La procedura era stata già sospesa a novembre dello scorso anno, in attesa che il Tar esaminasse nel merito il ricorso di un'impresa. Tra i rilievi accolti la vaghezza sulla durata delle prestazioni, il numero di pasti e l'utilizzo delle cucine interne alle strutture
Annullata gara da 163 milioni per mense ospedali Bando poco chiaro, altro flop per la Centrale unica
Affidamenti dalla durata incerta, poca chiarezza sulla strumentazione da potere usare all’interno degli enti interessati e approssimazione sul numero di prestazioni. Sono solo alcune delle falle che il Tar di Palermo ha individuato nel bando da 163 milioni di euro per il servizio di ristorazione, comprese le mense per i dipendenti, nelle Aziende sanitarie siciliane. Il pronunciamento, arrivato a luglio, ha portato ieri la Centrale unica di committenza – la Consip della Regione – ad annullare la procedura che, già a novembre 2017, era stata sospesa in attesa che i giudici del tribunale amministrativo esaminassero nel merito il ricorso di una delle ditte interessate alla gara.
L’appalto, ripartito in sette lotti, riguardava «l’erogazione del servizio di ristorazione a ridotto impatto ambientale» nelle strutture sanitarie pubbliche. Colazioni, pranzi e cene per pazienti, medici e personale infermieristico da affidare a imprese capaci di fornire più ospedali per un periodo massimo di cinque anni, prorogabili di dodici mesi. A tanto ammontava la durata della convenzione che sarebbe stata stipulata tra il privato e il pubblico. Ciò però – stando ai giudici, che hanno condivisio i rilievi dell’impresa ricorrente – non avrebbe comunque dato garanzie in merito alle effettive forniture richieste. «La mera indicazione della durata della convenzione – si legge – non risulta probante in quanto essa non necessariamente corrisponde alla effettiva durata del servizio da svolgere ed eseguire in favore della singola Azienza (successivamente) aderente. La chiara formulazione della lex specialis evidenzia la sussistenza di una mera facoltà per le singole Aziende (anche ad ammetterla solo riferita al “quando”) di aderire alla convenzione medesima». In altre parole, il bando fissava un tempo massimo della prestazione senza dare indicazioni sulle reali esigenze e volontà delle singole Asp. «Nel bando non è inserita l’indicazione della scadenza dei rispettivi servizi di cui stanno usufruendo le singole Aziende alla data di indizione del bando», sottolineano i giudici, avallando così le osservazioni della ditta che nel ricorso ha sottolineato come la durata della prestazione avrebbe inciso in maniera determinante nella formulazione dell’offerta economica.
Ma le criticità del bando sarebbero state anche altre. Tra esse l’impossibilità di sapere in anticipo quali delle Aziende sanitarie avrebbero messo a disposizione le proprie cucine. «L’utilizzo delle cucine interne delle Aziende sanitarie, oltre a costituire un dato non certo, risulta per altro subordinato a una autorizzazione eventuale e futura da parte dell’Azienda stessa», segnalano i giudici, riprendendo anche un chiarimento della Centrale unica di committenza che sul punto aveva dichiarato che «la messa a disposizione delle cucine interne delle aziende sanitarie è facoltà delle aziende stesse; per tali informazioni si prega di contattare, per singolo lotto, tutti i referenti delle aziende di interesse». Altrettanta vaghezza si sarebbe registrata inoltre sulla quantità di pasti da assicurare a ogni struttura, con l’amministrazione regionale che si è limitata a fornire una tabella con indicazioni di massima per ciascun lotto.
Tutto ciò porta il tribunale amministrativo a confermare «l’impossibilità di formulare offerte economiche congrue rispetto all’importo posto a base d’asta» e a ordinare, di conseguenza, l’annullamento del bando. Un epilogo che la Centrale unica di committenza in questi anni ha imparato a conoscere, specialmente nell’ambito degli appalti riguardanti il mondo della sanità. L’ultimo caso si era verificato a fine maggio quando è stata annullata – anche in quel caso a causa della poca chiarezza del bando – la procedura da 92 milioni di euro riguardante il servizio di lavaggio e noleggio della biancheria usata negli ospedali.