Lo scontro a distanza si è tenuto a Catania, in occasione della tre giorni forzista MuovitItalia. A mancare sono stati i vertici di Diventerà bellissima, il partito del governatore Musumeci. In vista delle Europee le geometrie sono più che variabili
Centrodestra, esplode il dualismo Miccichè-Pogliese Il sindaco: «Salvini un pericolo? Mai altro Nazareno»
Gli assenti hanno sempre torto. Le parole di Salvo Pogliese, sindaco di Catania, accendono la platea scorrendo con un sottotesto inequivocabile: Gianfranco Miccichè deve darsi una calmata. Ma chi preconizzava un tête-à-tête in pubblica piazza ha dovuto presto rassegnarsi. Perché il presidente dell’Ars all’hotel Le Dune di Catania – sede di MuovitItalia, la tre giorni forzista di dibattiti organizzata anche dall’ex onorevole Basilio Catanoso – si è visto solo venerdì sera, a cena fra i militanti. Poi, il giorno dopo, fuoco e fiamme contro Matteo Salvini al raduno parallelo dei forzisti ritrovati Pino Firrarrello, Giuseppe Castiglione e Giovanni La Via. «Fosse per me, per battere i cinquestelle, pure la sinistra pigghiassi. Perché sono la cosa che più si avvicina a Hitler dalla fine della guerra».
Miccichè aveva sganciato una nuova bomba anti-Lega durante l’incontro che ha benedetto in pubblico il rientro in Forza Italia degli ex alfaniani, fino all’ultimo al governo con Renzi e Gentiloni ma che, già per le Politiche – e dopo il naufragio delle Regionali – senza troppe luci erano rientrati nel centrodestra. «Oggi stare con Salvini è un pericolo e noi lo dobbiamo dire, se Berlusconi non la pensa così sbaglia», ha scandito. Catania, per la seconda volta dopo lo «stronzo» che Salvini si era beccato durante il caso Diciotti, è il teatro dell’eresia del leader forzista. Culminata nell’invito a MuovitItalia fatto cadere nel vuoto, circostanza che avrebbe infastidito persino Antonio Tajani, ieri pomeriggio intervenuto a Le Dune.
Adesso, però, è chiaro a tutti che la linea Miccichè irrita, e non poco, il sindaco Pogliese, interprete di fatto di tutte quelle aree del partito, a prima vista anche maggioritarie, che al Pd nemmeno vogliono pensarci. «Mi dispiace per l’assenza di Miccichè, ma lo dico lo stesso: se qualcuno vuole un patto del Nazareno 2.0, sappia che non lo permetteremo». E giù applausi. Subito dopo, dal dibattito aperto a tutti i leader del centrodestra siciliano, Pogliese incassa l’appoggio di Lega, rappresentata da Fabio Cantarella dopo il forfait del sottosegretario Stefano Candiani, e Fratelli d’Italia, sul palco con Francesco Lollobrigida. In realtà anche di Diventerà bellissima, ma la posizione dei musumeciani la enuncia Giorgio Assenza. Il deputato ragusano prende il posto del governatore Nello Musumeci, assente così come Ruggero Razza. L’assessore alla Sanità avrebbe dovuto fare le veci del presidente, ma una emergenza al pronto soccorso del Policlinico, aperto proprio oggi, lo avrebbe fatto andare via anzitempo. In sala circola anche la voce di un battibecco con l’ex ministra Stefania Prestigiacomo che avrebbe fatto accelerare i saluti di Razza.
Nel centrodestra unito a Palermo e in frantumi a Roma, Pogliese vorrebbe mettere ordine con il modello Catania. «Non c’è antagonismo fra popolari e populisti – ripete l’ex eurodeputato – nel centrodestra ci sono più anime ma tutte compatibili come in passato». Cantarella, suo assessore, raccoglie l’assist: «Dove ci sono coerenza e linearità c’è il centrodestra, occorre fare come a Catania».
Ma le contraddizioni spuntano ovunque e, paradosso da guazzabuglio, tocca ai democristiani indossare la divisa da incendiari. Il leader Udc Lorenzo Cesa randella il Salvini «connivente con la deriva dei cinquestelle», e non risparmia neppure Musumeci: «Molti amici mi dicono che in Sicilia non si sta amministrando, forse si deve fare di più». Saverio Romano, l’ex ministro rimasto fuori dal Parlamento dopo essere stato battuto nel suo collegio dal farmacista pentastellato Giuseppe Chiazzese, prova a ribaltare la posizione di Pogliese: «I popolari non possono stare né con i populisti né con la sinistra, serve una forza nuova e alternativa a tutti gli altri». Ma di approvazione ne raccoglie poca, e l’onorevole Assenza gli risponde senza troppi giri di parole: «Così buttiamo la Lega fra le braccia dei cinquestelle e non è pensabile».