Asili nido, il Consiglio cambia il regolamento Cinque fasce di reddito e nuove detrazioni

E’ quasi l’alba quando il Consiglio chiude l’estenuante discussione sugli asili nido comunali, iniziata martedì sera. Alle cinque del mattino l’opposizione esce dall’aula, mentre i 26 cosiglieri di maggioranza presenti approvano all’unanimità la delibera. Dei circa 40 emendamenti presentati dai consiglieri, 13 vengono accolti e vanno a modificare la delibera e il regolamento proposti dalla giunta guidata dal sindaco Enzo Bianco: è approvata la rimodulazione delle tariffe, basate su cinque fasce di reddito e non più soltanto su due come proposto dall’amministrazione; sì alle detrazioni per i bambini orfani e per i fratelli iscritti nello stesso istituto; aumenta il punteggio per i portatori di handicap ai fini delle graduatorie e si allunga da due a quattro mesi di mancato pagamento il periodo necessario per far scattare le dimissioni d’ufficio. Il tutto a saldi invariati, senza cioè intaccare il capitolo di spesa previsto. Non un euro in più. Passa anche l’emendamento che dà la possibilità alla giunta, con una semplice delibera, di utilizzare gli eventuali ulteriori finanziamenti percepiti in corso d’anno destinati al servizio degli asili nido, ai fini della rimodulazione delle rette e all’aumento dei posti agevolati per sostenere le famiglie più fragili. Modifiche arrivate grazie al lavoro del Consiglio, che strappano un commento positivo anche alle battagliere educatrici, accorse come sempre ad assistere alla seduta. «Così il regolamento migliora notevolmente, anche se i problemi restano», ammette Maria Luisa Ferlito, che lavora all’asilo del Villaggio Sant’Agata.

E’ stata una seduta fiume, caratterizzata da numerosi scontri tra maggioranza e opposizione e tra l’opposizione e Fiorentino Trojano, l’assessore ai Servizi Sociali, fino ad oggi competente in materia. Da domani non sarà più così, visto che è stato approvato anche l’ordine del giorno che prevedeva il passaggio del servizio degli asili nido alla direzione Pubblica Istruzione, di competenza dell’assessore Valentina Scialfa. «Catania – rinvendica Trojano – passa da un’offerta di 520 posti a 860, considerando le varie tipologie di servizi che offriamo per l’assistenza dei bambini da 0 a 3 anni». L’assessore definisce quindi quelli dell’opposizione «discorsi da pifferaio magico, figli della falsa coscienza da parte di chi ha fatto parte di una maggioranza che nell’ultimo triennio ha tagliato 11 milioni di euro ai servizi sociali». Veemente la reazione del consigliere di centrodestra Agatino Tringale. «Non si deve permettere di offendere, noi siamo eletti, lei nominato. O si scusa o non si va avanti», urla più volte contro Trojano che alla fine, dopo una sospensione di dieci minuti della seduta, abbassa i toni. «Se sono stato offensivo, mi scuso», sottolinea, prima di annunciare la decisione dell’amministrazione di recepire 12 emendamenti, tutti della maggioranza. Che quindi non passano dal voto del Consiglio, ma finiscono direttamente nel regolamento. A questi, dopo molte ore durante le quali le restanti proposte dei consiglieri vengono votate per appello nominale – come richiesto da Manlio Messina, capogruppo del Pdl – si aggiungerà soltanto un emendamento proposto dall’opposizione, quello che assegna ai bambini portatori di handicap 5 punti in più per le graduatorie.

La proposta iniziale della giunta Bianco prevedeva soltanto due fasce di reddito: una da 0 a 15mila euro annui, l’altra oltre i 15mila euro. Nel primo caso i genitori avrebbero dovuto pagare 75 euro per il tempo corto e 198 per quello lungo. Per i redditi sopra i 15mila euro le tariffe sarebbero state 155 euro per il tempo corto e 260 per il lungo. Il nuovo emendamento prevede invece cinque fasce: fino a 12mila euro si pagherà 55 euro per il tempo corto, 145 euro per il lungo; da 12mila a 17.500 euro: 75 euro o 195 euro. Nella terza fascia cambia il tetto massimo: per il tempo corto arriva fino a 38mila euro, in questo caso si pagheranno 165 euro; per il tempo lungo invece, fino a 24mila euro, la tarriffa è di 230 euro. Quarta fascia da 38mila a 45mila: 228 euro o 275 euro; infine per i redditi superiori a 45mila euro si pagherà 255 euro per il corto o 290 euro per il tempo lungo. Recepite anche le riduzioni del 40 per cento per i bambini orfani con reddito familiare non superiore a 10mila euro, e del 30 per cento nel caso di iscrizione di due o più figli, se il reddito non supera i 22mila euro annui.

L’opposizione attacca frontalmente. Carmelo Coppolino, di Grande Catania, individua nella gestione mista pubblico-privato una delle criticità. «Porterà alle stesse nefandezze della raccolta dei rifiuti che in città funziona allo stesso modo – attacca – Si faranno assunzioni incontrollate e alla fine questa gente si ritroverà per strada». «Come si fa a parlare di tariffa sociale se le famiglie dovranno spendere quasi 300 euro?», continua Messina. A cui si aggiunge anche il collega di opposizione Giuseppe Castiglione: «Da piccolino sentivo dire che la sinistra stava tra la gente, ma voi abbandonate le periferie». Lo scontro più duro, che raggiunge il massimo di decibel, va in scena quando parla Alessandro Porto, oggi in maggioranza con Patto per Catania, fino a pochi mesi fa sostenitore di Raffaele Stancanelli. «Io so di aver sbagliato e lo ammetto, ma la gente ha capito che voi siete dei Ponzio Pilato travestiti da Babbo Natale», attacca rivolgendosi agli ex colleghi di centrodestra, rei, secondo Porto, di aver votato un piano di rientro che avrebbe cancellato gli asili nido. «Vergogna, è calato lo Spirito Santo e sei diventato di sinistra», gli urla contro Tringale. Il botta e risposta va avanti per un po’ tra gli ex alleati. Tanto che, quando la parola passa al consigliere del Pd Niccolò Notarbartolo, Messina commenta: «Possiamo finalmente ascoltare l’intervento di uno di sinistra».

Notarbartolo non delude le attese di Messina e, dopo aver ricordato – allo stesso modo del collega Agatino Lanzafame – che «senza questa delibera gli asili nido avrebbero chiuso», sottolinea che, nonostante tutto, «Catania resta largamente lontana dagli obiettivi minimi di una grande città». «L’Unione Europea – conclude – stabilisce che almeno il 33 per cento dell’offerta totale degli asili nido sia in strutture pubbliche. La nostra città, anche dopo questa delibera, resterà al 10 per cento».

Salvo Catalano

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