Ars, la contro-manovra dei grillini: reddito di dignità e microcredito

Trovati 110 milioni in bilancio per garantire un reddito di dignità a oltre 20 mila siciliani. Approvato anche l’emendamento che rimpolpa il fondo prestiti alle aziende. Esultano i 15 parlamentari del Movimento 5 Stelle, che sono i protagonisti di queste due proposte: “Per il reddito di dignità e per il microcredito i soldi ci sono. E’ sol questione di volontà politica. Possiamo dare ossigeno a imprese e famiglie”.

I deputati 5 Stelle hanno trovato tra le pieghe del bilancio quasi 110 milioni di euro che potrebbero consentire a oltre 20 mila disoccupati, precari e inoccupati di usufruire di un reddito mensile di circa 440 euro al mese, pari all’importo dell’assegno sociale minimo dell’Inps.

Sul fronte imprese, invece, è arrivato in Commissione Attività produttive il via libera all’emendamento che dirotta i 3 milioni previsti per la comunicazione istituzionale al Fondo per il microcredito, inserito in Finanziaria per volontà del M5S (con l’appoggio dell’Udc) e che già può contare su circa 350 mila euro, derivanti dalla restituzione di gran parte dello stipendio fatta da inizio legislatura dai parlamentari M5S.

La partita si sposta ora in Commissione Bilancio e Finanze prima e in Aula poi, anche se i parlamentari del Movimento si dicono fiduciosi per un positivo esito della battaglia.

In ogni caso la giornata di ieri segna una svolta – culturale prima che politica – importante. Se la Commissione Bilancio e Finanze non dovesse avallare la manovra sul reddito di dignità e sul microcredito, i grillini la ripresenterebbero in Aula. A Sala d’Ercole, a quel punto, si dovranno scoprire le carte: si vedrà – tutti i siciliani vedranno, con l’aiuto dell’informazione che racconterà come andranno le cose – chi, in Sicilia, difende gli ultimi e chi, invece, continua a difendere i privilegi dei pochi.

“Non pensiamo – afferma Giorgio Ciaccio (nella foto, a destra), componente della commissione Bilancio – che qualcuno possa essere sordo alle richieste che arrivano giornalmente dalla società. Bisogna pensare anche agli ultimi, che purtroppo, oggi sono tantissimi. Anche loro devono avere mezzi minimi di sostentamento”.

I fondi per il reddito di dignità verrebbero reperiti con l’abrogazione di articoli già presenti in Finanziaria per i cantieri scuola, per il reddito minimo di inserimento, dal rastrellamento di parecchie delle indennità accessorie previste per la Giunta regionale (spese per comunicazione, viaggi, consulenze e clientele varie) e per parecchi dirigenti di vario livello. Sette milioni di euro arriverebbero anche dal taglio proposto (in netto contrasto con le direttive del Governo, che ha previsto un incremento degli organici) delle sedi di rappresentanza delle sedi di Roma e Bruxelles. Quest’ultimo taglio, da solo, potrebbe garantire un reddito mensile a oltre 1300 persone.

La sede di Bruxelles della Sicilia, per la cronaca, da quando esiste è stato solo un ‘carrozzone mangiasoldi’ che non è mai servito a nulla. Un incedibile spreco di risorse pubbliche per consentire a un ristretto gruppo di ‘fortunati’ di vivere a Bruxelles con stipendi da favola. Una delle prove dell’inutilità di questa pomposa e costosa sede è rappresentata dalla mancata spesa dei fondi europei da parte della Sicilia (con riferimento ai fondi strutturali e anche ai fondi tematici).

I beneficiari dell’assegno di dignità sarebbero disoccupati, inoccupati, precari che percepiscono un reddito che non determina la perdita dello status di disoccupati e lavoratori in aspettativa non retribuita per gravi e documentate ragioni familiari. Per accedere al fondo sono previsti la residenza in Sicilia da almeno 12 mesi, l’iscrizione alle liste di collocamento, un reddito imponibile pari od inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale determinato dall’Inps e non avere maturato i requisiti per la pensione.

Nel complesso, sono circa 300 gli emendamenti, aggiuntivi e modificativi, alla legge di stabilità (finanziaria 2013, disegno di legge n.69) e al bilancio previsionale (disegno di legge n.68) depositati ieri in Commissione Bilancio e Finanze dal Movimento cinque Stelle.

I tagli alla dirigenza regionale ipotizzati dal Movimento 5 Stelle non riguarderebbero la riduzione delle indennità e degli stipendi previsti per legge e regolati dai Contratti di lavoro della categoria, ma il sistema delle premialità. Il riferimento va alle indennità di posizione e di retribuzione, spesso percepite dai dirigenti senza alcun effettivo raggiungimento degli obiettivi indicati dall’amministrazione. Un “magna magna” che andrebbe ridotto del cinquanta per cento per liberare risorse da dirottare ai più bisognosi.

Sulla istituzione del fondo regionale del contributo di dignità, per la verità, il M5S aveva fatto le prove generali in Commissione Legislativa Sanità all’Ars, qualche giorno fa. L’idea non era peregrina, insistendo, sul settore della sanità, oltre il 50 per cento del totale dei dirigenti in Sicilia; totale che ad oggi non si conosce con esattezza. L’emendamento, bocciato in “Commissione Sanità”, è stato ripresentato dal Movimento per la Commissione “Bilancio e Programmazione”.

Sui tagli alla dirigenza regionale interessante, poi, l’iniziativa dei grillini finalizzata alla abrogazione delle leggi regionali che disciplinano la figura del comandato. Un emendamento del M5s tende all’abrogazione del Comando, a differenza del Governo regionale che spinge per una mera riduzione.

Secondo i parlamentari del Movimento all’Ars, su una platea di circa 20 mila dipendenti della Regione siciliana, il 50 per cento sarebbero in posizione di comando dall’amministrazione da cui dipendono. Grazie al comando, il dipendente resta per decenni in altri uffici. Quali i motivi? Esigenze di efficacia ed efficienza nel funzionamento degli uffici coinvolti? No, crediamo sia solamente una semplice scelta clientelare, volta a favorire amici e parenti.

Secondo i parlamentari grillino, serve chiarezza nel pubblico impiego regionale per scovare sprechi e inefficienze. Per farlo occorre stoppare il comando e procedere a una seria revisione della Pianta Organica del personale regionale.

 

 


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