Ars, si apre un’altra settimana politica e parlamentare all’insegna del nulla mescolato col niente

A PARTE IL VOTO FINALE ALL’INUTILE E DANNOSA RIFORMA DELLE PROVINCE, SALA D’RCOLE NON DOVREBBE OFFRIRE MOLTO. A PARTE IL TENTATIVO, DA PARTE DEL GOVERNO CROCETTA, DI FAR PASSARE UN MUTUO ‘TRUFFALDO’ DA UN MILIARDO DI EURO…

Si apre oggi in Sicilia un’altra settimana politica e parlamentare. Saranno altri sette giorni di chiacchiere e di polemiche più o meno vacue. L’unica cosa è certa dovrebbe essere il voto finale per una legge rigorosamente inutile che dovrebbe essere fatta a ‘capuliato’ dagli Uffici del Commissario dello Stato.

La legge che verrà almeno in parte impugnata è quella della ‘presunta’ riforma delle Province. L’unico, vero obiettivo di questa legge – che il Governo regionale di Rosario Crocetta si guarda bene dal dire – è il licenziamento di tutti i dipendenti delle società collegate alle stesse Province e la precarizzazione dei dipendenti delle stesse Province.

I dipendenti delle società collegate alle Province faranno la fine degli infermieri precari che – come raccontiamo in altra parte del giornale – il Governo di ‘sinistra’ di Rosario Crocetta ha gettato in mezzo alla strada. Non prima, ovviamente, di averli fatti ricevere dall’assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, e da dirigenti e funzionari dello stesso assessorato.

Insieme, assessore, dirigenti e funzionari hanno promesso questo e quello. E poi hanno ‘scotolato’ gli infermieri precari, come si usa fare con la tovaglia da tavola quando si finisce di mangiare. La storia non è finita perché, da domani, gli infermieri precari saranno a Palermo, sotto gli uffici dell’assessorato regionale alla Salute. Vedremo come finirà.

Intanto, per gradire, ricordiamo che sbarazzandosi degli infermieri precari e sostituendoli solo in parte, il Governo ha lasciato sguarniti 600 posti di infermieri. 600 infermieri in meno in un colpo solo negli ospedali pubblici. Può mai funzionare bene la sanità siciliana con questo modo di governare?

Per sbarazzarsi – precarizzandoli – dei dipendenti delle nove Province la tecnica dovrebbe essere un po’ diversa, ma non meno ‘efficace’. All’inizi diranno ai dipendenti – ammesso, ovviamente, che la legge passi da vaglio dell’Ufficio del Commissario dello Stato e rimanga in piedi – che sono passati sotto le bandiere dei Consorzi di Comuni. Trattandosi di Comuni per lo più senza soldi e che, a malapena, riescono a pagare i propri dipendenti, dovrebbe iniziare il ‘balletto’ tra Regione e Consorzi di Comuni: li paghi tu, no li paghi tu, tiritipt e tiritapt.

La speranza del Governo Crocetta è che i dipendenti delle Province, alla fine, accettino il nuovo stato di dipendenti pubblici ‘apolidi’…

Oltre alla sceneggiata sulle Province ‘riformate’ ci sono, naturalmente, i soldi che non ci sono. Il Governo, sostanzialmente, ha fatto sapere che la legge di variazioni di Bilancio si potrà fare solo dopo che l’Ars avrà approvato il mutuo da quasi un miliardo di euro. Morale: bene che vada, se ne parlerà la prossima settimane (“Forse”, direbbe Fantozzi…).

La storia del mutuo è un’altra farsa. Ufficialmente, questi soldi dovrebbero servire per pagare i ‘debiti’. Quali debiti? Quelli contratti da Asp e Aziende ospedaliere siciliane con le multinazionali del settore farmaceutico.

Ma, a quanto pare, Asp e Aziende ospedaliere – che, peraltro, a norma di legge, non possono indebitarsi (ma nella Sicilia del Governo Crocetta questo ormai è un ‘dettaglio’) – avrebbero già pagato in buona parte i farmaci acquistati. E allora a cosa dovrebbe servire ‘sto miliardo di euro di mutuo che la Regione dovrebbe contrarre?

Domanda interessante. Due le ipotesi possibili: o per pagare in buona parte i ‘debiti’ della Regione con grandi gruppi nazionali, o per fare ‘cassa’ e pagare spesa corrente. Nel primo caso, il Governo avrebbe preso in giro i deputati dell’Ars (i soldi del mutuo non servirebbero per pagare le multinazionali farmaceutiche, ma altri gruppi nazionali). Nel secondo caso – cioè nel caso in cui il Governo starebbe cercando di fare ‘cassa’ con il mutuo – saremmo davanti al tentativo piuttosto maldestro di indebitare la Regione per pagare la spesa corrente: e questo la legge non lo consente.

Non va meglio sull’altro fronte: l’altro maldestro tentativo di ‘raschiare’ 300 milioni di euro dal Bilancio, ‘razziandoli’ dalle regolazioni contabili, dai fondi di riserva e, soprattutto, dal fondo rischi. Ripercorrendo, in pratica, una strada già ‘bocciata’ con l’impugnativa da parte del commissario dello Stato.

Forse l’unica via seria da seguire – condizione distonica rispetto al Governo Crocetta – sarebbe quella indicata dal presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone: ovvero chiedere a Roma l’applicazione dell’articolo 36 dello Statuto, ridiscutendo alcune imposte che oggi ci vengono negate.

La stessa cosa dovrebbe essere fatta con la sanità, chiedendo l’applicazione di quanto previsto dalla legge Finanziaria nazionale del 2006 che, fino ad oggi, non è stata applicata (una quota delle accise petrolifere da riconoscere alla Sicilia che dovrebbe compensare la maggiore quota di compartecipazione della Regione alle spese sanitarie, passate dal 42 per cento a quasi il 50 per cento).

Per non parlare dell’applicazione della legge sul federalismo fiscale che sta penalizzando i Comuni siciliani, ai quali non sono ancora stati riconosciuti né la perequazione fiscale, né la perequazione infrastrutturale.

Per fare tutto questo ci vorrebbe la politica. E, naturalmente, un Governo regionale di spessore. Due requisiti che, attualmente, in Sicilia non sembrano presenti.


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