Annamaria Palma, passata da indagatrice a indagata Tra tensioni e battutacce al processo sul depistaggio

«Cos’è, avvocato, Rischiatutto? Io non sto partecipando a un quiz». Sono commenti come questo che, malgrado i due giorni di distanza da quelle sette ore di esame fiume, non portano via quella strana sensazione. A rispondere così alla domanda di un avvocato di parte civile è Annamaria Palma, sentita a Caltanissetta al processo a carico di tre ex funzionari del gruppo Falcone-Borsellino. Viene ascoltata nelle vesti di teste indagata di reato connesso, per via della decisione della procura di Messina di aprire un fascicolo su di lei insieme al collega Carmelo Petralia per calunnia aggravata. Avvocata generale della corte d’appello di Palermo, Palma, è stata una dei magistrati che ha investigato sulla strage di via D’Amelio. 

Indagatrice nel passato, indagata oggi. Sono tanti i dettagli che ha ricordato e raccontato, in un esame sul quale fin dall’inizio è pesata la sua richiesta di togliersi il pensiero in un giorno solo, senza doverla citare di nuovo. E così è stato. Parla per sette ore intervallate solo da una breve pausa pranzo. Sette ore accompagnate, a tratti, non solo dai dettagli del caso, ma da commenti alle domande degli avvocati di parte civile o da ulteriori domande poste di rimando, da opinioni che getterebbero ombre su sentenze passate in giudicato, frecciatine e battutacce che non tutti hanno gradito. Sullo sfondo di una sicurezza quasi ostentata per tutto il tempo, fatta eccezione per una breve parentesi di pianto ripensando a quell’indagine a suo dire ingiusta nei suoi confronti.

Ma qualche commento forse di troppo le sfugge già durante la prima fase dell’esame, rispondendo alle domande del pubblico ministero Gabriele Paci, che le chiede conto e ragione di una nota a firma di Ilda Boccassini e Roberto Sajeva, all’epoca colleghi del suo stesso ufficio, in cui i due magistrati fanno un riferimento specifico all’attività di interrogatorio «da svolgere nel rispetto del codice di rito». Perché quella nota e quel dettaglio? «Insisto nel dire che io ho partecipato alla prima riunione di Dda a metà ottobre e Boccassini e Sajeva non c’erano, questo invito a muovermi con il codice non avevo bisogno di riceverlo, nessuno di noi ha mai svolto atti che non sono quelli che voi leggete e sono sempre state rispettate tutte le norme del codice. Io cado dalle nuvole, quest’affermazione la trovo offensiva verso questo ufficio – osserva -. Noi siamo stati già oggetto di pesanti accuse da parte degli avvocati degli imputati, che oggi siedono come parte civile». Un appunto che sembra quasi in più e che innesca immediatamente la reazione di uno di questi avvocati, Giuseppe Scozzola, difensore di parte civile di Gaetano Scotto: «Noi siamo stati calunniati», tuona in aula, in un impeto che fa cadere a terra la sua sedia dopo il suo scatto all’inpiedi. «Quegli imputati sono stati assolti», insiste il legale. «Questo è tutto da vedere – ribatte per tutta risposta Palma -, nessuno voleva offendere».

Ma il clima sembra ormai essersi guastato. Visto che le scintille non si fanno attendere nemmeno quando è il turno di un altro avvocato di parte civile, Rosalba Di Gregorio, difensore di Gaetano Murana, Giuseppe La Mattina e Cosimo Vernengo, che controesamina Palma per un’ora, chiedendole soprattutto delle conversazioni intercettate tra lei e Scarantino, oggi trascritte e depositate al processo sul depistaggio. «Stiamo parlando di una telefonata di 25 anni fa», risponde subito. Dopo ore a sviscerare dettagli, eccola la risposta di rito del «non ricordo perché è passato troppo tempo» già sentita innumerevoli volte dai testi che l’hanno preceduta, fatto salvo qualche rara eccezione. «Prendo atto della sua risposta», si limita a dire l’avvocata Di Gregorio. «Eh, non può fare altro, questa è la mia risposta, vorrei vedere lei messa qua a rispondere a una domanda di questo genere…», ribatte, ancora una volta, la dottoressa Palma, lasciando tutti interdetti.

E che ha portato la stessa avvocata, a fine giornata, a una lunga riflessione affidata ai social. «Richiesta perizia sulle intercettazioni a conclusione di udienza con urla e pure lacrime! Io non mi sono commossa e non ho urlato: ho visto già lacrime, nei processi della strage di via D’Amelio, sgorgare dagli occhi delle vittime della strage e del processo per la strage – scrive l’avvocata Di Gregorio -. Non ho gradito, certo, l’allusione della teste-indagata agli avvocati “che ora fanno le parti civili e prima assistevano gli imputati” (che sono sempre le stesse persone imputate e condannate allora e oggi parti offese del reato di calunnia), ma non ho ritenuto di dovervi dare peso. Perché non ne ha. Neppure gli attacchi, neanche velati, a Fiammetta sono sfuggiti, ma non bisognava dare ad essi importanza. Perché non ne ha». E l’allusione è allo sfogo di Annamaria Palma per sottolineare quanto, a suo dire, quell’indagine a suo carico sarebbe ingiusta, «una cosa che non riesco a tollerare, perché mi trovo nelle condizioni di dover esser attaccata dai famigliari di quel magistrato ucciso che io adoravo».

«E neppure era il caso di immorare sulle decine di argomenti e contestazioni che si potevano muovere alla stessa teste-indagata – scrive ancora l’avvocata Di Gregorio -, perché nelle udienze di questo processo gli imputati sono i tre uomini del gruppo Falcone-Borsellino e non altri. Non mi sono piaciuti per nulla gli attacchi e i riferimenti negativi continui all’avvocato Petronio e non solo perché non c’è più, non solo perché in vita ha sofferto per le accuse calunniose (sempre e anche oggi ripetute), ma anche perché, dopo la revisione dei processi, si potrebbe pure aver il buon garbo di non mostrarsi attaccati e affezionati ai vecchi argomenti demoliti nel crollo dei processi, delle indagini, dei falsi pentiti. Ma non ho reagito. Ho pensato che sarebbe ora, sarebbe tempo, sarebbe giusto che di ciò si occupi, duramente, il nostro Consiglio dell’Ordine». Un sollecito, quello dell’avvocata, che sembrerebbe essere stato prontamente raccolto da uno dei consiglieri.  


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