Amt, i giorni neri del trasporto pubblico etneo «Trenta autobus in strada sugli ottanta previsti»

«Su ottanta autobus previsti, ieri ne sono usciti dal deposito soltanto trenta». A tracciare un bilancio del venerdì nero dell’Azienda metropolitana trasporti etnea è il segretario di Fast-Confsal Giovanni Lo Schiavo. Una denuncia che arriva a pochi giorni da un’altra, quella relativa a mezzi definiti «infuocati» per i guasti relativi al climatizzatore, e che rischia di non essere l’ultima. A profilare un ulteriore aggravarsi del trasporto pubblico catanese sono i dati forniti dal sindacalista. «La linea 534 che porta alla Scogliera e arriva fino ad Aci Trezza strabordava, quella che arriva ai lidi della Playa ieri ha avuto a disposizione solo due mezzi mentre per il Brt la vettura disponibile è stata solo una», racconta Lo Schiavo. Una beffa che, secondo il segretario, ha come conseguenza l’abusivismo. Infatti «ho visto – dice – diversi catanesi che cercano di sostituirsi al servizio pubblico organizzando brevi viaggi dalla Stazione o da piazza Alcalà per Librino e la Playa a due euro». Il problema «politico e finanziario dell’azienda rischia di avere forti ripercussioni anche sul piano sociale», sostiene Lo Schiavo. 

Una delle conseguenze sociali profilate dalle sigle sindacali riguarda anche le tensioni che si creano tra gli utenti dei servizi Amt e gli autisti. «Le persone sono esasperate dalle lunghe attese e se la prendono con il personale», racconta Lo Schiavo. Senza contare i danni al turismo generati dalla riduzione delle corse che portano verso le mete più turistiche del territorio etneo raggiunte dai mezzi Amt, come il litorale della Playa da un lato e Ognina, la Scogliera, Aci Castello e Aci Trezza dall’altro. «Sono queste alcune delle linee più sacrificate anche se – continua il sindacalista – una situazione simile si registra anche verso destinazioni più interne come San Giovanni Galermo, Librino, Picanello e Barriera». E anche per la Cgil e la Cisl l’Amt «ha toccato i minimi storici di tutto il suo servizio». I segretari provinciali dei due sindacati – rispettivamente Alessandro Grasso e Mauro Torrisi – sostengono che la soppressione delle linee derivi da cause diverse che vanno dalla cattiva gestione della ditta ai guasti

E su quest’ultimo punto interviene il meccanico di un’officina che si occupa della manutenzione degli autobus Amt, che preferisce rimanere anonimo. «Lavoriamo a regime ridotto perché, a causa dell’assenza di pezzi di ricambio, non possiamo occuparci degli interventi sostanziali che richiedono le vetture», spiega il tecnico. «Possiamo riparare qualche freccia ma difficilmente riusciamo a intervenire sulle sospensioni delle gomme o sull’idroguida perché la ditta non ha i soldi per i pezzi», continua il meccanico. «È anche per questo motivo che le vetture si rompono in continuazione e che gli autisti non si prendono la responsabilità di portare fuori dal deposito autobus che non sono sicuri al cento per cento: in caso di incidente e di eventuali danni ai passeggeri la responsabilità – racconta Lo Schiavo – è del guidatore». «Catania non meritava di fare questa fine dal punto di vista del trasporto pubblico», conclude il sindacalista. Ragion per cui lui e il collega di Faisa-Cisal Aldo Moschella hanno richiesto l’intervento della prefettura per fare chiarezza sulla vicenda. 

La richiesta, intanto, è quella di un tavolo tecnico tra il Comune di Catania (socio unico dell’azienda), la Regione Siciliana, i vertici della società partecipata e le forze sociali. L’obiettivo ultimo è «la ristrutturazione della ditta, secondo un percorso di risanamento e – sostiene Moschella – l’attuazione di un serio piano industriale, quantomeno quinquennale». Per il sindacalista, d’accordo con il collega di Fast-Confsal, l’Azienda metropolitana trasporti etnea rischia «di fare una brutta fine per via di continue tensioni sociali: la crisi finanziaria della ditta ha ricadute molto negative sulle fasce più deboli della società catanese, dai poveri agli anziani». 

Cassandra Di Giacomo

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