Il responsabile ai Trasporti ha riferito davanti all'organismo guidato da Claudio Fava. All'ordine del giorno le pesantissime accuse rivolte dalla procura di Palermo ai vertici della società partecipata che si occupa di collegamenti su gomma interurbani
Inchiesta Ast, l’assessore Marco Falcone sentito in Antimafia Autonomia gestionale dietro l’inconsapevolezza del governo
Una disistima spiccata, sottolineata da Musumeci subito dopo il blitz della guardia di finanza che ha portato all’arresto di Udo Fiduccia, ma non elementi tali da far pensare di azzerare il consiglio d’amministrazione di Ast. E, più in generale, la presa di distanza dalla gestione dell’azienda che comunque, in quanto partecipata, ha una sua autonomia. Se poi si vuole ragionare sulla vigilanza sul servizio, allora quella va chiesta all’assessorato all’Economia. Sono questi i passaggi essenziali dell’audizione in commissione antimafia di Marco Falcone. L’assessore regionale ai Trasporti è stato convocato dall’organismo presieduto da Claudio Fava, due giorni dopo l’inchiesta Gomme lisce, che ha coinvolto anche il presidente del Cda Gaetano Tafuri, gettando pesanti ombre sulla società per azioni le cui quote sono tutte nelle mani della Regione.
Per la procura di Palermo, Fiduccia – nella veste di direttore – avrebbe utilizzato Ast come una cosa privata, il tutto con il coinvolgimento dei vertici societari. Sono tante e diverse le vicende che sarebbero state al centro di possibili patti corruttivi. Ancora di più quelle in cui i vertici di Ast avrebbero scelto deliberatamente di non rispettare le previsioni normative in materia di contratti pubblici, omettendo di fare gare, ripiegando su affidamenti diretti o, direttamente, turbando e alterando l’esito delle procedure di affidamento.
A Falcone, la commissione antimafia ha chiesto se avesse consapevolezza dell’esposto della ditta Barone Gomme, secondo cui Ast avrebbe confezionato bandi su misura con l’intento di escluderla dalle procedure di gara. L’impresa, secondo quanto ricostrutito dalla procura palermitana, in passato sarebbe stata aggiudicatrice di diverse forniture di pneumatici, ma poi di colpo – il possibile motivo non è stato accertato – si sarebbe vista tagliata fuori dai giochi. Sul punto, l’assessore ha ribadito che le notizie acquisite non avrebbero riguardato le competenze dell’assessorato ai Trasporti, assicurando comunque di averla monitorata. Falcone si è espresso anche sull’acquisto dei bus: oltre un centinaio sarebbero stati comprati usati da un rivenditore in Israele, passando dalla Bulgaria dove un intermediario vicino a Fiduccia possiede una società. A riguardo l’assessore regionale ha detto che i bus al centro dell’inchiesta sarebbero stati acquistati con risorse aziendali e non con fondi regionali.
Inevitabile il confronto anche sulle possibili raccomandazioni da parte del mondo della politica che avrebbero riguardato Ast. Falcone ha rigettato al mittente qualsiasi sospetto di sollecitazioni provenienti dall’assessorato, escludendo l’ipotesi clientelismo. Quest’ultima, peraltro, da un punto di vista strettamente giuridico si scontrerebbe con il fatto che le assunzioni avvenivano tramite società interinali. Falcone ha ricordato che il ripiego sulla somministrazione dei contratti è inevitabilmente legato al blocco delle assunzioni, pur assicurando di non conoscere quali siano le società interinali che hanno rapporti con Ast.
Domande anche sulla vicenda Le Ali di Sicilia, la compagnia aerea che Tafuri e Fiduccia avrebbero voluto creare con Ast. Il progetto fu bocciato dallo stesso governo. Sul punto, Falcone ha risposto alle domande della commissione dicendo che tanto lui quanto il presidente Musumeci non avevano apprezzato la fuga in avanti di Ast, al punto che lo stesso governatore in una fase successiva avrebbe redarguito pesantemente i vertici societari. In merito a come sia stato possibile che un progetto così ambizioso fosse avviato senza che il governo regionale ne sapesse qualcosa, Falcone ha fatto nuovamente riferimento sull’autonomia gestionale di cui godono le partecipate. «Sono fatti (quelli dell’inchiesta, ndr) che imbrattano la nostra immagine», ha commentato l’assessore regionale.