Amministrative 2018, cinque capoluoghi siciliani al voto Centrodestra favorito, chance M5s a Siracusa e Ragusa

Obiettivo 40 per cento. Alle prossime amministrative del 10 giugno in almeno tre dei cinque capoluoghi chiamati alle urne i candidati del centrodestra ambiscono a chiuderla subito, superando quella soglia (introdotta dalla nuova legge regionale) che garantirebbe la vittoria al primo turno. Salvo Pogliese a Catania, Dino Bramanti a Messina ed Ezechia Reale a Siracusa coltivano la speranza di non doversi misurare con le forche caudine del ballottaggio. Vero e proprio spauracchio, considerato come nel recento passato, al secondo turno, i grandi favoriti siano stati spesso travolti dalle convergenze tra le restanti forze politiche. Più scontato appare il ricorso al ballottaggio negli altri due capoluoghi di provincia al voto: Trapani, dopo il terremoto politico-giudiziario che l’ha travolta un anno fa col conseguente commissariamento, e Ragusa, dove il sindaco uscente pentastellato non si ricandida e nel Movimento 5 stelle tira aria di tempesta. 

CATANIA
Ai piedi dell’Etna la lepre si chiama Salvo Pogliese. Il centrodestra, ritrovata la compattezza, ambisce a riconquistare la poltrona di Palazzo degli elefanti già al primo turno, schierando l’europarlamentare, regista delle liste di Forza Italia alle ultime Regionali. A differenza del 2013, la coalizione riabbraccia anche diverse anime centriste, negli ultimi cinque anni passate alla corte di Enzo Bianco. A sostegno di Pogliese ci saranno nove o dieci liste, a cominciare dai partiti: Forza Italia, Fratelli d’Italia, Udc, DiventeràBellissima. E anche la Lega, dopo un’iniziale, ma breve, fuga in avanti di Angelo Attaguile. L’unica defezione, di cui Pogliese non sarebbe affatto scontento, è quella di Riccardo Pellegrino, consigliere uscente di Forza Italia, indagato per voto di scambio politico mafioso per le ultime Regionali.

Decisamente più tribolato il percorso che ha portato il centrosinistra alla riconferma di Enzo Bianco. Niente simbolo del Partito democratico per il sindaco uscente: gli esponenti dem catanesi, in questo momento difficilmente conciliabili sotto lo stesso tetto, troveranno spazio in liste civiche, sei o sette. Conta di sparigliare le carte Emiliano Abramo, presidente della comunità di Sant’Egidio che non disdegna però interlocuzioni prettamente politiche. Al momento sembra caduto nel vuoto l’appello di Rosario Crocetta di unire le forze e creare un ticket Abramo-Bianco, con un passo indietro. C’è curiosità attorno alla performance del Movimento 5 stelle, che ha ufficializzato, dopo una lunga attesa, il 60enne Giovanni Grasso, maestro d’orchestra e insegnante all’istituto musicale Bellini, un passato a sinistra con Rita Borsellino. 

MESSINA
In riva allo Stretto è corsa a sette. Col centrodestra spaccato che vede ai nastri di partenza ben quattro candidati (Dino Bramanti, Cateno De Luca, la presidente del consiglio comunale Emilia Barrile e il capogruppo di Forza Italia Giuseppe Trischitta, con una lista civica); il centrosinistra – compresi Sicilia futura e Liberi e uguali – che punta tutto sul docente universitario Antonio Saitta; l’uscente Renato Accorinti e l’ex capo del Genio civile Gaetano Sciacca per il Movimento 5 stelle. 

La campagna elettorale sta vivendo soprattutto della rivalità tra Bramanti e De Luca. Il primo è il grande favorito: direttore scientifico dell’Irccs neurolesi Bonino-Pulejo e professore universitario a Medicina, invoca il modello Musumeci, piace allo stesso governatore e, per quanto si sforzi di delineare un progetto civico di centrodestra, non può prescindere dall’appoggio di Forza Italia che a Messina si identifica nella famiglia Genovese, cinque anni fa a sinistra, oggi dall’altra parte della barricata. Se Bramanti è la lepre, De Luca è il più convinto inseguitore. Il deputato regionale da settimane fa la corsa sul favorito medico. Alternando patti di pace a favore di telecamere, ad attacchi mirati – «Bramanti non vuole che si parli delle assunzioni all’Irccs», ha denunciato pochi giorni fa, ricevendo in cambio la promessa di una querela. De Luca – già sindaco di Fiumedinisi e Santa Teresa di Riva, più volte al centro di vicende giudiziarie ma finora sempre assolto, a novembre eletto deputato regionale – vive in perenne campagna elettorale. «Mia moglie mi dice: se non capitano, me le cerco – ammette – Di natura dormo tre ore a notte, ma nel periodo dell’approvazione della Finanziaria all’Ars son rimasto sveglio per dieci giorni». Da settimane conduce una campagna elettorale porta per porta, il numero dei comizi lo ha contato solo lui. «Ne ho tenuti 47 fino a ora – giura – ma alla fine del tour saranno 150, vado in tutti i quartieri e in tutti i villaggi. Al ballottaggio arriviamo io e Bramanti», aggiunge sicuro, convinto del fatto che il rivale avrà meno voti della sua coalizione, vera e propria armata con, quasi certamente, otto liste (all’inizio puntava a undici). 

