Una circolare emanata a gennaio da un ufficio del ministero dell'Interno vieta all'avvocato che assiste chi denuncia di accedere al rimborso di quanto anticipato. E con effetto retroattivo. «Fare i conti con le proprie tasche potrebbe scoraggiare la denuncia»
Addiopizzo, a rischio la liquidazione delle spese legali «Un attacco al diritto delle vittime a essere difese»
«Pertanto, ad avviso dell’avvocatura, pare corretto negare il pagamento da parte del fondo degli importi vantati dagli avvocati distrattari: le spese liquidate dal giudice possono, dunque, essere corrisposte solo alle vittime e agli enti in presenza dei requisiti di accesso al fondo». Recita così, a pagina sette di otto, la circolare emanata a gennaio dall’Ufficio per le attività del commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, del ministero dell’Interno. Una circolare che affronta da vicino alcune «questioni interpretative» sulla legge 512 del 1999, modificata dalla legge 122/2016, seguita dai pareri dell’avvocatura dello Stato.
Una di queste questioni riguarda, appunto, le spese legali da corrispondere agli avvocati che accompagnano nel percorso di denuncia le vittime di estorsione. Avvocati antistatari, che dichiarano cioè di aver assistito il proprio cliente senza aver riscosso gli onorari e anticipando le spese del giudizio. Un fatto, secondo Alice Grassi, figlia dell’imprenditore ucciso da Cosa nostra 28 anni fa, «molto grave» che rischia di «fare diminuire ulteriormente le denunce», facendoci «tornare indietro di almeno 20 anni». Visto che, non è un segreto, ancora oggi chi si piega al racket del pizzo, per paura o convenienza, c’è. «La ratio della legge era chiara a tutti – spiegano i volontari di Addiopizzo -, garantire alle vittime un supporto processuale gratuito per stimolare la denuncia di condizionamenti mafiosi e di fenomeni estorsivi». Una base consolidata nel tempo che adesso questa circolare rischia di minare gravemente, snaturando lo spirito alla base della legge stessa.
La legge 512/99 prevede da un lato i risarcimenti riconosciuti in sede legale per le vittime che si riconoscono parte civile. Risarcimento che viene liquidato dallo Stato proprio in virtù di questa legge. La stessa che prevede l’assistenza processuale per le vittime di mafia ed estorsione; significa che quando si celebra un processo a margine, il giudice oltre a stabilire il risarcimento stabilisce anche le spese legali delle parti civili. Quindi, attraverso questa legge, l’assistenza processuale è gratuita e assicurata dallo Stato. A conclusione del processo, l’avvocato può chiedere la cosiddetta distrazione, cioè il fondo può liquidare le spese direttamente all’avvocato senza transitare dalla vittima, del resto sono spese legali. Con questa circolare superano la questione della distrazione, ma non è questo il problema, perché fin lì sono disquisizioni giuridiche e tecniche. Il problema si crea su processi già conclusi in cui i giudici hanno già riconosciuto le distrazioni, dal momento che la circolare ha effetto retroattivo.
«È stato dato un colpo di spugna all’attività di supporto processuale svolta dagli avvocati che hanno assistito negli ultimi anni e in molti processi decine di vittime di mafia ed estorsione», spiega ancora Addiopizzo, in una nota pubblicata nei giorni scorsi. Quanto messo nero su bianco dalla circolare dei mesi scorsi, infatti, ha avuto un effetto immediato, coinvolgendo quindi non solo i futuri processi che scaturiranno da nuove denunce, ma su processi già avviati e in corso. «A molte di queste vittime – spiegano ancora i volontari – non saranno più riconosciute dallo Stato le spese legali, così come invece è previsto dalla legge 512/99 e benché tali spese siano state stabilite da giudici in sentenze emesse da tribunali di questo Paese. Per questo riteniamo che chi governa debba porre immediatamente rimedio a tale grave fatto. Diversamente, in occasione di anniversari come quello di oggi, sarebbe più coerente tacere e risparmiarsi prese di posizione che, stando così le cose, risultano sterili e prive di significato».
