Dopo l'interrogazione del gruppo di Sinistra italiana, firmata per primo dal vicepresidente della commissione nazionale antimafia, arriva il rifiuto da parte del ministero: nessun commissario sarà inviato a Catania. Le parentele dei consiglieri, secondo il ministro, «non costituiscono elemento» per un'analisi degli atti
Alfano a Fava sull’ombra della mafia in Consiglio «Non serve nessuna commissione di accesso»
«A oggi non sussistono elementi che possano consentire l’accesso di una commissione ispettiva al Comune di Catania». A dirlo è il ministro dell’Interno Angelino Alfano che risponde a un’interrogazione presentata dal gruppo parlamentare di Sinistra italiana. Le verifiche effettuate su 45 consiglieri comunali e 78 rappresentanti di circoscrizione, compresi i loro familiari – spiega il ministro – hanno consentito di confermare che «un consigliere comunale e uno circoscrizionale hanno legami di parentela con alcuni soggetti legati a famiglie mafiose». Entrambi però «non sono interessati da procedimenti che ne impediscono l’attività» o che costituiscono elemento per inviare i commissari da Roma. «Assicuro comunque che l’attività di osservazione – conclude Alfano – non verrà certo a esaurirsi e verrà riferito ogni elemento che possa far cambiare la valutazione».
La risposta arriva durante il question time alla Camera, dopo l’intervento del vicepresidente della commissione nazionale antimafia Claudio Fava che – ripercorrendo la vicenda delle probabili infiltrazioni della malavita nel senato cittadino di Catania – cita nuovamente i nomi dei consiglieri che destano la preoccupazione dell’Antimafia siciliana. «La relazione documenta, tra gli altri, il caso del consigliere comunale di Forza italia Riccardo Pellegrino, fratello di Gaetano Pellegrino, uomo di spiccato rilievo criminale all’interno del clan mafioso dei Mazzei». Si parla inoltre del «caso del presidente della sesta circoscrizione Lorenzo Leone, aderente al raggruppamento Articolo 4 nella coalizione di centrosinistra, fratello di Gaetano Leone, appartenente dal gruppo di Cosa Nostra dei Santapaola e già condannato con sentenza irrevocabile per associazione mafiosa».
Dalla relazione – continua il deputato catanese – si evince come le aree di maggior consenso elettorale per i due consiglieri «coincidano con le aree di conclamata influenza dei gruppi mafiosi a cui aderiscono i fratelli dei consiglieri (il quartiere San Cristoforo per Pellegrino, il quartiere Librino per Leone)». Per questo motivo, e per spiegare il contenuto dell’ormai celebre telefonata con l’imprenditore ed editore Mario Ciancio Sanfilippo, il 16 gennaio 2016 il sindaco Enzo Bianco era stato ascoltato dall’Antimafia nazionale. Non soddisfatto dalle risposte della politica etnea, Fava aveva chiesto alla prefetta di Catania, Maria Guia Federico, di valutare l’opportunità di nominare una commissione d’accesso al comune di Catania, in modo da poter verificare se la permanenza dei consiglieri citati dall’Ars all’interno di Palazzo degli elefanti potesse in qualche modo influenzare l’andamento dell’attività amministrativa.
Dopo due mesi, la prefettura ha risposto di voler convocare una riunione tecnica di coordinamento e un monitoraggio «sulle situazioni parentali di tutti i componenti del Consiglio comunale e dei Consigli circoscrizionali di Catania». Passati quattro mesi – denuncia l’interrogazione – «non risulta alcun risultato del lavoro di controllo predisposto dalla prefettura né risulta alcuna iniziativa per predisporre un accesso agli atti del Comune di Catania». Cosa che, secondo Alfano, non è necessaria.