Foto di Dario De Luca

«L’agenda di Borsellino consegnata a Tinebra»: il giorno dopo la strage, l’appunto negli uffici della polizia di Palermo


Strage e depistaggio. Un fascicolo aperto contro ignoti, ma nell’ambito del quale – questa mattina – si sono svolte perquisizioni tra Caltanissetta e Catania, nei luoghi frequentati da Giovanni Tinebra, magistrato responsabile delle indagini subito dopo la strage di Via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Morto nel 2017, il ruolo di Tinebra nella gestione delle investigazioni e, soprattutto, dei collaboratori di giustizia legati al caso è sotto il faro da anni. Adesso, l’ipotesi al vaglio è la presenza di una loggia massonica coperta a Nicosia, nell’Ennese, di cui avrebbe fatto parte anche Tinebra, che lì era in servizio tra il 1969 e il 1992, anno della strage. Un’ipotesi suggerita «dall’analisi delle dichiarazioni rese nel corso degli anni da alcuni collaboratori di giustizia, insieme alla rilettura degli esiti di procedimenti penali anche di altri distretti», spiegano oggi dalla procura di Caltanissetta.

In particolare, a portare alle perquisizioni di oggi sarebbero i racconti del pentito Gioacchino Pennino, che nel 1998 faceva riferimento alla «nascita del Terzo Oriente», specificando come questa loggia nascesse sulle ceneri della P2, per associare quanti, ricoprendo ruoli chiave, non potevano apertamente dirsi massoni ma sarebbero comunque stati utili alla creazione di un organismo capace di gestire il potere oltre i partiti e il governo. Secondo i racconti di Pennino, a parlare al collaboratore di questa loggia segreta sarebbero stati Giuseppe Lisotta, medico e cugino dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, e anche Antonino Schifaudo, entrambi – sempre nel resoconto di Pennino – associati al Terzo Oriente, condividendo l’appartenenza al Terzo Oriente, avrebbero fatto alcuni nomi di persone affiliate. In particolare: «Cinà Antonino, medico di cui ha parlato dettagliatamente in altri verbali, l’imprenditore Buscemi e altre persone».

Inoltre, nell’ambito di una attività di indagine svolta dalla procura di Napoli alla fine degli anni ‘90, è stato interrogato il collaboratore di giustizia Angelo Siino che ha ricostruito in maniera dettagliata i suoi rapporti con Salvatore Spinello, massone già in rapporti con il palermitano Giuseppe Mandalari, condannato per associazione mafiosa, presentatogli da Francesco Salamone. Nel ripercorrere i suoi rapporti con Spinello, Siino ha ricordato che era presentato quale massone intenzionato a creare «una super loggia massonica segreta nella quale potessero confluire esponenti politici di rilievo della imprenditoria e della criminalità organizzala in modo da creare rapporti di reciproca convenienza» e con grande capacità di infiltrazione negli apparati pubblici. Nell’indagine della procura partenopea sono stati raccolti diversi dialoghi che avrebbero consentivano di delineare il progetto di Spinello finalizzato a riunire sotto la sua direzione più logge sparse per il Paese.

Un’iniziativa preannunciata molti anni prima di cui avrebbe discusso nel corso di una conversazione telefonica con Giuliano Di Bernardo, gran maestro della loggia regolare d’Italia). Nell’esporgli i suoi propositi, Spinello avrebbe ripercorso i suoi passati rapporti con Mandalari e, nello stesso dialogo, avrebbe fatto un primo esplicito riferimento alle logge siciliane soffermandosi su quella di Nicosia sottolineando la presenza al suo interno di un «personaggio estremamente in auge ….che é in una posizione di grande rispetto, di grande eh, di grande giurisdizione». In un’altra conversazione, facendo riferimento agli aderenti alla sua obbedienza, Spinella avrebbe detto che «Tinebra è dei nostri anche lui, era della loggia di Nicosia …io naturalmente quando vado là, non vado pubblicamente ad abbracciarlo, perché non voglio comprometterlo».