Antonio Saitta per il centrosinistra e Gaetano Sciacca per il Movimento 5 stelle contano di spezzare il duello Bramanti-De Luca e si giocano serissime chance di arrivare al ballottaggio. Saitta ha un profilo di spessore riconosciuto anche dai suoi rivali: prorettore del locale ateneo con delega alle legalità, già candidato sindaco nel 2003, allievo dell’ex presidente della Corte costituzionale Gaetano Silvestri. Il Pd pesca ancora tra i docenti universitari, dunque, dopo l’elezione alle Camera del rettore Pietro Navarra e quella di Franco De Domenico all’Ars. La scelta del Movimento 5 stelle è caduta invece su un professionista molto noto in città, e apprezzato per la sua battaglia contro la speculazione edilizia, al punto che Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera ne prese pubblicamente le difese dopo che il governo Crocetta lo sollevò dall’incarico al Genio Civile. Missione complicata per l’ingegnere, considerato che il Movimento 5 stelle alle Amministrative di cinque anni fa si fermò sotto il tre per cento, non eleggendo neanche un consigliere comunale. Da allora è cambiato tutto, il 4 marzo alle Politiche i Cinque stelle hanno toccato il 45 per cento in città. «Nel 2013 – analizza il senatore Francesco Duva – abbiamo commesso molti errori, a cominciare dal fatto di non essere presenti nei quartieri con le liste. Stavolta abbiamo imparato, e alla forza del simbolo associamo un candidato sindaco noto, scelto per il bene che ha fatto alla città». 

SIRACUSA
Se a Messina i Cinque stelle non partono tra i favoriti, su Siracusa le attese crescono. Nel capoluogo della provincia da tempo baluardo grillino della regione più grillina d’Italia, Cancelleri e compagnia si giocano molto. In realtà a metà marzo si era palesato il rischio di avere tre liste a Cinque stelle, o quantomeno di ispirazione: Silvia Russoniello per Meetup Siracusa, Lucia Napoli per Meetup Archimede e Giovanni Napolitano per Amici di Beppe Grillo. Alla fine è rimasta solo la prima, mentre Napolitano, contrario alla linea ortodossa guidata dal deputato Stefano Zito, ha finito per appoggiare il leghista Ciccio Midolo. «Non sono mai esistite vere spaccature, Napolitano è tornato dagli Stati Uniti e non ha mai partecipato a un gruppo di lavoro, creando confusione», precisa Zito. Russoniello gestisce una sala ricevimenti e il suo profilo non ha convinto molti. I Cinque stelle, però, sperano di riequilibrare le cose con gli assessori designati, «un gruppo di professionisti molto forte e conosciutissimi, perché – dicono – amministrare non significa mettere un uomo solo al comando». 

Per la candidata pentastellata, le chance di giocarsela in un ipotetico doppio turno sono legate al risultato di Ezechia Paolo Reale, candidato del centrodestra quasi unito: Forza Italia, Fratelli d’Italia, Popolari e Autonomisti, Udc, ma anche l’ex deputato Vincenzo Vinciullo e pure Gianluca Scrofani, ex assessore della giunta Garozzo (Pd). Tutti con Reale. Fuori dalla grande ammucchiata rimangono Fabio Granata che correrà da solo col simbolo del movimento di Musumeci DiventeràBellissima, e il leghista Midolo. Un plotone di liste che, spera Reale, potranno spingerlo oltre il 40 per cento. In caso contrario finirebbe per affrontare un rischioso ballottaggio. 

Al secondo turno ambisce, oltre ai Cinque stelle, anche il candidato ufficiale del centrosinistra, Fabio Moschella. Dopo il no del Pd alla riconferma dell’uscente Garozzo e il passo indietro di quest’ultimo in favore del suo vice Francesco Italia (secondo alcuni in nome di un patto siglato già cinque anni fa), il centrosinistra si presenta spaccato, nonostante i tentativi di ricompattare il fronte siano proseguiti fino a ieri. Da una parte Moschella, imprenditore agricolo ed ex presidente del consorzio Limone Igp, che avrà il simbolo del Pd e l’appoggio dei big del partito locale: dal renziano Giovanni Cafeo all’eterno Gino Foti che, a 84 anni, schiera un movimento civico e conta, ancora una volta, di decidere le sorti di un’elezione. Italia, profilo stimato da più parti, rischia di pagare la debolezza del suo schieramento, ma il suo risultato  – così come quello di Giovanni Randazzo, proposto da Ortigia sostenibile – potrebbe essere determinante nella probabile sfida tra Moschella e i Cinque stelle per la seconda piazza.

