica fuga dei cervelli”.
Il prof. Recca ha ripetuto per l’ennesima volta che l’obiettivo principale rimane quello di “laureare gli studenti, abbassando la mortalità studentesca anche attraverso il numero chiuso e rispettando il numero di anni necessari per completare il percorso formativo. Il tutto con saggezza ed insieme cautela”. E si è lanciato in una appello al “ritorno dei docenti alla cattedra”, docenti che – come afferma il Rettore – dovrebbero “rimettersi a fare lezione” [sic!] non delegando il contatto con gli studenti ad assistenti e ricercatori.
Così, tra discorsi generici e ripetizione di buoni propositi già tante volte uditi, l’assemblea si è protratta a dismisura in un clima tutt’altro che appassionante e che non rassomigliava certo ad un dibattito su problemi concreti o al confronto tra specifiche e riconoscibili opzioni programmatiche e culturali. Durante le interminabili tre ore, abbiamo scorto numerosi studenti di Ingegneria, i quali – sbirciando all’interno dell’aula magna – si sono allontanati dopo aver guardato perplessi i propri docenti attraverso lo spiraglio di una porta socchiusa.
Sembra proprio un ritratto di quella che è oggi la nostra università.