Inoltre, è stato accertato che Giovanni Tinebra avrebbe rivestito un ruolo di vertice nel club Kiwanis di Nicosia, un’organizzazione indicata come vicina alla massoneria. Conferma di questo sarebbe arrivata, a più riprese, nel corso delle recenti sommarie informazioni rese da Giuliano Di Bernardo, già gran maestro del Grande Oriente d’Italia. Sentito l’8 novembre del 2024, avrebbe confermato la forte assonanza tra i club Kiwanis e la massoneria, specificando che poteva divenire più pregnante in dinamiche strettamente locali: «Sono a conoscenza del fatto che ci sono stati rapporti molto forti tra i club Kiwanis e logge massoniche; tra di essi si era venuta a creare una intesa molto forte in diverse regioni in Italia tra cui anche in Sicilia – dice Di Bernardo – nel senso che tra gli appartenenti a detti clubs vi erano anche soggetti massoni. Trattasi di rapporti che, pur non incidendo su dinamiche nazionali, nelle dinamiche locali possono aver una grandissima rilevanza».

Sentito dalla commissione parlamentare antimafia il 24 gennaio del 2017, il Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia Fabio Venzi ha sollevato il tema dei rapporti tra massoneria e club come il Kiwanis, il Rotary, il Lions: «Una cosa che accade spesso è che gli iscritti alla massoneria alla libera muratoria, sono contemporaneamente iscritti ad altre forme associative. Parlo del Rotary, dei Lions, dei Kiwanis. In queste occasioni i massoni di varie obbedienze – ed è l’unico posto dove avviene – si incontrano. Quindi, sarebbe ancora più interessante, secondo me – ha aggiunto – analizzare queste realtà, perché sono le uniche realtà all’interno delle quali la massoneria irregolare e regolare va a incontrarsi. Spesso, quindi, i presentatori incontrano i presentati all’interno del Rotary o del Kiwanis. Molti iscritti alla massoneria ne sono presidenti». Dunque, anche se l’appartenenza a questi club, di per sé, non comporta una automatica appartenenza alla massoneria, spesso i massoni possiedono una doppia iscrizione: alle logge e a queste associazioni. Grazie alla frequentazione di questi club sarebbero in grado di stabilire i rapporti con i fratelli che non appartengono alla massoneria regolare in un ambito formalmente legittimo.

Per questo, «al fine di lumeggiare il contesto in cui si collocarono l’oramai accertato depistaggio sulla strage di Via D’Amelio e la “sparizione” dell’agenda rossa appartenuta in vita a Paolo Borsellino, sono state disposte le perquisizioni nei luoghi all’epoca nella disponibilità di Tinebra». E, su questo, è stato acquisito agli atti del procedimento un appunto datato 20 luglio 1992 a firma di Arnaldo La Barbera, rinvenuto negli archivi della squadra mobile di Palermo in cui si legge: «In data odierna, alle 12, viene consegnato al dottor Tinebra, uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle e una agenda appartenenti al giudice Borsellino». Un appunto privo di qualsiasi sottoscrizione per ricevuta di quanto indicato da parte di Tinebra e che non era mai stato trasmesso nell’ambito delle indagini per la strage di via D’Amelio, né La Barbera ne aveva mai fatto menzione nel corso delle sue escussioni.

Gli accertamenti, però, non hanno consentito di verificare che questa consegna sia effettivamente avvenuta nelle mani di Giovanni Tinebra, né che l’agenda in questione fosse effettivamente l’agenda rossa e non altra agenda appartenuta a Borsellino poi effettivamente ritrovata. Nel corso delle perquisizioni, però, è stata acquisita della documentazione che al vaglio dell’autorità giudiziaria. «Non può sottacersi che, in ogni caso, tale borsa sarebbe pervenuta nella disponibilità di La Barbera il 19 luglio sera e, secondo la su indicata nota, sarebbe stata consegnata nella tarda mattinata del 20 luglio 1992, con la conseguenza che La Barbera avrebbe avuto tutto il tempo di prelevare o estrarre copia della più volte citata agenda rossa».


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