RAGUSA
Lotta ancora più serrata a Ragusa dove ai nastri di partenza si presentano in sette e le possibilità che la partita si chiuda già il 10 giugno sono ridotte al lumicino. «È una tripla secca», sintetizza un vecchio attivista grillino deluso da questi cinque anni, mutuando il linguaggio delle scommesse su una partita dall’esito imprevedibile. Molto ruota attorno al Movimento 5 stelle. Seconda città d’Italia dopo Parma a eleggere, cinque anni fa, un primo cittadino grillino, la mancata ricandidatura di Federico Piccitto lascia ferite profonde dentro il Movimento. Che schiera Antonio Tringali, presidente del consiglio comunale e nel curriculum anche una vecchia candidatura nelle file del centrodestra (ma non eletto), benedetto da Giancarlo Cancelleri e da Luigi Di Maio, e sponsorizzato dalla neo deputata Stefania Campo. Quest’ultima si è presa la rivincita dopo che, quando era assessora comunale a Ragusa, era stata spinta alle dimissioni proprio da Piccitto per una vicenda legata al marito che si risolse poi in un nulla di fatto. Tringali, dunque, è il candidato che rappresenta gli oppositori interni a Piccitto e che non è gradito a tutta la base. 

Portandosi dietro queste lacerazioni, il Movimento 5 stelle affronta una prova difficile. «Sappiamo che queste elezioni – ammette un influente grillino ragusano – si portano dietro un dato politico rilevante. Siamo la prima amministrazione a cinque stelle in Sicilia che si ripresenta alle urne dopo aver lavorato cinque anni. Non arrivare al ballottaggio sarebbe molto pesante». Ma lo scenario frammentato che si è venuto a creare – con centrodestra e centrosinistra divisi ai nastri di partenza del 10 giugno – potrebbe ancora una volta favorire i Cinque stelle. «Col 18-19 per cento si arriva al ballottaggio, si può fare», analizza ancora la fonte pentastellata. Spera di sottrarre qualche voto al candidato grillino il docente Carmelo Ialacqua, di Città Futura, il cui progetto, solo nella prima fase, era stato sostenuto da tre ex assessori di Piccitto: Claudio Conti, Gianflavio Brafa e Giuseppe Dimartino.

Il Partito democratico ha scelto Peppe Calabrese, segretario del partito in città e consigliere uscente. Sostenuto anche dal’ex nemico Nello Di Pasquale, da oltre dieci anni al centro della politica ragusana, dai tempi della sindacatura col Pdl a quelli attuali nel Pd. Ma i voti a sinistra sono contesi anche da Giorgio Massari, di Ragusa Bene Comune, che ha il sostegno di buona parte dell’area cattolica e delle cooperative sociali. 

Non va meglio nel centrodestra: il consigliere uscente e imprenditore Maurizio Tumino ha il sostegno di Forza Italia. Almeno di quella palermitana. Investito del simbolo da Gianfranco Miccichè, sembra non godere però dell’appoggio degli uomini forti del partito sul territorio, a cominciare dall’ex senatore Giovanni Mauro e da Antonino Minardo. In questo contesto prende quota e trova appoggi importanti la candidatura di Giuseppe Cassì, sportivo popolare in città, ex capitano della Virtus Ragusa basket in A2. Unico volto nuovo di questa campagna elettorale, si presenta alla guida di una coalizione civica di ispirazione di centrodestra ma che conta sull’appoggio di uomini di partito, come lo stesso Minardo e l’ex assessore comunale Ciccio Barone. Nonché dell’ex candidato sindaco del centrodestra Franco Antoci. Nella stessa area politica cerca di pescare anche Sonia Migliore, consigliera comunale uscente, settima candidata a sindaco. 

TRAPANI
Non ci sono più Girolamo Fazio né Antonino D’Alì. E anche il Partito democratico ha deciso di cambiare: via Piero Savona, dentro Giacomo Tranchida, ex sindaco di Erice. Rispetto a un anno fa a Trapani è cambiato tutto. Gli strascichi del terremoto giudiziario che ha portato all’arresto di Fazio e alla richiesta di soggiorno obbligatorio per D’Alì si fanno ancora sentire, in una città da sempre a forte trazione di centrodestra. 

Oggi, dopo un lungo travaglio interno, la coalizione che ha governato la città negli ultimi 18 anni ha scelto Vito Galluffo, avvocato penalista, legale di molti uomini di Cosa nostra trapanese, da ultimo impegnato anche nel processo per l’uccisione di Mauro Rostagno, a proposito del quale il legale ha sempre dichiarato che «la mafia non c’entra». Galluffo avrà il sostegno di Forza Italia, Popolari e Autonomisti, DiventeràBellissima, Psi, e altre liste civiche. Un fronte compatto a eccezione della Lega che dovrebbe optare per Bartolo Giglio. 

Unito il centrosinistra nella scelta di Tranchida, ex primo cittadino di Valderice e di Erice, che potrà contare sull’appoggio di otto liste, in uno scontro che si preannuncia molto equilibrato con Galluffo. E in cui spera di inserirsi il Movimento 5 stelle che ha scelto Giuseppe Mazzonello, architetto e segretario personale del senatore Vincenzo Santangelo. Infine ai nastri di partenza del 10 giugno ci sarà anche Peppe Bologna, ex editore di Tele Scirocco.


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