Acireale, in sette mesi 197mila euro per il consiglio A pesare i rimborsi e lo stop alla spending review

Strumento fondamentale dell’azione politica o mezzo per tirare su lo stipendio, le commissioni consiliari continuano a far discutereDopo il caso gettonopoli ad Agrigento, il dibattito si è acceso anche ad Acireale dove il Movimento 5 Stelle ha pubblicato un report in cui si sottolinea che «tra luglio 2014 e gennaio 2015 solo per le sedute di commissione il Comune ha sborsato circa 197mila 254 euro». Osservazioni, peraltro, in linea con quanto precedentemente espresso dall’Osservatorio sull’azione amministrativa del Partito Democratico, che ricorda come nel caso dei politici acesi «l’importo del singolo gettone è di 63,79 euro, mentre il minimo previsto dalla legge è 50,42 euro».

Cifre che per molti cittadini, abituati ormai a sentir parlare di crisi degli enti locali, sono poco accettabili, specialmente a fronte di un’attività politica che in molti casi parrebbe pianificata al fine di garantire il raggiungimento del maggior numero possibile di sedute retribuibili. Il tetto massimo in tal senso è di 26 sedute, frutto delle disposizioni che la Regione Sicilia con il decreto presidenziale 19 del 2001 ha stabilito fissando a un terzo dell’indennità del sindaco l’ammontare dei compensi percepibili da un consigliere. Limite peraltro superiore a quello previsto dal Tuel (Testo unico degli enti locali) in cui il rapporto tra consiglieri e primo citttadino è di 1 a 4.

E se tale soglia per diversi consiglieri significa che «fare tante sedute, consapevoli che non saranno retribuite, è prova di attaccamento all’impegno che ci siamo assunti davanti ai cittadini», va detto che essa non influisce in alcun modo sui rimborsi che, per legge, spettano ai datori di lavoro: in questo caso, infatti, tutte le sedute danno diritto a un risarcimento in favore dell’azienda presso cui il consigliere lavora.

La questione della spesa pubblica, in relazione alle indennità di funzione, era stata affrontata dall’amministrazione Barbagallo già nei mesi scorsi. A fine settembre, il consulente economico, Salvo Nicotra, presentando le misure di spending review interna, rese noto che tra i tanti tagli previsti ci sarebbe stato anche quello riguardante le commissioni consiliari, che non avrebbero più potuto superare un tetto massimo di quattro sedute settimanali, e la soppressione della figura del segretario. Misure che, a detta del consulente, avrebbero garantito all’ente un risparmio di circa 160mila euro all’anno, ma che a oggi non hanno trovato applicazione, complice il mancato passaggio in consiglio comunale della proposta di delibera.

Interpellato sul ritardo, Nicotra ha chiosato: «Abbiamo indicato le soluzioni condivise dalla giunta, dopodiché spetta al consiglio, organo sovrano, approvarle». Più loquace invece il presidente del consiglio comunale, Rosario Raneri: «Non c’è alcuna resistenza da parte del consiglio comunale – dichiara – ma solo un rallentamento in attesa delle novità da parte della Regione, dove è in discussione la modifica dello status dei consiglieri comunali». Il riferimento di Raneri va ai tagli previsti dalla finanziaria a cui sta lavorando l’assessore regionale all’Economia, Alessandro Baccei, e che dovrebbero prevedere per i consiglieri non più il riferimento all’indennità del sindaco ma a quella degli assessori. 

«La legge modificherà probabilmente anche l’aspetto economico – continua il presidente del consiglio comunale acese – e questo ha condizionato i tempi. Ciò nonostante è pronta una delibera, la cui discussione è già in calendario, che in attesa della legge regionale stralcia la parte riguardante lo status dei consiglieri, apportando però alcune modifiche del regolamento comunale che si rifletteranno sull’organizzazione dei lavori delle commissioni consiliari».

Rimanendo in tema di spending review, la giunta comunale negli scorsi mesi fu oggetto di qualche critica dopo la marcia indietro sul taglio delle proprie indennità: meno di un anno fa, infatti, in piena campagna elettorale, Barbagallo aveva promesso che in caso di elezione sindaco e assessori avrebbero rinunciato al 50 per cento dei compensi. Ipotesi successivamente accantonata perché – a detta del consulente economico – gli amministratori «non avevano ancora capito quanto contenute sarebbero state le indennità».


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