Che bello, ragazzi, ci siamo giocati anche il risparmio delle "librette postali" postali, come li chiamano gli anziani del sud. Con la privatizzazione il risparmio dei meridionali raccolto dagli uffici postali verra' investito chissa' dove. Una fregatura per tutti i comuni italiani
Addio alle Poste italiane: verranno ‘inghiottite’ dalle banche sotto tutela tedesca
CHE BELLO, RAGAZZI, CI SIAMO GIOCATI ANCHE IL RISPARMIO DELLE “LIBRETTE POSTALI” POSTALI, COME LI CHIAMANO GLI ANZIANI DEL SUD. CON LA PRIVATIZZAZIONE IL RISPARMIO DEI MERIDIONALI RACCOLTO DAGLI UFFICI POSTALI VERRA’ INVESTITO CHISSA’ DOVE. UNA FREGATURA PER TUTTI I COMUNI ITALIANI
Olli Rehn è venuto in Italia la scorsa settimana ed ha avuto parole di apprezzamento per l’azione del Governo di Enrico Letta, ma ha accennato, en passant, che occorre procedere alle privatizzazioni per completare il percorso riformatore, di risanamento e di rilancio dell’economia italiana. Il messaggio è stato immediatamente accolto e Letta è passato subito all’azione avviando la privatizzazione l’azienda delle Poste, tanto per iniziare il processo indicato dal responsabile tedesco dell’economia europea.
Questa volta la privatizzazione di una azienda pubblica riguarderebbe soltanto il 40 per cento del capitale sociale, conservando il controllo pubblico sull’azienda. L’operazione, in sostanza, è di tipo meramente finanziario e magari nel mercato troverà qualche avventuriero che investirà nelle Poste Italiane non tanto per gestire il servizio, quanto per utilizzare il risparmio degli italiani accantonato presso questa azienda storica italiana. Risparmi, in maggioranza di italiani del Sud, che, solitamente, va a costituire la scorta statale per alimentare la Cassa Depositi e Prestiti.
Quest’organismo è preposto da sempre ad attivare linee di credito agli enti locali italiani. Ebbene, con la privatizzazione, seppure parziale, dell’azienda delle Poste questo meccanismo creditizio sarà anch’esso sotto tutela privatistica. O meglio tedesca. Di fatto, stiamo cedendo, senza colpo ferire, ‘pezzi’ portanti del nostro Paese a un ‘sistema’ che fa comunque capo alla Germania: e siamo tutti ‘felici’!
Non è difficile prevedere che, dal momento della privatizzazione a seguire, vedremo lievitare i tassi d’interesse a carico dei Comuni del nostro Paese perché chi investirà il suo capitale nell’operazione pretenderà un margine di lucro non di certo ininfluente.
Proseguendo nella politica di sfruttamento dei margini di autonomia finanziaria dei Comuni e conseguentemente aumentando il carico fiscale sui cittadini, com’è avvenuto con la mini Imu a causa delle maggiorazioni apportate dai Comuni ai massimali delle aliquote fissate dalla legge. D’altra parte, gli enti locali devono, pur assicurare i servizi essenziali ai cittadini da loro amministrati, trovare una scappatoia: così aumentano imposte e tasse.
Queste privatizzazioni ormai abbiamo imparato a conoscerle: servono soltanto ad assicurare cespiti di lucro al capitale avventuriero che c’è in giro per il mondo, il quale, appena ricavato quanto è nel suo interesse immediato, manda tutto all’aria com’è avvenuto con Telecom e con Alitalia. Non foss’altro che per il fatto che le operazioni finanziarie hanno visioni miopi, vedono cioè a breve distanza, e non sono disponibili a gestioni di lungo periodo, per le conseguenze che questo comporta. Anche perché il capitale finanziario non ha le competenze culturali per esercitare la gestione imprenditoriale prolungata nel tempo, né la visione ampia del mercato. Il capitale finanziario ha un’ottica commisurata agli interessi di ambienti tecnici e ristretti. In pratica, ci stiamo giocando le Poste italiane, ma facciamo finta di nulla.
Qual è la maggiore incongruenza della gestione politica del Governo Letta? Da un lato regala (la parola non è azzardata, purtroppo è realistica) miliardi di euro alle banche – la trance di questi giorni è di 7,5 miliardi di euro – e poi vende magari alle stesse banche una quota di capitale di Poste Italiane, probabilmente da queste acquistata con le regalie governative. Una vergogna!
Questo è purtroppo il quadro che ci si presenta anche come prospettiva, né possiamo pensare che il Parlamento su queste tendenze abbia una qualche riserva e possibilmente ne inverta la tendenza. Non va trascurato il dato che il Parlamento delle grandi (o piccole) intese ha votato il Fiscal Compact e la modifica dell’articolo 81 della Costituzione, con l’introduzione del principio costituzionale del pareggio di bilancio. Ce l’ha imposto la signora Merkel e l’abbiamo immediatamente adottato.
Né possiamo aspettarci niente di diverso dai partiti maggiori, perché questi sono decisamente orientati a perseguire politiche neo-liberiste nonostante i guai – vedi crisi internazionali – che questa idea economica ha procurato nel recente passato ed ancora ci tiene dentro, con scarse possibilità di uscita a breve.
Questo è dunque l’ennesimo episodio di malgoverno. Governo che aiuta le banche mentre aumenta la disoccupazione, e non manifesta nessun progetto di rilancio dell’economia produttiva: le aziende continuano a chiudere e a fallire. Questo Governo conferma la nostra convinzione che abbiamo sintetizzato nella formula Letta-Alfano-Bilderberg.