Nell'inchiesta Aquilia si ripercorrono i rapporti tra alcuni imprenditori conosciuti anche sulla scena politica. Al centro dell'attenzione la compravendita di una casa e un presunto ammanco di 16mila euro. Dalle minacce si sarebbe passati alla violenza
Arresto Nicotra, tentata estorsione al socio della moglie I presunti dissidi nell’impresa edile e l’intervento del clan
«Pippo, ti calasti a cuasetta?». La calza metaforica a cui avrebbe fatto riferimento Pippo Nicotra – ex deputato e imprenditore catenoto arrestato oggi nell’ambito dell’operazione antimafia Aquilia – era quella che avrebbe indossato un ex socio della ditta Erika srl, impresa edile riconducibile anche alla moglie di Nicotra e a Sebastiano Strano, ex consigliere comunale indagato nell’inchiesta odierna ma non destinarario di misura cautelare – per sottrarre una somma di 16mila euro alla società. Appropriazione che non sarebbe andata giù a Nicotra, che avrebbe deciso di sfruttare i propri contatti con la criminalità organizzata per recuperare la somma.
La storia che è costata all’ex onorevole l’accusa non solo di concorso esterno in associazione mafiosa, ma anche di tentata estorsione ha come protagonisti imprenditori a vario titolo impegnati nella scena pubblica del Comune di Aci Catena. Oltre a Nicotra, che del centro catenoto è stato sindaco in due occasioni, e al già citato Strano, anche la vittima della tentata estorsione è stato per un lungo periodo attivo nella politica locale. I fatti finiti nel mirino dei magistrati della Dda di Catania riguardano, tuttavia, vicende di natura privata.
Siamo nel 2012 e in ballo c’è la vendita di una casa realizzata dalla Erika. La trattativa, però, non va in porto, nonostante fosse stato già pagato un preliminare di vendita. A quel punto, alcuni individui – tra cui Giuseppe Rogazione, tra gli arrestati di oggi, e Mario Nicolosi, indagato – entrerebbero in gioco per fare pressione sul costruttore accusato di essersi accaparrato il denaro e di non volerlo restituire. L’interesse di Rogazione e Nicolosi sarebbe stato scaturito dalla parentela della potenziale acquirente a un uomo vicino alla famiglia mafiosa. Secondo i magistrati, a spingere affinché il costruttore desse indietro la somma sarebbero stati gli ex politici Nicotra e Strano. Anzi sarebbero stati proprio questi ultimi a «coinvolgere gli esponenti mafiosi», si legge nell’ordinanza. La vicenda va avanti senza arrivare a una soluzione, e così dalle parole si sarebbe passati agli avvertimenti sempre più pressanti, fino a sconfinare nelle aggressioni fisiche. Nell’estate 2014, Rogazione avrebbe fatto visita alla vittima, sottolineando il debito contratto nei confronti dell’impresa. I confronti tra i presunti uomini del clan e l’imprenditore si sarebbero ripetuti in luoghi pubblici tra le colline di Aci Castello e il territorio di Aci Catena. Uno di questi sarebbe avvenuto al confine con il territorio di Aci Sant’Antonio, in un chiosco molto frequentato: qui, come ricostruito dagli inquirenti nelle carte dell’inchiesta, Rogazione avrebbe schiaffeggiato la vittima, per poi andare via. Quel gesto sarebbe stato soltanto il primo atto di un’escalation di violenza, che avrebbe trovato il proprio culmine quasi due anni dopo.
L’8 febbraio dello scorso anno, l’imprenditore – oramai da tempo fuori dalla compagine societaria – viene aggredito a calci e pugni da tre persone mentre sta facendo rientro nella propria abitazione. L’aggressione, di cui è accusato Gabriele Privitera, gli causa un trauma cranico e maxillo-facciale, con una prognosi di trenta giorni. Il giorno dopo la vittima racconta ai carabinieri che quanto accadutogli la sera prima non sembrava una rapina: i malviventi, infatti, gli avrebbero detto di dare loro i soldi, senza però portargli via nulla. Né i mille euro che aveva con sé né il Rolex che portava al polso. Una settimana dopo, gli investigatori tornano ad ascoltarlo apprendendo dei dissidi che l’uomo aveva avuto con i soci e le relative – e reciproche – pretese economiche. In tali contrasti la figura di Pippo Nicotra, che avrebbe ospitato incontri anche nel cortile della propria abitazione, si sarebbe distinta in quanto l’ex deputato si sarebbe occupato direttamente delle questioni societarie della Erika srl al posto della moglie.
Tra le intimidazioni a carico della vittima della tentata estorsione avrebbe trovato posto anche il rinvenimento di un contenitore contenente oltre un chilo esplosivo, a pochi metri dall’abitazione. «Un involucro rudimentale dal diametro di circa venti centimetri,
avvolto con dello scotch da imballaggio, con una miccia artigianale della lunghezza
di circa sessanta centimetri», mettono a verbale i carabinieri. La notizia al tempo finisce anche sui giornali per poi essere presto dimenticata. Salvo poi saltare fuori oggi, con una rilevanza diversa: quella rappresentata dagli inquietanti sui presunti rapporti che l’ex parlamentare regionale avrebbe intrattenuto per anni con i referenti locali dei Santapaola-Ercolano. Rapporti che sarebbero andati oltre il sostegno elettorale e che gettano un’ombra sulle fortune – non solo politiche – di Raffaele Nicotra. Pippo, per gli amici.