Ars, riecco la presa in giro per i precari

Inizia domani a Sala d’Ercole, sotto i peggiori auspici, il primo dibattito parlamentare di questa nuova legislatura. Di scena c’è un disegno di legge ai limiti della costituzionalità: quello sul precariato. Passano gli anni, cambiano i Governi e i parlamentari dell’Ars, ma l’argomento è sempre lo stesso: come continuare a tenere ‘ingessato’ il bilancio della Regione, impedendo ai giovani di entrare a far parte della pubblica amministrazione con veri concorsi che privilegino il merito. Il tutto per continuare a tenere in piedi le clientele della politica del passato, ovvero i precari.

Così, a fine anno, come accaduto l’anno passato, ci ritroviamo a parlare dei precari tra demagogia e populismo. Pur sapendo che il bilancio regionale è ormai alla frutta.

A rendere pesante il clima ci sono le primarie del Pd, previste tra una settimana, e le elezioni nazionali ormai alle porte (si voterà il 24 e il 25 febbraio). Quanto basta per far perdere di vista alla politica siciliana il senso della realtà. Promettendo – e, quel che di più grave, mettendo per iscritto nei disegni di legge – cose che non stanno né in cielo, né in terra.

Tutto questo ben sapendo che, per i circa 26 mila precari (meno di 2 mila negli uffici della Regione, altri due mila circa nei vari enti regionali e il resto negli Enti locali), non ci saranno mai più le risorse finanziarie per la ‘stabilizzazione’ (leggere assunzione a tempo indeterminato negli uffici della Regione, dei Comuni, dei Consorzi di Bonifica, degli ex Consorzi Asi e via continuando). Ma tant’è.

Al massimo, sempre che l’ufficio del commissario dello Stato faccia passare una legge che si annuncia incostituzionale (quello che è scritto in questo disegno di legge è molto discutibile, sia in termini ‘tecnici’, sia sul fronte della copertura finanziaria che, tanto per cambiare, non c’è), si potrebbe arrivare a una proroga di sei mesi. Poi la stessa Regione, per assicurare un futuro a questi lavoratori, dovrebbe inventarsi qualche cosa, magari di più serio rispetto all’improbabile assunzione dei precari da parte delle aziende private (che, grazie al Governo Monti, licenziano e non assumono: forse negli uffici della Regione non se ne sono ancora accorti…).

Vediamo, adesso, per grandi linee, un disegno di legge che – è inutile girarci attorno – appartiene più al mondo dei sogni che alla realtà. All’articolo 1 si ipotizza una proroga di sei mesi per il personale precario che opera negli uffici della Regione (Protezione civile, assessorato al Territorio e Ambiente e Agenzia per l’impiego). Si tratta, nel complesso, di circa mille e 400 addetti.

All’articolo 2 troviamo i precari dei Consorzi di Bonifica e dell’Emergenza Palermo (ex Pip). Di seguito arrivano tutti gli altri: i precari degli Enti locali (22 mila), quelli che operano nelle Camere di Commercio, negli ex Consorzi Asi (oggi tali competenze sono state assorbite dall’Irsap, sigla che sta per Istituto regionale per le attività produttive). In questo calderone sono finiti pure i circa 200 dipendenti dell’Eas, l’Ente acquedotti siciliani.

Vediamo, adesso, le perplessità. A cominciare da quelle di ordine giuridico. C’è un richiamo alla legge nazionale. Nella quale, però, si fa riferimento al personale ‘stabilizzato’. Non è il caso de precari siciliani che, in quanto tali, non sono stabilizzati, né in corso di stabilizzazione. Il richiamo alla legge nazionale, insomma, sembra fuori luogo.

Poi c’è tutta la questione finanziaria, che – stando a quanto sta scritto nel disegno di legge – non è meno aleatoria della parte giuridica. I soldi dovrebbero arrivare dai circa 300 milioni del fondo per il precariato e, il resto, dai fondi globali. Tutto questo sulla base di un bilancio che non c’è.

Ci spieghiamo meglio. Chi ha scritto questo disegno di legge – che non difetta certo di fantasia – presuppone che i fondi per pagare i pecari possano essere reperiti dal bilancio triennale. Questo è il passaggio più ardito del disegno di legge. Il bilancio regionale triennale, in termini di possibilità di spesa, equivale a zero.

Si tratta, infatti, del bilancio triennale di previsione approvato l’anno scorso. Che, sulla carta, stabilisce, ad esempio, che per il fondo per il precariato ci saranno circa 300 milioni di euro ogni anno per tre anni. Ma i 300 milioni di euro debbono essere riportati nel bilancio di previsione 2013 già approvato da Sala d’Ercole (e quindi con una copertura finanziaria accertata). In questo caso i 300 milioni iscritti al bilancio 2013 non ci sono per un motivo semplice: perché, allo stato dei fatti, non c’è ancora il bilancio di previsione 2013. E non c’è nemmeno il ‘bozzone’, ovvero la proposta di bilancio che il Governo deve ancora inviare all’Aula!

Su qualche giornale abbiamo letto una dichiarazione non meno strampalata di questo strampalato disegno di legge. Stando a quest’ultima interpretazione, per approvare il finanziamento della proroga dei precari sarebbe sufficiente l’esercizio provvisorio (che, ricordiamolo, è un disegno di legge che deve essere ancora esaminato e approvato dall’Aula). Questa interpretazione è nuova e ardita. Ma, soprattutto, presuppone che, nell’esercizio provvisorio ci siano già, in quota parte, cioè per ogni mese di esercizio provvisorio, i soldi per i precari. Insomma…

Confessiamo di essere un po’ delusi. Ci rendiamo conto che a fine febbraio si vota per rinnovare Camera e Senato. Ma questo non giustifica certe fantasie.

E’ evidente che la nuova Assemblea regionale siciliana e il Governo Crocetta – come hanno fatto l’anno passato la vecchia Assemblea e il Governo Lombardo – vogliono far lavorare gli uffici del commissario dello Stato a Capodanno…

 

 

Giulio Ambrosetti

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