Il capogruppo di minoranza al consiglio comunale di Corleone ritorna sulla vicenda e annuncia di aver sottoposto la questione al sottosegretario agli Affari Esteri Manlio Di Stefano: «Lo stemma e la parola Corleone possono essere utilizzati solo se autorizzati dal Sindaco»
Ancora polemica sul ristorante di Lucia Riina Pascucci: «Il regolamento comunale è chiaro»
Non si placa la polemica sulla scritta «Corleone» che, la figlia dell’ex boss Totò Riina, Lucia, aveva deciso di mettere sull’insegna del suo nuovo ristorante di Parigi. Il locale venne inaugurato nei primi giorni del 2019, provocando una serie di dure reazioni e indignazioni. Proprio nei giorni scorsi ne avevamo ampiamente parlato sulle pagine del nostro giornale.
Ad intervenire, questa volta, è Maurizio Pascucci, capogruppo di minoranza al consiglio comunale di Corleone. «Il regolamento comunale è chiaro – dice Pascucci – all’art. 11 prevede, infatti, che lo Stemma e la parola Corleone si possono utilizzare previa autorizzazione del Sindaco. La richiesta deve essere fatta esplicitando la motivazione e le modalità di utilizzo».
«In questo caso – aggiunge l’esponente di minoranza – dobbiamo definire come una regola del Comune di Corleone possa essere recepita dal Comune di Parigi. Formalmente il Sindaco, anche con la nostra condivisione, ha chiesto al Presidente del Consiglio, al ministro dell’Interno e al ministro degli Affari Esteri di adoperarsi nei confronti dell’Ambasciata Italiana a Parigi».
Di fatto si rinnova la richiesta del Sindaco di Corleone, Nicolò Nicolosi, che annunciò l’invio, al Prefetto, di una lettera da indirizzare al nostro governo dove chiedeva «di essere aiutati a interloquire con le autorità francesi». E lo stesso Nicolosi era stato assolutamente perentorio: «Via il nome del Comune, non siamo più cosa loro». Ma in seguito alla dura polemica Lucia Riina decise di togliere il nome dal proprio ristorante: «Affinché non ci sia nessun malinteso, vi annuncio che ho deciso di ritirare il mio nome dall’insegna del ristorante e dalle pubblicità, anche se mi dispiace che la mia identità di pittrice e di donna venga negata».
«Mi sono attivato – conclude Pascucci – perché del caso si interessi anche il sottosegretario agli Affari Esteri Manlio Di Stefano, di origine siciliana». E la vicenda è destinata a non finire nel dimenticatoio ma, anzi, a rimanere sempre attuale. Attendiamo, senza alcun dubbio di smentita, altre prese di posizioni che, sicuramente, non tarderanno ad arrivare.