Due riconoscimenti consegnati dal palco di piazza Minerva. Per il 2020 a Fuani Marino, per il libro che racconta del suo tentato suicido, e per il 2021 a Antoine Leiris, marito di una delle vittime del Bataclan. In mezzo la presenza - un po' stridente - di un comico
Al Siracusa book festival il premio Alessandra Appiano «Depressione e malattie mentali non siano più un tabù»
«Si fa ancora fatica ad ammettere le fragilità legate alle malattie mentali». Fuani Marino ha superato ogni difficoltà mettendoci il nome (originale perché nasce dall’unione di quelli dei suoi genitori Furio e Anita) e anche la faccia. Napoletana, classe 1980, è sul palco della prima edizione del Festival book di Siracusa dove ha ritirato – a un anno di distanza a causa del Covid – il premio Alessandra Appiano per il suo libro Svegliami a Mezzanotte in cui racconta in prima persona il suo tentativo di suicidio. «Molti mi avevano consigliato di usare uno pseudonimo per non espormi troppo – ha detto l’autrice ritirando il riconoscimento in piazza Minerva, nell’isola di Ortigia – E, invece, io ho voluto espormi proprio per parlare di questi temi che vengono ancora affrontati poco».
Lo stesso obiettivo per cui è stata fondata l’associazione Amici di Salvataggio che organizza il premio in memoria di Alessandra Appiano. La scrittrice che, nel giugno del 2018, è fuggita dall’ospedale Villa Turro San Raffaele di Milano, dove era ricoverata per una grave depressione. Il suo cadavere, con ancora il braccialetto identificato e l’ago cannula nel braccio, venne ritrovato sulla tettoia di un hotel dopo che la donna si era lanciata nel vuoto. Il marito Nanni Delbecchi – giornalista de Il Fatto Quotidiano – insieme ad alcuni amici ha dato vita all’associazione non solo per tenere vivo il ricordo della moglie ma soprattutto per fare in modo che depressione, disturbi dell’umore, sindrome bipolare e tutte le malattie mentali non siano più argomenti tabù. «Il mio libro è proprio un tentativo, anche politico, di fare luce sulle patologie psichiatriche che – ha detto Fuani Marino – ancora oggi non vengono valutati come una vera malattia e addirittura spesso vengono scambiati per capricci».
Con l’applicazione della legge Basaglia, che nel 1978 ha abolito gli ospedali psichiatrici (i manicomi), molti passi avanti sono stati fatti sull’argomento ma molti altri devono ancora essere compiuti. «Dove tutti voltano la testa, Fuani Marino ha scritto questo racconto in presa diretta dai luoghi più oscuri del sé, da quando un incontenibile disturbo psichiatrico, all’indomani del parto, la spinge a tradurre in gesto la fine della sua vita – si legge nelle motivazioni della giuria del premio, presieduta da Franco Cordelli e composta da Enzo Di Mauro, Nanni Delbecchi, Marco Garavaglia, Daniela Mareschi, Ottavia Piccolo, Simona Sparaco e Silvia Truzzi) – Leggerlo significa comprendere come il dolore della mente, abbandonato a se stesso, possa tradursi in annullamento del corpo. Ma anche come guardare negli occhi il male di vivere sia il primo passo per combattere la sua oscurità». Da sopravvissuta, l’autrice ha deciso di condividere la sua storia di depressione e di guarigione e di incrociarla con una riflessione sulla solitudine in cui, ancora troppo spesso, vengono lasciate le persone che soffrono di malattie mentali. Patologie dai confini labili e complessi da definire anche per la medicina e la psichiatria.
Prima di passare alla premiazione del vincitore di quest’anno, sul palco è salito Federico Palmaroli. Una presenza, quella del comico conosciuto per essere l’autore de Le più belle frasi di Osho, che per il pubblico è apparsa un po’ stridente. Fatta eccezione per qualche risata, in molti non sono riusciti a passare così velocemente da una disposizione d’umore a un’altra. Dopo una mezz’oretta di vignette di satira politica sul lockdown, è stato consegnato il riconoscimento ad Antoine Leiris. L’autore di Non avrete il mio odio, il libro in cui ha raccontato i giorni dopo l’attentato al Bataclan, il teatro di Parigi dove il 13 novembre del 2015 novanta persone sono rimaste uccise. Tra queste c’era anche la moglie di Leiris.
Nel suo nuovo libro Noi due, racconta come sono cambiati e cresciuti in questi quattro anni lui e suo figlio Melvil, che quando è morta la madre aveva appena un anno e mezzo. «Un libro che affronta con delicatezza, ma senza evitare il confronto con la verità, il tema della paternità da genitore single – hanno motivato i giudici – Un racconto pieno di luce e di affetto, in cui la scrittura mostra tutta la sua potenza e capacità di sanare le ferite, e testimonia con grande impatto emotivo l’amore per la vita». Qualche settimana fa, per la strage del Bataclan è iniziato un maxi-processo: tra gli imputati c’è anche l’unico degli attentatori che è sopravvissuto. «Prima non volevo più pensare alla tragedia. Adesso, invece – ha raccontato Leiris – vado sempre in tribunale: voglio capire cosa è successo quella sera, soprattutto per essere capace un giorno di rispondere alle domande che mi farà mio figlio».