Le quattro ditte che invieranno rifiuti fuori Sicilia Interessato anche il re trapanese già a processo

Il tempo stringe. Restano pochi giorni ai Comuni per siglare i contratti necessari a inviare i rifiuti indifferenziati in eccesso fuori dalla Sicilia e la Regione ha indicato quattro ditte disposte a farlo. Sono quelle che hanno risposto alla manifestazione d’interesse, pronte a spartirsi una torta che vale 40 milioni di euro in otto mesi. Si tratta della Tech Servizi, di Floridia, della catanese Sicula Trasporti, della Vincenzo d’Angelo srl, di Alcamo, e della Pa Service srl, di Bolzano. 

L’ultima, l’unica non siciliana, si è impegnata a smaltire solo i rifiuti trattati nella discarica palermitana di Bellolampo. L’impresa altoatesina è specializzata nella ricerca di impianti di trattamento all’estero e di spedizione transfrontaliera. Lo ha fatto anche durante l’emergenza rifiuti in Campania, trasferendo tonnellate di materiale pericoloso in Germania, e continua a farlo anche in tempi più recenti e con rifiuti urbani, sempre dalla Campania. 

Vincenzo D’Angelo a Trapani è considerato il re dei rifiuti. Gestisce ad Alcamo un grande impianto che riceve e tratta sia la parte differenziata che quella indifferenziata proveniente dai Comuni. E il suo nome, negli ultimi dieci anni, è comparso diverse volte in indagini sulla gestione della munnizza. Gli ultimi guai giudiziari per l’imprenditore alcamese, che oggi punta a esportare i rifiuti siciliani, derivano paradossalmente dall’operazione inversa: quella che ha portato, nei primi mesi del 2011, 15mila tonnellate di rifiuti indifferenziati da Napoli e provincia in Sicilia, nella discarica messinese di Mazzarrà Sant’Andrea, oggi sotto sequestro. A occuparsi del trasporto fu proprio D’Angelo, a seguito di un accordo con la Sapna, la società partecipata della Provincia napoletana. D’Angelo è stato rinviato a giudizio insieme ad altre due persone per traffico illecito di rifiuti e il processo è attualmente in corso al tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto. Secondo la Guardia di finanza che seguì le indagini, le 15mila tonnellate di rifiuti di origine urbana non derivante da raccolta differenziata «non potevano essere trasferite nella discarica siciliana poiché, come dimostrato dall’Arpa provinciale di Messina, l’indispensabile trattamento previsto dal codice dell’ambiente e richiesto per l’ammissibilità dei rifiuti in discarica non era stato effettuato». «Siamo sicuri che si concluderà tutto in una bolla di sapone, come per le altre vicende che lo hanno interessato negli anni – afferma il suo legale Vincenzo Abate – anche perché la stessa procura aveva chiesto l’archiviazione del caso».

Sempre nel 2011, D’Angelo fu arrestato su ordine della Dda di Lecce in un’inchiesta che ipotizzava un altro traffico illecito di rifiuti, stavolta verso l’estremo Oriente. Dopo che il tribunale del Riesame decise per la revoca del provvedimento cautelare, gli atti furono trasferiti per difetto di competenza territoriale alla procura di Palermo che non diede seguito all’inchiesta. Il nome di D’Angelo compare anche nella vicenda che ha riguardato lo smaltimento dei fanghi derivanti dal dragaggio del porto di Trapani, per l’America’s cup di vela del 2005. In particolare, l’imprenditore in quel periodo risultava legato a Carlo Ronzino, ex comandante della sezione di polizia giudiziaria della procura di Trapani, condannato in Cassazione per aver tentato di corrompere un suo collega, il maresciallo Enrico Caruso. I giudici hanno accertato che l’offerta di Ronzino (2.500 euro) a Caruso era finalizzata a chiudere un occhio nelle indagini e nei controlli a carico della Sirtec di D’Angelo. Ma non che quei soldi fossero stati dati da D’Angelo a Ronzino per quello scopo. L’imprenditore di Alcamo, infatti, ha sempre sostenuto che quella somma fosse un prestito per l’acquisto di un appartamento. Tesi che ha retto e che gli ha permesso di rimanere estraneo alla vicenda giudiziaria. «I giudici – si legge nella sentenza della Cassazione di condanna a Ronzino – hanno ritenuto provato che l’imputato è intervenuto in più occasioni sul personale della sua sezione di polizia giudiziaria perché operassero verifiche meno fiscali nei confronti delle attività di smaltimento compiute dal D’Angelo, ha eluso le deleghe investigative disposte dalla Procura, ha invitato il maresciallo Enrico Caruso, particolarmente esperto in materia ambientale, a eseguire controlli definiti soft sulla discarica dell’imprenditore, ha sollecitato i suoi sottoposti a fornire al D’Angelo, già indagato per reati ambientali, consigli su come superare le anomalie riscontrate nelle sue aziende».

La Tech servizi, di proprietà della famiglia La Bella di Floridia, prova a fare il salto di qualità. La ditta è già presente in moltissimi Comuni siciliani – da Mazara del Vallo a Vittoria – dove gestisce la raccolta dei rifiuti solidi urbani. Ma il suo nome negli ultimi anni è finito al centro delle cronache soprattutto per la compagnia con cui, in molti Comuni (specie del Catanese), ha lavorato: cioè le aziende Clean up e Geo ambiente, entrambe sequestrate a inizio 2017 perché riconducibili a Giuseppe Guglielmino, imprenditore arrestato con l’accusa di essere organico al clan Cappello di Catania. L’indagine della Dda di Catania che portò al suo arresto non ha coinvolto Tech servizi, ma ha messo fine a una collaborazione (in associazione temporanea d’impresa) che nel tempo l’aveva vista impegnata insieme alle aziende di Guglielmino a Lentini, Giarre, Riposto, Motta Sant’Anastasia.

La Sicula Trasporti, di proprietà della ricca famiglia Leonardi (che possiede anche la squadra di calcio Sicula Leonzio), è l’unica tra le ditte che hanno risposto alla manifestazione d’interesse della Regione a possedere già una discarica, La più importante della Sicilia orientale e che proprio nel 2018 ha ricevuto dal dipartimento Rifiuti il via libera per aumentare l’abbancamento per un volume di 1,8 milioni di metri cubi nell’impianto di Lentini. Adesso si propone di spedire via mare tremila tonnellate ogni 10/15 giorni a un prezzo praticamente doppio, circa 200 euro a tonnellata, rispetto a quello chiesto per abbancare i rifiuti in loco. E così il provvedimento del governo Musumeci, nato per combattere lo strapotere delle discariche private, riducendone l’afflusso di rifiuti, finisce in questo caso per diventare ulteriore fonte di ricchezza per i proprietari degli stessi impianti.


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