Coronavirus: focolaio di Sciacca, le risposte dell’Asp «Dubbi che il paziente uno abbia contagiato gli altri»

In provincia di Agrigento sono 22 i contagiati da Coronavirus. E quasi interamente i positivi riguardano il focolaio dell’ospedale di Sciacca che desta molta preoccupazione, tanto che 17 sindaci hanno scritto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per chiedere misure straordinarie come nelle ex zone rosse del Lodigiano. A MeridioNews la prima cittadina di Sciacca Francesca Valenti ha chiesto «trasparenza e chiarezza» alle istituzioni sanitarie e politiche sui contagi e sulle misure da attuare all’interno della struttura sanitaria.

L’Azienda sanitaria provinciale di Agrigento risponde con una nota inviata a questa testata. «Ad oggi – si legge – sono stati eseguiti circa 250 tamponi faringei di cui positivi 18, pari al 7,5%; di questi 18
positivi solo quattro manifestano una sintomatologia specifica e sono stati posti in isolamento
ospedaliero (ricoverati ndr), mentre gli altri 14 soggetti risultano ad oggi asintomatici e altresì posti in
quarantena obbligata (14 giorni) al proprio domicilio con sorveglianza sanitaria costante per il
monitoraggio delle condizioni cliniche. Detta percentuale è sensibilmente inferiore rispetto alla
media nazionale tenendo conto della popolazione sottoposta a tampone». 

Quindi l’Asp sostiene che «il
maggior numero di tamponi positivi (rispetto ad altre località della provincia) è legato
al maggior numero di tamponi effettuati
», visto che all’ospedale di Sciacca «si è riscontrata la positività
del paziente n. 1 della provincia di Agrigento. Per tale motivo – continua – tutti i soggetti che hanno avuto
un contatto stretto, come definito dalle Direttive Nazionali e Regionali, con il paziente n. 1 in
quanto operatori di servizio pubblico essenziale (SSR), non potendo essere posti in isolamento
volontario, stante la normativa vigente, devono effettuare il tampone». 

«Negli ultimi 8 giorni – si legge ancora – non si sono registrati nuovi ricoveri per pazienti affetti da infezione da
Coronavirus. In atto sono presenti presso l’UO di Medicina solo due pazienti positivi non
trasferibili. Le condizioni dei due pazienti ricoverati risultano stabili e nessuno di loro
necessita di assistenza intensiva in rianimazione. Peraltro il reparto mantiene la condizione di
quarantena». 

Quindi dall’azienda sanitaria aggiungono che l’ospedale di Sciacca «si sta organizzando per eventuali altri ricoveri predisponendo
su indicazione della Direzione una apposita area dove poter ospedalizzare soggetti positivi al
Covid-19 sintomatici». Attualmente i ricoverati complessivi, quindi per altre patologie, sono 95. «Di
questi molti non sono trasferibili in altri presidi anche perché degenti nella
Neuroriabilitazione Intensiva e/o nella UO di Risveglio: è notorio che tali UO scarseggiano nel
nostro territorio e che spesso non si tratta di pazienti facilmente spostatili per le loro
condizioni di salute. Conseguentemente non è ipotizzabile la chiusura anche temporanea
dell’intero presidio
». Eventualità che anche la sindaca Valenti non prendeva in considerazione. 

Infine l’Asp fa alcune considerazioni sul contagio del paziente numero uno, cioè la dottoressa del reparto di Medicina attualmente ancora ricoverata a Caltanissetta. «Considerato la
distribuzione della positività al Covid-19 nel primo gruppo di soggetti sottoposti a tampone (gli
operatori positivi sono in numero ridotto rispetto agli altri soggetti) nasce il dubbio che il
paziente n. 1 possa essere causa della diffusione del virus
in quanto il contatto stretto che lo
stesso ha avuto con il personale dell’ospedale avrebbe dovuto comportare un numero
maggiore di positivi tra gli stessi». In sostanza l’ipotesi dell’Asp è che alcuni dei contagiati non abbiano preso il virus dalla dottoressa. 

«Bisogna altresì riconoscere – continua la nota – che il pronto sospetto clinico dell’infezione da parte del paziente n.
1 (poi confermata) è stato il primum movens per l’immediata chiusura e quarantena dell’UO di
Medicina e il confinamento dell’infezione a quel reparto. Si deve pertanto all’intuito e alla
professionalità del paziente n. 1 (che ottiene il nostro plauso per la sua abnegazione) il merito
del confinamento dell’infezione al proprio reparto di degenza».


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