Il tribunale di Palermo ha condannato l’Inail al pagamento della rendita di 200mila euro a cui aveva originariamente diritto già dal 2007 la vedova dell’ex macchinista delle Ferrovie dello Stato, Vincenzo Sabato, morto di mesotelioma pleurico per l’esposizione all’amianto. Ma la giustizia per Giuseppa Consiglio è arrivata troppo tardi perché è deceduta l’anno scorso, e ora l’Inail dovrà devolvere la cifra ai cinque figli della vittima. Sin dal 2015, la donna aveva cercato di ottenere giustizia per il marito che aveva lavorato in Ferrovie per oltre trent’anni. «Proprio tra i dipendenti delle Ferrovie si riscontrano casi maggiori di patologie asbesto correlate, come il mesotelioma – dicono dall’Osservatorio Nazionale Amianto – una delle attività lavorative a maggior rischio di esposizione alla fibra killer. Nel settore ferroviario, infatti, sin dalle locomotive a vapore, l’amianto è stato presente in guarnizioni e rivestimenti. Poi dalla metà degli anni ‘50 è iniziata la coibentazione con amianto sui nuovi rotabili, allargata in seguito a tutte le 8000 carrozze circolanti. Questa – specificano dall’Ona – fu interrotta negli anni ’90, con la messa al bando del pericoloso cancerogeno, e la bonifica è stata poi completata all’inizio degli anni 2000».
Nell’ultimo rapporto ReNaM dell’Inail, giunto alla sua settima edizione, si contano circa 160 casi, di cui quasi 70 tra i macchinisti. Tra le vittime inconsapevoli c’è anche il palermitano Vincenzo Sabato, come riconosce la sentenza del tribunale: «Si può affermare – si legge nel documento – che la patologia (mesotelioma pleurico) che ha portato al decesso riconosce la sua origine nell’esposizione lavorativa alle fibre di amianto presenti nei locomotori da lui condotti nei circa 30 anni di dipendenza dalle Ferrovie dello Stato». Una sentenza che non lascia spazio ad alcun dubbio sulle cause che hanno portato al decesso del macchinista palermitano. «Le FS hanno utilizzato amianto in modo abnorme nonostante si conoscessero già le sue capacità lesive per la salute umana – denuncia l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale della famiglia Sabato – Solo in seguito alle numerose condanne, hanno avviato un tardivo processo di bonifica. Ora però occorre risarcire i danni alle vittime e ai loro familiari. Quando la giustizia arriva tardi è una vittoria a metà – sottolinea il legale dell’Ona – perché, nonostante il risultato, nessuno potrà restituire ai figli un padre, in questo caso anche una madre che per lunghi anni ha atteso il riconoscimento di un diritto».
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