Uno studio scientifico di prossima pubblicazione conferma la ricchezza attorno all'area individuata dalla società per realizzare un maxi-impianto per i rifiuti. Il sospetto che possano esserci elementi di interesse anche nei campi acquisiti dai Proto è forte
Discarica Centuripe, i terreni di Oikos a rischio vincolo Proposta nasce dopo scoperta di incisioni preistoriche
Sui terreni in cui Oikos vorrebbe realizzare la megapiattaforma per il trattamento dei rifiuti, tra Centuripe e Catenanuova, potrebbero essere apposti vincoli archeologici e paesaggistici. È questa la novità nell’iter che la società della famiglia Proto punta a concludere, superando le resistenze di associazioni e comitati che, dal 2018, sono in apprensione per il futuro del territorio. A fine gennaio, infatti, tra la Soprintendenza di Enna e l’assessorato regionale ai Beni culturali ci sarebbe stata un’interlocuzione per definire la proposta che l’organo periferico ministeriale dovrebbe fare arrivare a breve negli uffici palermitani di via delle Croci. A spingere in questa direzione è uno studio scientifico in via di pubblicazione redatto da Giacomo Biondi, archeologo e ricercatore del Cnr, su alcune incisioni rupestri risalenti alla preistoria. Tra cui una figura a phi simile a quella rinvenuta nella grotta Cala Mancina, nel Trapanese.
Che l’area compresa tra la zona di Pietraperciata e contrada Muglia, dove Oikos ha acquisito 350 ettari, fosse di interesse archeologico era risaputo. A oggi, però, gli studi effettuati nel passato non avevano portato alla decisione di porre vincoli giuridici. Un punto, quest’ultimo, su cui la società proprietaria della discarica di Motta Sant’Anastasia ha fatto leva finora per sottolineare come l’impianto – comprensivo anche di una vasca per rifiuti indifferenziati da 2,8 milioni di metri cubi – non sarebbe ricaduto in aree che godevano di particolari tutele. Il tema è al centro del ricorso che i Proto hanno presentato al Tar per chiedere l’annullamento di un parere negativo che la Soprintendenza ha dato su richiesta del Comune di Centuripe, dove i comuni ricadono pur essendo in linea d’aria più vicini a Catenanuova. Il pronunciamento riguardava la richiesta di variante allo strumento urbanistico, passando da zona agricola ad area destinata a servizi e attrezzature di interesse generale.
«All’interno dei 350 ettari di proprietà di Oikos non vi è alcun vincolo paesaggistico, non vi è alcuni piano paesaggistico vigente e non vi è alcuna porzione di territorio interessata da dichiarazioni di notevole interesse pubblico ai sensi del codice dei beni culturali», si legge nel ricorso pendente al tribunale amministrativo regionale. L’unica eccezione, viene specificato, riguarda alcune recinzioni previste in una zona sotto tutela denominata Vallone d’Arancio. Le cose, tuttavia, potrebbero mutare se la Regione Siciliana dovesse accogliere la proposta della Soprintendenza, secondo cui le ultime scoperte renderebbero plausibile l’apposizione dei vincoli archeologici e paesaggistici.
A essere convinto che nei terreni di Oikos possano esserci ulteriori reperti è Biondi. «Quella zona è circondata da resti di insediamenti di sicuro interesse e ciò rende probabile che anche in quelle centinaia di ettari possano esserci resti di valore», dichiara il ricercatore a MeridioNews. Già l’anno scorso, in un articolo pubblicato dalla rivista Incontri, Biondi aveva motivato la fondatezza dell’ipotesi spiegando anche che la quasi totalità dei terreni oggi di proprietà di Oikos finora non è mai stata oggetto di indagini approfondite. «Al margine sud dei campi in cui dovrebbe sorgere l’impianto fu individuata, per l’estensione di circa un ettaro, un’area di dispersione di sporadici strumenti litici e di frammenti ceramici preistorici, che fanno sospettare la presenza di un insediamento nelle vicinanze – si legge nell’articolo -. I rimanenti ettari sono rimasti inesplorati perché, al momento delle indagini, erano occupati da agrumeti e inaccessibili».
Per lo studioso, in ogni caso, prima di stabilire se realmente la zona di contrada Muglia sia priva di reperti bisognerebbe fare ricerche approfondite. «I terreni destinati all’impianto di agrumeti sono di solito resi più fertili ricoprendoli con uno spesso strato di humus – aggiunge Biondi -. Questo significa che le tracce archeologiche di superficie non sono individuabili con semplici esplorazioni. Serve fare una ricerca accompagnata da indagini geognostiche».
Nel momento in cui la richiesta di vincolo dovesse essere formalizzata, ad avere l’ultima parola sarebbe l’assessorato ai Beni culturali. L’attenzione, dunque, si sposterebbe nuovamente sulla Regione che, finora, nonostante le polemiche e gli inviti a prendere posizione, si è sempre limitata a rimarcare come l’iter autorizzativo della piattaforma – la cui dimensione non risponderebbe agli indirizzi previsti nel piano di rifiuti pensato dalla giunta Musumeci – fosse ancora fermo negli uffici ennesi.