Oltre a motivazioni «tratte dalle norme civilistiche», per citare la circolare, a portare a questa drastica modifica sarebbe stata anche la considerazione per cui sono «legittimati a presentare la predetta istanza solo ed esclusivamente i soggetti che, al termine di un processo in cui si sono costituiti parte civile, abbiano ottenuto in loro favore una sentenza che condanna i soggetti imputati» al risarcimento dei danni e/o al rimborso delle spese legali. «Ne consegue, dunque, che non potrà invece vantare analogo diritto il difensore di tali soggetti che, in veste di mero legale degli stessi, non può certamente farsi rientrare nel chiaro elenco tassativo dei soggetti cui l’art. 4 riconosce l’accesso al fondo», si legge ancora. Una nuova interpretazione senza la quale, per il commissario firmatario della circolare, «si andrebbe in tal modo a svuotare di ogni significato una norma che, al contrario, dettando un elenco tassativo e preciso, mira a consentire l’accesso ai soli soggetti aventi i requisiti espressamente richiamati, escludendone tutti gli altri». Ma in che modo una simile modifica influirà sul meccanismo di denuncia da parte delle vittime di estorsione?
«Una circolare che, di fatto, modifica a gamba tesa una legge e che viene fatta valere retroattivamente per il passato, per istanze già in possesso del Ministero e istruite dalle varie prefetture – spiega l’avvocato Salvo Caradonna, membro attivo del Comitato Addiopizzo -. Circolare fondata, tra le altre cose, su un parere non vincolante dell’avvocatura dello Stato, che si è espresso sulla base di valutazioni giuridiche non corrette e interpretando distorsivamente la legge 512/99 che prevede questo beneficio». In pratica è come se il ministero stesse dicendo che siccome il rimborso delle spese legali spetta alla persona offesa e non all’avvocato, se è quest’ultimo a chiederlo in virtù del fatto di non aver anticipo nulla (il meccanismo del gratuito patrocinio), non può accedere al fondo, cosa consentita solo alla persona offesa. Ma perché la vittima, che di fatto materialmente non ha uscito un soldo per costituirsi parte civile e affrontare il processo, dovrebbe avere diretto accesso al rimborso di spese mai sostenute e anticipate, appunto, dal legale che l’ha assistito? Finora, le ha infatti sempre chieste l’avvocato. La circolare modifica questo passaggio, «senza nessun apparente motivo, che non si riesce a desumere neppure leggendo il documento stesso, che così stravolge decenni di applicazione pacifica».
In poco meno di un anno, questa circolare ha cassato decine e decine di istanze di accesso al fondo per processi già conclusi, in virtù del suo effetto retroattivo. «Così si dà un colpo serio all’assistenza delle vittime – torna a dire l’avvocato Caradonna -, portando alle estreme conseguenze questo discorso, significa che le vittime stesse dovrebbero anticipare gli onorari agli avvocati. Le associazioni antiracket non lavorano così e mai lo faranno, lavorano in maniera del tutto gratuita. Quegli onorari, intanto, non vengono stabiliti tra legale e cliente, ma dal giudice, che condanna l’estorsore e quantifica le spese legali. Non è una questione di semplice onorario, il ministero sta mettendo a rischio un baluardo che era una conquista nello Stato di diritto». Un fatto a suo dire gravissimo, rispetto al quale adesso ci si aspetta modifiche immediate, perché l’assistenza legale gratuita rimanga la grande e preziosa conquista che è stata finora.
«Hanno cambiato le carte in tavola senza nessuna concertazione – insiste l’avvocato Caradonna -, il sistema ha sempre funzionato. Queste spese devono comunque essere riconosciute, non sono somme che possono essere trattenute. Tutto questo espone il ministero a ricorsi in cui sarà ovviamente soccombente, oltre a quello che può suscitare in una vittima che ci penserà molto di più, così, se costituirsi parte civile o meno. Molti responsabili che chiedono il pizzo risultano nullatenenti, motivo per cui lo Stato ha costituito quel fondo per garantire i risarcimenti alle vittime. Quelle che adesso dovranno farsi i conti con le proprie tasche per poter sostenere o meno le spese per essere difesi. Non è assurdo?».