Un agente di polizia penitenziaria è stato aggredito da un gruppo di detenuti nel carcere di Siracusa. Trasportato d’urgenza al Pronto soccorso dell’ospedale Umberto I, l’agente ha riportato ferite al volto e danni all’orecchio e al timpano. Oltre a vaste ecchimosi su tutto il corpo. La denuncia dell’episodio A denunciare l’episodio dell’agente di polizia penitenziaria aggredito […]
Agente aggredito con le gambe dei tavoli in carcere da un gruppo di detenuti: «Pestaggio organizzato»
Un agente di polizia penitenziaria è stato aggredito da un gruppo di detenuti nel carcere di Siracusa. Trasportato d’urgenza al Pronto soccorso dell’ospedale Umberto I, l’agente ha riportato ferite al volto e danni all’orecchio e al timpano. Oltre a vaste ecchimosi su tutto il corpo.
La denuncia dell’episodio
A denunciare l’episodio dell’agente di polizia penitenziaria aggredito nel carcere di Siracusa è stato Salvino Marino, il delegato nazionale della confederazione sindacati penitenziari. L’episodio è avvenuto ieri pomeriggio. «Un vero e proprio pestaggio organizzato, una violenza inaudita che non può più essere tollerata», denuncia Marino. Secondo quanto è stato ricostruito finora, l’aggressione sarebbe avvenuta nel reparto blocco 10. Una sezione che ospita detenuti spesso allontanati da altri istituti per motivi di ordine e sicurezza.
L’agente aggredito con le gambe dei tavoli in carcere

Durante le operazioni di ingresso nell’infermeria, sarebbero stati circa otto i detenuti, tra italiani e stranieri, a circondare l’agente. Per colpirlo avrebbero utilizzato le gambe di legno dei tavoli. «Il collega, che si trovava da solo a gestire un blocco di tre piani – spiega il sindacalista – è stato prima oggetto di invettive da parte di un detenuto e poi sopraffatto dal gruppo. Non hanno smesso finché non lo hanno ridotto a terra», ricostruisce Merino. Il sindacato ha chiesto al capo del dipartimento, Stefano Carmine De Michele, un intervento immediato. In particolare «il trasferimento fuori regione dei soggetti violenti responsabili dell’aggressione e una riorganizzazione del lavoro che garantisca l’incolumità fisica di chi serve lo Stato. Non possiamo accettare – conclude Salvino Marino – che i nostri agenti entrino in servizio senza sapere se ne usciranno vivi o integri».