Nell'inchiesta che ha portato all'arresto dell'ex primo cittadino Giuseppe Nicosia, del fratello consigliere Fabio, di due intermediari e altrettanti esponenti del clan Dominante-Carbonaro si parla pure di Giovanni Moscato. Per lui, però, la Procura non ha chiesto la misura cautelare: «L'ipotesi di reato non lo prevede»
Vittoria, voti in cambio di assunzioni e sgombero Rimane indagato per corruzione l’attuale sindaco
Nonostante i dieci anni consecutivi di mandato – limite massimo imposto dalla legge – fossero in procinto di scadere, avrebbe comunque continuato a condizionare la gestione degli affari comunali. Sarebbe stato questo il proposito di Giuseppe Nicosia, ex primo cittadino di Vittoria, arrestato oggi dalla guardia di finanza di Catania su disposizione del gip del Tribunale di Catania. L’inchiesta, denominata Exit Poll e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia etnea, è iniziata ad aprile 2016 e si è conclusa a febbraio di quest’anno. Riguarda i presunti accordi che alcuni politici ipparini avrebbero stipulato con esponenti della criminalità organizzata, con l’intento di influenzare l’esito delle elezioni amministrative dell’anno passato.
Oltre a Nicosia, a essere stato fermato è stato il fratello Fabio, attualmente consigliere comunale, i pregiudicati del clan Dominante-Carbonaro Venerando Lauretta e Giombattista Puccio, e i 55enni Raffaele Di Pietro e Raffaele Giunta, con quest’ultimo in un primo momento candidato alle elezioni e poi ritiratosi in seguito a uno scandalo mediatico legato a una passata condanna.
Secondo gli inquirenti, i rapporti tra la Stidda e i vertici politici della città del Ragusano sarebbero andati avanti nel tempo e affonderebbero almeno a undici anni fa, quando nel 2006 Nicosia divenne sindaco per la prima volta. Nell’ultima tornata elettorale, che ha visto avere la meglio il candidato del centrodestra Giovanni Moscato, Nicosia avrebbe puntato sul fratello Fabio, inserito nella lista Nuove Idee a supporto della candidata del Pd Lisa Pisani. Una scommessa su cui gli stessi Nicosia non avrebbero creduto. «Dalle risultanze investigative – commentano i magistrati della Dda di Catania – è emerso chiaramente come la candidata Pisani non fosse ritenuta competitiva ed è per questo che al ballottaggio i Nicosia decidono di dirottare il proprio pacchetto di voti, frutto degli accordi con gli esponenti malavitosi, sull’attuale sindaco Moscato».
In questa vicenda, il primo cittadino rimane indagato per corruzione elettorale. La notizia dell’inchiesta, la scorsa primavera, aveva fatto temere per l’esito delle elezioni, con Moscato che successivamente si era dichiarato tranquillo per avere chiarito la propria posizione agli investigatori. Tuttavia, allo stato attuale, il futuro dell’amministrazione vittoriese non può essere definito con certezza. «Non è la Procura a prevedere uno scioglimento del consiglio e della giunta – chiarisce il capo della Procura Carmelo Zuccaro -. Quello che possiamo dire è che per Moscato non abbiamo fatto alcuna richiesta di misura cautelare perché il reato per cui è indagato non lo prevede». Nella lente dei magistrati sono finiti i benefici goduti dal sindaco, mentre è stato escluso una partecipazione diretta all’accordo con Lauretta e Puccio. «Quando Nicosia è stato sindaco, Moscato ha avuto rapporti con l’amministrazione ottenendo diverse consulenze – proseguono i magistrati – e quindi non è da escludere che in qualche modo possa essersi sentito in debito nei confronti dell’ex primo cittadino».
Ma quali sarebbero stati i termini del patto? «L’obiettivo non era il compenso economico, ma un altro tipo di utilità – commentano le Fiamme Gialle -. In questo caso si trattava perlopiù di promesse legate a uno sgombero di un immobile in cui Lauretta avrebbe voluto aprire un centro per l’assistenza ai disabili e promesse di lavoro». Nello specifico quella di occuparsi di 60 operatori ecologici pur non essendoci i requisiti per farlo. «Il collaudato sistema clientelare – scrive la Procura – si reggeva anche sui voti degli operatori ecologici: Nicosia assicurava l’assunzione di 60 dipendenti dalla società subentrante (la Tekra, ndr). Nel corso delle indagini è stata tra l’altro monitorata una riunione, sollecitata da Di Pietro, tra i fratelli Nicosia e i lavoratori dell’azienda, finalizzata a sancire il sostegno elettorale in favore dei Nicosia».
L’inchiesta si è basata anche sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Biagio Gravina e Rosario Avila che hanno riferito degli accordi che hanno segnato gli ultimi anni a Vittoria. «Loro hanno parlato di competizioni elettorali passate, ma, partendo da lì, abbiamo capito che la dinamica non è cambiata», concludono i magistrati.