Acqua pubblica: dalla Liguria un esempio da imitare per raggiungere quest’obiettivo anche in Sicilia

LA SENTENZA DI UN GIUDICE DI PACE APRE UNA MAGLIA NEL SISTEMA DI POTERE DEI PRIVATI

Forse si è aperto uno spiraglio per cominciare a creare qualche problema al sistema di potere che, in Sicilia, gestisce l’acqua. Si tratta dei privati che si sono impossessati di questo settore con la connivenza della politica. Compreso l’attuale Governo regionale. Ora c’è la possibilità di spezzare questo sistema truffaldino.

Il grimaldello per provare a spezzare le gambe ai privati che in Sicilia si sono impossessati dell’acqua pubblica arriva dalla Liguria. La storia la racconta il sito Attac Genova.

“Dopo una lunga battaglia legale durata un anno presso l’ufficio del giudice di pace di Chiavari – leggiamo nel sito – possiamo finalmente gioire della vittoria di Elisabetta, che ha preteso da Idrotigullio la restituzione del 22% della sua bolletta, la quota di profitto che attualmente (e illecitamente) ancora paghiamo a valle del referendum del 2011, contestata anche dalla campagna nazionale di Obbedienza civile del Forum dei Movimenti per l’Acqua”.

“La sentenza – leggiamo sempre nel sito – oltre a ribadire più volte il valore legislativo, troppo spesso dimenticato, dell’istituto referendario riconosce anche all’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, autorità che ha prodotto il nuovo sistema tariffario che subdolamente aggira il referendum (per questo denominato “taruffa”, cioè tariffa-truffa), un limitato potere amministrativo, comunque subordinato all’esito referendario”.

“Se ne ricordino anche i nostri sindaci – prosegue l’articolo pubblicato da Attac Genova – che da tempo oppongono al Forum dei Movimenti per l’Acqua le scuse più impensabili per non riconoscere l’esito referendario, in un gioco delle tre carte tra Conferenza dei Sindaci, gestore e Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas che a più di due anni dal referendum ha davvero passato ogni limite. E’ bene ribadire a questi signori che questa di Elisabetta era solo una causa pilota, ma ora viene il bello: non ci fermeremo fino a quando non verrà avviato un serio processo di ripubblicizzazione che cominci con la totale ed immediata eliminazione di ogni forma di profitto dall’acqua”.

“Non ci hanno fermati i professionisti dello studio Acquarone, uno degli studi legali più famosi e importanti di Genova – si legge ancora su Attac Genova -: su di essi hanno avuto la meglio il coraggio di Elisabetta, un atto di citazione messo assieme sulle mailing list facendo tesoro dell’esperienza di persone che hanno lottato una vita, un avvocato patrocinante, Rino Tortorelli, anche lui militante nel Comitato acqua pubblica, il sostegno del Movimento Consumatori, ma soprattutto le centinaia di persone che hanno partecipato ai vari flash mob ed espresso solidarietà ad Elisabetta nei modi e nelle forme più diverse”.

“Questa è la nostra forza – conclude l’articolo – tante gocce d’acqua che formano un fiume impetuoso. E non ci fermeremo davanti a nulla”.

Firmato: “Comitati Acqua Pubblica Genova e Tigullio, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua”.

Sull’esempio di questa signora, alla quale il giudice di Pace ha dato ragione, in Liguria tantissimi cittadini si stanno muovendo per avere riconosciuto lo stesso diritto. Togliendo ai privati la possibilità di lucrare sull’acqua, beh, questi ultimi non hanno più convenienza a gestire il settore idrico. Così facendo i cittadini – e non la politica italiana, troppo ladra e troppo mafiosa per potere assicurare ai cittadini il riconoscimento di un diritto sancito da un esito referendario – si riappropriano di un bene che solo un Governo di ‘banditi’ e un Parlamento di ‘nominati’ hanno potuto regalare ai privati (non senza un ‘ritorno’ per gli stessi politici).

Che dovrebbero fare i siciliani che si battono per il ritorno all’acqua pubblica? Oltre a fare quello che stanno facendo – ovvero una battaglia a Sala d’Ercole, sede del Parlamento dell’Isola, pur sapendo che la politica siciliana non dà alcuna garanzia a chi si batte per l’acqua pubblica (basti pensare al voltafaccia del presidente della Regione, Rosario Crocetta: in campagna elettorale era per l’acqua pubblica, oggi invece difende le ragioni dei privati) – dovrebbero presentare una richiesta identica a quella avanzata dalla signora ligure a tutti i privati che gestiscono l’acqua in Sicilia.

Ovviamente, una sentenza del giudice di Pace non si applica alla Sicilia. Ma se tutte le associazioni che nella nostra Isola si battono per l’acqua pubblica, coinvolgendo migliaia e migliaia di cittadini, avanzeranno la richiesta di restituzione della percentuale sulla bolletta che costituisce la quota di profitto che attualmente (e illecitamente) in Sicilia paghiamo, ebbene, si creerebbe il caso.

I privati, ovviamente, direbbero “no”. In forza del pronunciamento del giudice di Pace di Chiavari, la vicenda potrebbe finire sui tavoli della Giustizia. Non è improbabile che quello che, in due anni, non ha voluto fare la politica siciliana potrebbe essere ottenuto in forza di una sentenza.

Questo, lo ribadiamo, non intaccherebbe il percorso legislativo in atto all’Ars. Potrebbe anticiparlo. O migliorarlo nel caso in cui Sala d’Ercole dovesse pervenire ad una legge truffaldina che salvaguardarebbe i privati e i mafiosi (ipotesi tutt’altro che improbabile: anzi…).

Ricordiamoci che in Sicilia il ritorno all’acqua pubblica è un obiettivo difficile perché i politici sono dentro le società private, avendo anche promosso l’assunzione di personale a ruota libera.

Noi abbiamo aperto il dibattito. La parola ai protagonisti del Movimento che si batte per il ritorno all’acqua pubblica in Sicilia.

 


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