Il primo banco di prova per Angelo Villari, il nuovo assessore al Welfare, prende la forma degli asili nido comunali. Tema sempre caldo prima perché coinvolge centinaia di famiglie catanesi e di operatrici, poi in quanto terreno di accesa battaglia politica. La riforma firmata da Fiorentino Trojano, esponente della giunta Bianco fino a qualche giorno fa, ha sì permesso la continuazione di un servizio che il piano pluriennale di rientro avrebbe messo a serio rischio, ma allo stesso tempo ha ridotto il numero di posti e aumentato le tariffe. «Rientrando nei parametri stabiliti dalla legge che prima non erano rispettati», ha sempre ribadito Trojano e continua a sottolineare il suo successore. A distanza di un anno dall’entrata in vigore del nuovo piano, a fare i conti è il movimento politico Catania Bene Comune, da sempre forte oppositore della riforma e portavoce delle preoccupazioni delle lavoratrici. Che parla di «totale fallimento». Sostanziando la denuncia con i nuovi numeri previsti dalla gara d’appalto bandita dal Comune per il servizio ausiliario degli asili nido, con scadenza il 7 gennaio 2015.
In quel documento viene messo nero su bianco uno scenario completamente diverso da quello delineato dal regolamento approvato dal Consiglio comunale nel dicembre 2013, dopo un lunghissimo e incandescente dibattito. Il numero previsto di bambini iscritti è di 360, a prescindere dalla capienza strutturale dei nidi. Cioè meno della metà dei 740 indicati un anno prima. «Non viene indicato – commenta Catania Bene Comune – a differenza di tutti gli altri capitolati d’appalto degli anni passati, il numero degli asili nido nei quali svolgere il servizio e l’amministrazione mette addirittura le mani avanti specificando che “in caso di sospensione del servizio per causa non prevedibili e/o di forza maggiore, o in caso chiusura definitiva o per l’intero anno di uno o più asili nido, l’appaltatore non avrà titolo a far valere alcun diritto risarcitorio”».
L’assessore Villari, però, in completa continuità con il suo predecessore, replica difendendo la bontà del piano e fornendo altri numeri. «Ai 360 posti previsti dalla gara d’appalto bisogna aggiungerne 120 che saranno quelli disponibili con i fondi europei Pac, più un altro centinaio di posti negli asili di caseggiato. In totale arriveremo a circa 600 posti». La somma delle diverse soluzioni, se verrà confermata dai fatti, si avvicinerebbe ai numeri registrati prima dell’approvazione del Piano di rientro e del nuovo regolamento, quando il Comune accoglieva 630 bambini in 15 asili nido, ma con un regime tariffario diverso, con molte più fasce e basato sul reddito. Lo scenario descritto da Villari, però, dovrà attendere. «La gara scade a gennaio – continua Villari – ci prenderemo tre mesi di tempo per realizzare quanto detto. Fino a quel momento andremo in proroga con la situazione attuale». Eppure l’impegno dell’amministrazione era stato di 740 posti solo nelle strutture comunali, a cui si sarebbero aggiunti eventualmente altre soluzioni. «Catania – rivendicava Trojano un anno fa – passa da un’offerta di 520 posti a 860, considerando le varie tipologie di servizi che offriamo per l’assistenza dei bambini da 0 a 3 anni». Ecco perché Matteo Iannitti, leader di Catania Bene Comune, sottolinea che «non è possibile cumulare agli asili nido altri servizi all’infanzia, anche a gestione privata, che sono cosa differente. Se avessimo dovuto considerare anche questi ultimi – continua – sulla base delle dichiarazioni fatte nel recente passato dall’assessore Trojano e dal sindaco Bianco, avremmo dovuto fare i conti per mille bambini». Al momento sono 377 i piccoli che hanno fatto richiesta di iscrizione per l’anno 2015, altri 45 sono in lista d’attesa nelle tre strutture che hanno esaurito i posti disponibili. Numeri bassi «a causa dell’importo troppo alto delle rette», secondo Catania Bene Comune.
Discorso a parte meritano le educatrici comunali e le lavoratrici ausiliarie. Prima del Piano di rientro erano rispettivamente 135 e 99. Da agosto sono scese a 72 educatrici e 62 impiegate per il servizio ausiliario. Il nuovo capitolato non fornisce indicazioni precise sui numeri. «Anche se – precisa il movimento politico – essendo proporzionale al numero dei bambini frequentanti, esso dovrebbe essere ridotto del 50 per cento. Certa è invece la riduzione della spesa per il servizio ausiliario. Si passa da 191mila 612 euro mensili a 78mila 816 euro mensili. La riduzione del costo è quindi del 59 per cento. Tale riduzione, analizzando il capitolato d’appalto, non è assolutamente dovuta a una riduzione degli sprechi ma è integralmente legata alla riduzione dei bambini accolti nelle strutture e a un taglio netto del personale che vi lavora». Su questo punto Villari spiega: «C’è una trattativa in corso con i sindacati e con le strutture per salvaguardare quanti più posti di lavoro».
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