Il nuovo segretario generale dà una lezione di stile rinunciando a quanto avrebbe avuto il diritto di chiedere. I ‘casi’ di altri direttori che, invece, dal prossimo anno, perderanno 100 mila euro
Ars, tempo di trasparenza online stipendi dei burocrati
Lo confessiamo: siamo stupiti! Sul sito dell’Assemblea regionale siciliana, alla voce “Amministrazione trasparente”, sono stati pubblicati tutti i curricula – e tutte le retribuzioni! – degli alti burocrati del Parlamento siciliano.
La lettura è istruttiva. Ricordate le polemiche, che vanno in scena da anni, sul mistero della retribuzione del segretario generale? Ebbene, la lista la apre l’attuale segretario generale, Fabrizio Scimè, il cui compenso è fissato in 240 mila euro lordi all’anno. Rispetto ai suoi predecessori – questo va detto per onestà di cronaca – il suo compenso è stato più che dimezzato, se è vero che prima dei tagli disposti dall’attuale Consiglio di presidenza dell’Ars, il più alto burocrate ‘viaggiava’ su una retribuzione lorda di circa 600 mila euro.
Al secondo posto troviamo Salvatore Pecoraro (che si occupa anche dell’Area legislativa e amministrativa) , vice segretario generale. Retribuzione: 226 mila euro lordi annui.
Al terzo posto c’è Mario Di Piazza, anche lui vice segretario generale (si occupa anche dell’Area istituzionale ed è il direttore del servizio lavori d’Aula). Retribuzione: 339 mila euro lodi annui. In questo caso il dato dovrebbe essere quello dell’anno passato: ciò dovrebbe significare che per quest’anno il dottore Di Piazza si poterà a casa ancora 339 mila euro (e forse qualcosa in più, considerato lo scatto annuo); dal prossimo anno in poi scenderà a 240 mila euro lordi annui, perdendo circa 100 mila euro di retribuzione.
Quando andrà in pensione dovrebbe risalire la china, perché il decreto Renzi, preso ad esempio anche all’Ars, prevede, per la pensione, il calcolo della media ponderata degli anni di servizio (e quindi 2 o 3 anni di retribuzione a240 mila euro all’anno lordi giocheranno poco).
Al quarto posto c’è Francesco Aiello, direttore del servizio Bilancio, con una retribuzione pari a circa 339 mila euro. Anche per lui un taglio di circa 100 mila euro all’anno lordi.
Poi c’è Riccardo Anselmo, direttore del servizio Ragioneria. Retribuzione: circa 220 mila euro lordi all’anno.Quindi Eugenio Consoli, direttore dell’ufficio Affari europei. Retribuzione: 344 euro lordi annui. Anche per lui, il prossimo anno, una ‘tosatura’ di circa 100 mila euro. Segue Umberto Garofalo, direttore del servizio Informatico. Retribuzione: 283 mila euro lordi annui. Per lui, il prossimo anno, un taglio di circa 40 mila euro. Ecco Maria Ingrao, capo di gabinetto del presidente dell’Ars, onorevole Giovanni Ardizzone. Retribuzione: circa 200 mila euro lordi annui.
Angela Murana, responsabile Rendicontazione gruppi parlamentari. Retribuzione: 193 mila euro lordi annui. Filippo Palmeri, direttore delle Commissioni legislative, con l’interim della Commissione Bilancio e Finanze. Retribuzioni: 200 mila euro circa. Patrizia Perino: si occupa della Fondazione Federico II (braccio operativo dell’Ars nelle attività culturali) e Fabbriceria. Retribuzione: 224 mila euro annui lordi. Antonio Purpura: Biblioteca e Archivio storico. Retribuzione: 338 mila euro lordi annui (anche per lui un taglio secco il prossimo anno). Laura Salamone, direttore del Servizio studi. Retribuzione: 339 euro lordi annui. Fabio Scalia, direttore del servizio Personale. Retribuzione: 197 mila euro lordi annui. Chiude Antonio Tomasello, direttore del servizio di Questura e Provveditorato. Retribuzione: 258 mila euro lordi annui.
Precisiamo che alcuni direttori ai quali verrà ridotta la retribuzione hanno la possibilità di andare in pensione il prossimo anno. Questo gli eviterebbe di subire i tagli.
Che dire? Quattro considerazioni.
Primo: il taglio alle retribuzioni c’è ed è sostanziale.
Secondo: sono finiti i tempi belli, visto che, in futuro, le retribuzioni dei direttori dell’Ars non potranno superare i 240 mila euro lordi.
Terzo: il Consiglio di presidenza di Sala d’Ercole – una sorta di ‘Consiglio di amministrazione’ del Parlamento siciliano del quale fanno parte il presidente dell’Ars, i due vice presidenti, i deputati questori e i deputati segretari – hanno fatto bene a fissare in 240 mila euro il compenso lordo. Mentre il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha solo perso tempo ad andare in tv a dire che le retribuzioni dei direttori dell’Ars avrebbero dovuto essere portate al tetto 160 mila euro lordi l’anno.
Questo perché il Consiglio di giustizia amministrativa, in un recente pronunciamento, Statuto autonomistico siciliano alla mano, ha ribadito che i dirigenti della Regione siciliana non possono guadagnare meno dei dirigenti dello Stato. E poiché il tetto fissato dal Governo Renziper i dirigenti dello Stato è pari a 240 mila euro lordi annui, non si capisce perché i dirigenti regionali dovrebbero guadagnare meno dei dirigenti dello Stato in violazione dello Statuto!
Piuttosto ci chiediamo cosa faranno i dirigenti dell’Amministrazione regionale ai quali la retribuzione è stata ridotta a 160 mila euro all’anno…
La quarta e ultima considerazione riguarda il segretario generale, dottore Scimè. Che, di fatto, come ora proveremo a spiegare, ha rinunciato a circa 200 mila euro. Nella prima stesura del progetto di taglio delle retribuzioni era stato deciso di far partire la ‘tosatura dall’1 agosto. Invece, alla fine, è stato deciso – come già accennato – che i tagli partiranno dall’1 gennaio 2015. Tant’è vero che alcuni direttori percepiranno la vecchia indennità di 330 mila euro (forse addirittura un po’ maggiorata). Maggiorazione che perderanno, come abbiamo raccontato, nel prossimo anno.
Scimè, per i sei mesi che vanno da agosto a dicembre di quest’anno, avrebbe potuto chiedere – per sei mesi – la vecchia indennità. Ma non l’ha fatto. Onore a una persona che ha rinunciato a circa 200 mila euro. Abbiamo la sensazione che non sarebbero stati in tanti a farlo.