La Confederazione nazionale dellartigianato e della piccola e media impresa ha presentato ieri i numeri preoccupanti relativi alla provincia di Catania. In quattro anni più di duemila piccoli imprenditori sono stati costretti a chiudere le proprie attività, mentre i soggetti in nero nel solo ambito artigianale sono 20mila. «Viene controllato chi è già in regola», afferma il segretario generale, che rivolge quattro quesiti ai candidati alle elezioni regionali
Artigiani e imprese soffocati dall’abusivismo La Cna denuncia: «Non ci sono controlli»
Il mondo dell’artigianato in ginocchio. In poco più di quattro anni, il numero delle imprese in Italia si è ridotto di 98mila unità. Di queste, quasi 8mila sono siciliane e 2.300 catanesi. La crisi economica è senza dubbio uno dei fattori che incidono maggiormente, ma a far pendere in negativo ulteriormente la bilancia è anche l’aumento dell’abusivismo nel settore. Con conseguenze rilevanti per i livelli occupazionali.
Secondo le stime della sezione etnea della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, il bilancio 2012 nella provincia di Catania si chiuderà con un calo degli ordini del 26,7 per cento. In rosso anche il fatturato, con perdite del 28,2 per cento. Un settore in attivo – se è possibile definirlo così – è quello dell’abusivismo. In provincia sono 20mila i soggetti in nero solo nell’ambito del settore artigiano.
I dati sono stati presentati ieri dai vertici della Cna, che hanno anche annunciato dieci eventi in dieci comuni del Catanese, dal 10 al 18 settembre. Una «settimana di lotta», come la definiscono, per portare alla ribalta un problema che mina le basi dell’economia locale e non solo. Per sollecitare ulteriormente istituzioni e politica, la Confederazione ha stilato quattro quesiti rivolti ai candidati alle prossime elezioni regionali: misure di contrasto dell’abusivismo, agevolazioni del credito, sostegno alle attività produttive locali e riduzione della burocrazia sono i temi suggeriti.
«Cè una larga fetta di furbi, di imprenditori che vogliono fare concorrenza ad altri imprenditori praticando tariffe e costi più bassi – ha spiegato Salvatore Bonura, segretario generale della Cna – Cose che possono fare non pagando tasse, non pagando tributi, non rispettando le norme, non rispettando le leggi». A rendere il mercato ancora più sbilanciato «cè unaltra componente fatta di impiegati della pubblica amministrazione che, probabilmente perché hanno stipendi che non consentono loro di arrivare tranquillamente a fine mese, si improvvisano elettricisti, muratori, falegnami, idraulici, parrucchieri, estetiste. Quindi – sostiene Bonura – anche loro, in modo sommerso, fanno questo tipo di attività». Ultima categoria, «i precari, i forestali, tutta una serie di soggetti che si inventano unattività e la esercitano in modo abusivo».
E se la concorrenza è sleale, chi dovrebbe regolare il mercato latita. «Tutto questo accade per linerzia assoluta delle autorità che dovrebbero vigilare – denuncia il segretario della Cna – In primo luogo i vigili urbani dei comuni, anche polizia, guardia di finanza e carabinieri. Non ci sono i controlli». Oppure, quando le verifiche vengono effettuate, «si arriva al paradosso: viene controllato chi è già in regola, in quanto le forze dellordine si muovono in base ad elenchi di comuni e Camere di commercio dove ovviamente non compare chi vive nel sommerso».
Giocare pulito, «mettersi in regola e che poi sia il mercato a decidere chi è bravo e chi no». Questo il suggerimento, per evitare che la situazioni peggiori ulteriormente. «Se continua così – conclude Salvatore Bonura – migliaia di imprese rischiano di chiudere, con riflessi occupazionali devastanti».
[Foto di Artigianato e Palazzo]