Cardinale, la sconfitta e il destino di Sicilia Futura «Noi col Pd, ma non deve recuperare la sinistra»

Sua figlia Daniela è deputata del Pd alla Camera, ma il padre Totò, democristiano di nascita e già per due volte ministro delle telecomunicazioni nei governi D’Alema, rivendica l’azione del suo movimento Sicilia Futura (115mila voti, il 6 per cento con liste in otto province) e chiede il conto ai dem, una nuova costituente allargata al centro, anche in vista delle elezioni di primavera. «Serve una riflessione a largo raggio sugli errori commessi che hanno portato alla sconfitta alle regionali», dice Cardinale. E li elenca: da Crocetta, all’inutile attendismo su Grasso e Alfano. «Le liste di Musumeci fatte con gente che prima era venuta da noi – dice a Meridionews e ancora – all’Ars ci iscriveremo al gruppo misto ma non ci spostiamo, siamo vicini al Pd», dice negando di voler dialogare con la maggioranza di Musumeci.

Onorevole Cardinale, che cosa intende dire con l’espressione rivolta al Pd «non siamo i camerieri di nessuno»?
«È di tutta evidenza che il lavoro fatto da Sicilia Futura è servito, anche se in questa circostanza non ha contribuito a dare frutti. Perché questo risultato? Abbiamo rinunciato a fare tempestivamente e in maniera coraggiosa e decisa la scelta di mettere insieme le risorse umane e fisiche per contrapporci immediatamente a questa vulgata di sondaggi che non potevano essere veri in quel momento, perché non esisteva una strutturazione di alleanze visibile, questi sondaggi che fin dall’inizio davano Musumeci e Cancelleri in testa, hanno polarizzato l’attenzione su quei candidati e hanno fatto sembrare irrilevante la candidatura del centrosinistra. Questo ha determinato che molti a sinistra del Pd hanno votato per Cancelleri e chi più a destra per Musumeci. Inutile cercare altri colpevoli».

Perdere i voti di Crocetta ha contribuito?
«No, ha avuto un peso prendere Crocetta, non perderlo, la fatica di spiegare in giro era tanta. La gente, vero o non vero, la colpa del malessere la dà a chi ha governato. È stato un prezzo alto da pagare. Abbiamo subito l’indecisione del partito su questo fronte e l’estenuante attesa sulle decisioni di Alfano. Troppa attesa. Il centrosinistra non era perdente e non aveva un candidato perdente, andiamolo a dire a quelli che si illudono di avere vinto, cosa faranno ora la marcia su Roma?».

Ma allora chi ha vinto?
«L’astensionismo, una percentuale altissima e un terzo di quelli che votano hanno votato per Grillo, questo ci dice chiaramente che vince la gente che non ne può più. Riuscirà Musumeci a convincere anche loro da qui alle elezioni politiche? Non ha una maggioranza, le sue liste sono state costruite sul nostro stallo e sulle nostre attese, con candidati che erano venuti prima da noi e che poi sono andati da lui. Molti potevano stare da questa parte. C’è un grande interesse al centro, che è quella parte politica che cerca riferimenti sicuri, ma la legge elettorale non ci ha favoriti. Alfano ad esempio è stato spolpato dalla polarizzazione dei candidati e anche dal sistema. Si può però ragionare anche su una riscossa. Io non sono uno che si arrende, bisogna però che arrivi una scossa forte e il Pd la può dare».

Qualcuno ipotizza un suo spostamento verso il centro che guardi anche alla colazione che ha vinto.
«Sono di fede rigidamente progressista e riformista, dal 2001 in poi io sto nel Pd e lavoro per il Pd, ma è il partito di Raciti che deve dire adesso se vuole aprirsi al centro o no. È evidente che affinché questi voti possano essere coltivati serve una scossa forte con una nuova costituente del Pd che si rivolga a quest’area. Intanto la nostra parte politica liberal-riformista c’è, vi potrebbe trovare albergo però qualcuno dell’area di centrodestra, dove prevedo qualche scossa, Musumeci è un galantuomo ma è un fascista».

A Ragusa cosa è successo alla vostra lista?
«Abbiamo candidato a Ragusa Nello Di Pasquale che aveva collaborato al progetto di Sicilia Futura in un primo tempo, poi è passato al Pd e ha fatto bene, infatti ha preso il seggio. Questa legge anti proporzionale ci ha penalizzati. C’è un meccanismo nel calcolo dei voti su base provinciale che determina questo gioco della fortuna. Ma potevamo prendere anche cinque deputati».

Uno dei due deputati eletti, Nicola D’Agostino, corre voce si dimetterà per essere eletto alla Camera.
«D’Agostino è il più convinto e radicato sul territorio, ma si vuole candidare alle nazionali e ne ha tutti i numeri e il titolo. A lui subentrerà Carmelo Coppolino, primo dei non eletti con cinquemila voti».

In quale gruppo vi iscriverete all’Ars?
«Ci iscriviamo al gruppo misto. Immagino però che il movimento rimanga come supporto territoriale al Partito Democratico con cui ripeto, vorremmo che ci fosse una corrispondenza di amorosi sensi».

Il progetto per le nazionali qual è?
«Siamo con il Pd e chiediamo al Pd siciliano di avere attenzione per questi elettori che sarebbe un delitto perdere. Manteniamo questa convinzione e diciamo agli alleati di non porsi il problema di recuperare la sinistra. Se non ci vuole stare intanto c’è l’area liberal riformista sempre disponibile. Noi abbiamo ottenuto più voti di loro, con una campagna elettorale da francescani, nella compostezza più assoluta e applicando un codice etico rigido. A Palermo abbiamo realizzato il gruppo di maggioranza relativa con sei consiglieri comunali, un successo straordinario, abbiamo preso 35mila voti a Palermo e provincia».

Siete aperti ad un confronto anche con le sinistre?
«No assolutamente. Non siamo aperti al dialogo con la sinistra, se il Pd vuole farlo bene, ma senza pagare prezzi a questa arroganza intellettuale che determina sempre lo scontro a chi ha più ragione, radicalizzando le loro convinzioni. Non condividiamo nulla di tutto questo. Ne abbiamo avuto prova con queste regionali, le abbiamo provate tutte, hanno perfino scelto Micari come candidato, poi quando hanno capito che Renzi poteva vincere se ne sono andati a sinistra, bisognava farlo perdere Micari per fare perdere Renzi. Ne prendiamo atto».


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