«Rosario Crocetta subisce senza fiatare le incredibili penalizzazioni imposte da Roma». L'avvocato ed ex assessore regionale ai Beni culturali e al Bilancio ha avviato ufficialmente, ieri, un nuovo percorso politico. L'obiettivo è di «costruire un movimento nazionale che metta insieme i siciliani»
Armao lancia il movimento Sicilia nazione «Dobbiamo diventare uno Stato indipendente»
«La Sicilia deve diventare una nazione federata o uno Stato indipendente». Taglia corto Gaetano Armao, avvocato, già assessore regionale ai Beni culturali e al Bilancio, da qualche tempo impegnato a rilanciare i temi dell’autonomia siciliana. Adesso, però, l’autonomia sembra addirittura superata. L’idea di base è chiara già nel nome del movimento che proprio Armao ha lanciato ieri: Sicilia nazione. «Perché la Sicilia, nei fatti – dice – non è più una Regione a Statuto speciale».
Non è un’affermazione un po’ forte, avvocato?
«Purtroppo è un’amara verità. L’autonomia siciliana è stata il frutto di lotte autonomiste e indipendentiste. Non è stata una concessione dello Stato centrale italiano, ma una conquista del popolo siciliano. Negli anni subito successivi al secondo conflitto mondiale, in cambio dell’autonomia, la Sicilia ha rinunciato all’indipendenza. Oggi la riduzione delle competenze statutarie viola la natura pattizia dell’accordo tra la nostra Isola e lo Stato. E legittima la volontà di autodeterminazione dei siciliani».
In conferenza stampa avete detto che il vostro è l’inizio di un percorso.
«E lo ribadisco: quello che abbiamo presentato è un progetto che si arricchirà man mano che andremo avanti. Oggi presentiamo nove tesi per liberare la Sicilia da una forma di colonialismo. È l’inizio di un cammino. Partendo da queste idee forti contiamo di dare vita a una forza politica».
Che tipo di forza politica?
«Puntiamo a costruire un movimento nazionale che metta insieme i siciliani con l’obiettivo di realizzare forme avanzate di autogoverno. Contiamo di unire cittadini di diversi orientamenti culturali, ideali e politici. Dobbiamo dare ai siciliani l’orgoglio e la responsabilità di essere una nazione».
Nella storia dell’Autonomia siciliana quei pochi politici che hanno cercato di rilanciare i veri valori autonomistici sono stati sempre osteggiati da Roma, dalla mafia e, negli ultimi anni, da una certa antimafia. Non temete contraccolpi?
«Li abbiamo già messi nel conto. Ci attaccheranno. Anzi, ci stanno già attaccando. Perché diamo e daremo sempre più fastidio. Perché parleremo al cuore e all’intelligenza dei siciliani. Ma ci attaccheranno, soprattutto, per un altro motivo».
Ovvero?
«Ci attaccheranno perché hanno capito che in Sicilia l’atmosfera è cambiata. Fino a due, tre anni fa quando parlavamo di Sicilia indipendente ci prendevano per matti. La stessa esperienza di Raffaele Lombardo era imperniata sul rilancio dell’autonomia. Oggi non è più così. Oggi, quando parliamo di indipendenza della Sicilia la gente della nostra terra si incuriosisce. E molti ci stanno ad ascoltare. E’ cambiato il clima. Piano piano i siciliani vanno prendendo coscienza di due cose».
Cioè?
«In primo luogo hanno capito che lo Stato centrale del nostro Paese sta penalizzando la Sicilia. Su questo fronte, paradossalmente, il merito – mettiamola così – è dell’attuale presidente della Regione, Rosario Crocetta, che subisce senza fiatare le incredibili penalizzazioni imposte da Roma. Penso alla rinuncia ai contenziosi con lo Stato per circa quattro miliardi di euro. Un ricatto imposto a Crocetta che si è piegato, penalizzando la Sicilia. Un presidente che non è stato in grado di reagire nemmeno al successivo taglio di un miliardo circa di fondi Pac. Per non parlare di un assessore all’Economia, spedito in Sicilia da Renzi e da Delrio – parlo di Alessando Baccei – che ormai sostituisce Crocetta nelle decisioni più importanti. Il governatore della nostra Isola esce continuamente umiliato. Ma ancora più umiliati sono i siciliani, penalizzati dal Governo nazionale e da un presidente della Regione che non è in grado di difenderli».
E la seconda cosa?
«Il secondo elemento che oggi fa riflettere tanti siciliani è il cambiamento in corso in alcune aree dell’Europa. Mi riferisco ai catalani, che lottano per l’indipendenza. Ma anche agli scozzesi e ai corsi. In giro c’è tanta voglia di libertà, anche a causa di una gestione dell’Unione europea dove il rigore economico prevale su tutto il resto».
Però la Sicilia resta una terra di clientele. Nella quale, come ci ricorda Luigi Pirandello, ogni uomo è un’isola…
«Questo è vero. Ma Renzi e Crocetta hanno portato la Regione siciliana alla quasi bancarotta. Non lo dico io: l’ha più volte detto l’assessore Baccei, che anche su temi così delicati sostituisce Crocetta. È stato Baccei ad affermare che a maggio non ci saranno i soldi per pagare i dipendenti della Regione. Senza risorse finanziarie non si possono organizzare clientele su larga scala. Insomma, tutti i siciliani, davanti a un Governo nazionale che rapina la Sicilia, a un Governo regionale che subisce senza protestare e, soprattutto, davanti a una povertà dilagante saranno portati, giocoforza, a pensare a un’idea della politica diversa».
Lei ha citato i catalani. Ma in Catalogna si battono veramente per l’indipendenza.
«Ed è quello che faremo anche noi. Pensiamo a un movimento di indipendenza e di riscatto nazionale. Con al centro la Sicilia, il suo sviluppo e il benessere dei siciliani. Con un’unica pregiudiziale indiscutibile: la lotta alla mafia, organizzazione criminale che ha sfruttato il sottosviluppo economico e il bisogno di lavoro, schiacciando le speranze di tanti siciliani onesti. Su questo punto saremo inflessibili: tutti debbono sapere che la lotta per l’autodeterminazione della nazione siciliana è e sarà sempre di più alternativa alla criminalità mafiosa».