Dopo il nostro articolo con le osservazioni sul bilancio 2012 della Sac e le risposte dell'ad Gaetano Mancini, l'analisi sul futuro dello scalo etneo continua con Giuseppe Ursino, portavoce del Tavolo. Un'apertura alla privatizzazione, «ma non in stanze chiuse e al fine di mettere fine alla voracità della politica e diventare hub del Mediterraneo». Restano molti ostacoli da superare, come la disattenzione delle Ferrovie per l'allungamento della pista e la guerra dentro la Camera di Commercio, che «fino a quando sarà commissariata farà sempre ordinaria amministrazione»
Aeroporto, interviene Il Tavolo per le imprese «Ok ai privati, ma con massima trasparenza»
La possibilità di privatizzare l’aeroporto, il ruolo delle Ferrovie e della Camera di Commercio, le prospettive future di Fontanarossa. Sulle osservazioni sollevate da CTzen in merito alla gestione economica della Sac, a cui ha risposto Gaetano Mancini, amministratore delegato della società che gestisce lo scalo, interviene Giuseppe Ursino, del Tavolo per le imprese.
Di fronte alle difficoltà economiche, amplificate dall’annus horribilis che è stato il 2012 con la cessazione delle attività di Wind Jet e la chiusura per un mese della pista, si riaffaccia puntualmente il discorso sulla vendita a privati di Fontanarossa. Occasione di sviluppo per il territorio o di arricchimento per i privati? Il Tavolo per le imprese apre ad una privatizzazione, «per mettere fine alla voracità del passato quando la politica, attraverso gli enti locali soci della Sac, finiva per influenzare, anche attraverso assunzioni clientelari e probabilmente altro, la governance dell’aeroporto», spiega Ursino. Dunque un sì parziale alla vendita ma «non discutendone in stanze chiuse» e con paletti precisi, «affinché lo scalo sia uno dei volani della ripresa della città: bisogna volare alto – sottolinea – e puntare a diventare hub del Mediterraneo, con voli diretti per fare più leva turistica attraverso accordi con vettori internazionali». Questo permetterebbe, secondo il Tavolo, di superare «il problema enorme rappresentato da un ‘Alitalia focalizzata su Fiumicino e Malpensa».
Il pubblico d’altronde, anche in caso di privatizzazione, manterrebbe una funzione di controllo, trattandosi di una concessione governativa. Ma quanto vale Fontanarossa? Difficile quantificarlo. Di una cosa, però, Ursino è certo: «Più la gara sarà libera, più il valore aumenterà: se ci sono molti concorrenti il prezzo sale, se ce n’è uno solo rimane basso. Il traffico aeroportuale è in crescita in tutto il mondo». Il discorso sulla privatizzazione passa anche dalla guerra interna che si sta consumando nella Camera di Commercio, uno dei soci della Sac. «Nei fatti il blocco della governance della Camera di commercio ferma tutto. Fino a quando c’è un commissario e non un organo eletto, si farà soltanto mera amministrazione. E la vendita della quota nella Sac non è certo una questione ordinaria».
L’altro fattore che ha pesato a lungo negativamente, secondo il Tavolo, è stato il ruolo delle Ferrovie dello Stato. In particolare in relazione all’allungamento della pista di Fontanarossa, necessariamente subordinata all’eliminazione dei binari. «Fs per molto tempo sono state distratte e non sinergiche con l’aeroporto su questo argomento. Non solo non hanno investito, ma con la loro inazione hanno bloccato anche lo sviluppo della logistica aeroportuale. Ora finalmente qualcosa sembra muoversi».
Parlare di Ferrovie porta l’analisi anche a Confindustria, di cui Fs fanno parte. Secondo Ursino l’associazione degli industriali «avrebbe potuto giocare un ruolo di motivatore per far collaborare le Ferrovie, ma non l’ha svolto bene. D’altra parte – riflette – dentro Confindustria oggi confluiscono anche Eni ed Enel. Da qui i dubbi. «Così l’associazione non rischia di rappresentare più gli nteressi dell’economia pubblica che il resto? Chi dovrebbe smuovere le cose? Chi fa gli interessi del territorio?», si chiede Ursino.
Il modello italiano a cui guardare è Venezia. «E’ il terzo aeroporto del Paese, una public company in un territorio che funziona, dove nessuno ha un’influenza determinante nella governance. Qui invece si pensa solo a rubare, al saccheggio. Nel nord-est non è così, da loro – conclude – abbiamo molto da imparare».