Articolo 37 dello Statuto: Roma dice sì ma si fa lo sconto

IL MINISTERO DELLE FINANZE VARA IL DECRETO ATTUATIVO SULLA NORMA DELLO STATUTO SECONDO CUI LE IMPRESE CHE OPERANO IN SICILIA DEVONO PAGARE QUI LE IMPOSTE. MA PARLA SOLO DI 49 MILIONI DI EURO L’ANNO A FRONTE DEI 400 DEL 2005 COME SOTTOLINEA IL PARLAMENTARE SICILIANO DI FORZA ITALIA, SAVERO ROMANO ,CHE RIPERCORRE LE TAPPE DELLA NORMA

Mentre il Governo nazionale si accinge a ‘scippare’ quasi un miliardo di euro dal Bilancio regionale 2014 per tenere  i conti ‘a posto’ (quelli dell’Ue), da Roma arriva un ‘contentino’ per la Sicilia’. Il  direttore generale del Ministero delle Finanze ha varato un decreto attuativo dell’articolo 37 dello Statuto siciliano, quello secondo cui le imprese che operano nella Regione, anche se hanno sede legale altrove, devono pagare qui le imposte.

Si tratta indubbiamente di un passaggio importante, in quanto si sblocca una vicenda che è ferma da almeno 8 anni. Da quando, cioè, l’allora Ministro del Governo Berlusconi, il siciliano Enrico La Loggia, di concerto con il Governo regionale retto allora da Totò Cuffaro, riuscì a fare approvare il decreto legislativo n 241 del 3 novembre 2005  che prevedeva l’attuazione dell’articolo 37 dello Statuto siciliano.
Allora si parlò di un risultato storico nell’annosa battaglia tra Regione e Stato, anche se poi tutto venne stoppato dall’allora Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.

Oggi la svolta, anche se, come accennato, si tratta di una vittoria molto parziale. Nel 2005, infatti, si era parlato di almeno 400 milioni di euro l’anno. Ora si parla di 49 milioni e, l’anno prossimo, forse, potrebbero arrivare gli arretrati. Si arriverebbe quindi a 4o0 milioni per otto anni, invece che per uno solo.

“Sicuramente sono pochi – osserva  Saverio Romano, Forza Italia, in merito al decreto del Ministero delle Finanze pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 dicembre 2013, n 301 – basti pensare a tutte le aziende del petrolchimico che operano a Gela come a Priolo. O alle raffinerie di Augusta. O, ancora, a tutte le banche che operano in Sicilia e che continuano a versare le imposte altrove. Non a caso nel 2005 ci eravamo battuti fino ad arrivare almeno a 400 milioni di euro all’anno”.

`Da componente della Commissione Finanze alla Camera, nel novembre del 2002 – ricorda Romano – presentai un disegno di legge in tal senso, che poi trasformai in un emendamento alla Finanziaria di quell`anno e che venne approvato. Iniziò proprio allora – prosegue Romano – l`iter per il riconoscimento di un diritto previsto dallo Statuto, esattamente dall’art 37, di fatto disatteso a causa dell’entrata in vigore, nel 1971, della riforma Vanoni che cambiò il sistema fiscale italiano”.

“Oggi, con la definizione, da parte della direzione generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle modalità applicative per l’attribuzione alla Regione siciliana delle spettanze riconosciute dall’art 37 dello Statuto si conclude un percorso che poteva essere ultimato già nel 2005, in seguito al mio impegno diretto”.

Spetta alla Regione, adesso, lavorare affinché vengano riconosciute almeno le somme arretrate. Si è trattato di una lunga battaglia politica e legislativa per la Sicilia e per i siciliani, ed è sicuramente  un segnale ben augurante per il 2014 alle porte, ma la somma stanziata dimostra che la battaglia non è ancora conclusa”.

La sensazione è che Roma stia facendo il solito giochetto: con una mano toglie e taglia e con l’altra dà parte delle risorse che spettano di diritto alla Sicilia, spacciandole per concessioni.

D’altronde, il momento è delicato. Come abbiamo ricordato in questo editoriale,  il Governo siciliano e l’Ars sono impantanati con una Finanziaria che fa acqua da tutte le parti e verso la quale è rivolta anche l’attenzione romana.

EDITORIALE/ Pressioni romane (e di altro tipo?) per costringere l’Ars ad approvare una manovra finanziaria a scatola chiusa?      


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