Alla Sicilia serve un’Autonomia ‘leggera’

Ci si doveva pur arrivare ,anche perché, diciamolo senza peli sulla lingua, la misura è colma: l’Autonomia regionale siciliana, un valore da difendere, alla fine è stata strumento per la più vergognosa operazione dispersione di risorse della millenaria storia della Sicilia. Ed il tutto a scapito delle aspettative dei Siciliani e delle nuove generazioni in particolare.

Ormai è un coro, contro l’Autonomia. Ma indignarsi per le denunce di Francesco Merlo, per la verità non del tutto informate, o per la colta riflessione di Salvatore Settis senza pensare ai tanti scheletri che riempiono gli armadi di chi ha saccheggiato questa Regione è operazione poco giusta, utile solo a coprire chi andrebbe additato all’opinione pubblica siciliana come responsabile di avere negato il futuro ad una terra che, ben governata, avrebbe potuto soddisfare la fame di sviluppo delle sue genti.

Altro, dunque, che complotto ordito contro la Regione, meglio ancora, contro la Sicilia e i Siciliani, altro che ‘ascari’ o servi del centralismo romano! Il succo di quelle denunce tratta di verità innegabili, di atti e fatti che scandiscono indelebilmente la storia, negativa, della nostra terra che dovrebbero indurre a puntare il dito vindice nei confronti di chi ha amministrato la Sicilia, ma anche sugli strumenti che hanno permesso tutto questo.

Assumendoci tutte le responsabilità dell’affermazione, diciamo che questo tipo di Autonomia – concepita in termini antagonistici rispetto allo Stato, sciolta da ogni controllo – non ha funzionato, né può funzionare.

È necessaria una rivisitazione dello Statuto, di mutarne la filosofia di fondo che lo anima. La formula che proponiamo: Autonomia sì, ma strumentale alla crescita economico e sociale della Sicilia. Di un’Autonomia autoreferenziale, di un piccolo Stato, la Sicilia e i Siciliani, non hanno bisogno.

Basta, dunque, con gli orpelli spagnoleschi e liturgie procedurali che segnano l’Autonomia. Basta con la Regione apparato, vergognosamente saturata da un ceto burocratico arrogante e spesso incompetente. Basta con la Regione dei ‘Palazzi’, ricettacolo di inefficienza e perfino di corruzione. Basta tutto questo, a favore di una Regione leggera, strumento di programmazione che si limiti a indicare le linee generali lasciando la fase attuativa agli Enti locali.

Un’Autonomia, dunque, che ci restituisca una Regione nuova e capace di dialogare con la comunità siciliana senza divenire, come purtroppo fino ad ora è stata, ostacolo reale alla democrazia. Ma, anche, una Regione che si muova, come avrebbe voluto un vero autonomista qual era Mario Mineo, in stretta collaborazione con lo Stato e, oggi, con la stessa Unione Europea, riferimento imprescindibile in un mondo globale.

La nuova Assemblea regionale, proprio per salvare l’Autonomia, dovrebbe allora, immediatamente, e responsabilmente, porre al primo punto del proprio ordine del giorno la riforma dello Statuto per renderlo, secondo le linee indicate, funzionale agli obiettivi di crescita reale della Sicilia, mettendo da parte rivendicazioni e risentimenti, spesso alimentati strumentalmente, che appartengono ad un triste passato archiviato dalla storia.

 


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