Aggressione omofoba a Palermo, il coordinatore del Pride: «Non è un problema di gioventù deviata, ma di cultura»

Accerchiati e picchiati da 12 aggressori in pieno centro a Palermo, vicino al teatro Massimo. La disavventura vissuta da un gruppo di sei persone, vittime di un’aggressione a sfondo omofobo, con tanto di minacce di morte se avessero osato denunciare l’accaduto alle autorità. «Hanno osato rispondere “e allora” – dice a MeridioNews Luigi Carollo, coordinatore del Palermo Pride – Ma come? Un frocio se si sente chiamare frocio si deve scantare e basta! Questo significa che Palermo ha un problema di gioventù, che è tutta esaltata e tutta omofoba? È chiaro che non è così. La questione è molto più grande del fatto in sé ed è molto più grande di Palermo».

Questa è «una gigantesca notizia che attraversa tutta Italia» continua Carollo, che non punta il dito. «Non palermitanizziamo la vicenda, non è così. Se al posto di questo gruppo di persone gay metti un gruppo di donne, una donna da sola, un gruppo di disabili, il risultato non cambia. E non è una peculiarità palermitana, è italiana e ha tante cause. Una è quella di avere chiuso in casa una generazione durante il lockdown: le cronache dopo la riapertura pullulano di ragazzi che si davano appuntamento sui social per menarsi. Abbiamo un serio problema: capire cosa sia uno spazio sicuro e l’idea che questo debba corrispondere alle esigenze di un cittadino maschio, eterosessuale, bianco. Loro devono sentirsi al sicuro, chiunque minaccia la loro sicurezza, anche solo con la propria diversità va riportato all’ordine. Capita con le donne, capita con le persone gay, che hanno la stessa colpa, quella di non essere maschi abbastanza».

Espressione di un disagio non sono solo i ragazzi che hanno compiuto l’aggressione, al momento ricercati dalle forze dell’ordine, ma anche chi ha visto ma non è intervenuto. «E questo succede a Palermo, a Roma, a Milano e sempre con le stesse caratteristiche: le persone filmano e nessuno interviene. E anche chi filma in fondo condivide la visione di questi altri: che le strade appartengano a chi ha un privilegio di nascita – conclude il coordinatore del Pride – Non c’è una deriva palermitana, a meno che non vogliamo credere alla vulgata della movida o prendercela con l’amministrazione. In questo caso è il dibattito generale che manda un messaggio in cui il tema è costantemente che lo spazio pubblico è del maschio certificato, che deve costantemente ricordare il suo essere maschio, etero».


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