Acireale, chiesto lo stato di calamità  «Argini Lavinaio-Platani da ridefinire»

Acireale chiederà lo stato di calamità naturale per riparare i danni causati a ottobre e novembre dalle piogge, che furono accompagnate da due diverse allerte meteo. La decisione è stata presa dal sindaco Roberto Barbagallo al termine dell’incontro tenuto con i tecnici nazionali e regionali della protezione civile. In un primo momento la possibilità di avanzare la richiesta era stata esclusa dallo stesso Barbagallo. Che ha poi cambiato idea aggregandosi alle città di Catania, Riposto e Aci Castello. La domanda di accesso ai fondi del Governo e della Regione, dovrebbe finanziare il progetto di messa in sicurezza del torrente Lavinaio-Platani. Opera per cui sono già in programma altri progetti, per 2,5 milioni di euro. 

Il torrente si ingrossa con le piogge. «Nel suo letto confluisce tutta l’acqua piovana proveniente dai Comuni sovrastanti», spiegano dal Comune acese. L’effetto è un’onda di piena che rompe spesso gli argini, in punti ormai noti. «La manutenzione ordinaria, ovvero la pulizia del letto dai detriti, è stata compiuta». Ma si tratta di una contromisura provvisoria e non risolutiva. «Bisogna ridefinire gli argini del torrente ma – continuano dal Comune – l’intervento è troppo costoso per le sole casse del Comune». Difficoltà che motivano la richiesta di aiuto economico avanzata alle istituzioni. 

Il Comune di Acireale ha però già portato avanti altre iniziative, che interessano diversi lavori ritenuti necessari per mettere in sicurezza il corso del torrente. Il primo è il progetto per la creazione di una vasca, a monte del torrente, che serva come serbatoio per accumulare le acque in caso di piogge. Così da non fare ingrossare la portata. «Il finanziamento è di 1,5 milioni di euro ma prima di passare alla fase operativa va bandita la gara». Che da giugno «è ferma all’ufficio regionale per l’espletamento delle gare d’appalto – spiegano dal Comune – e non è possibile avere tempi certi». Il secondo progetto è la demolizione di alcune case «che si trovano a Capo Mulini, proprio sulla foce del Lavinaio-Platani». I residenti si oppongono all’esproprio e all’abbattimento. «Ma non c’è altra scelta – concludono dalla sede comunale – Verificheremo la regolarità delle costruzioni e procederemo all’esproprio, anche se sarebbe meglio arrivare a un concordato». Questo intervento costerà all’amministrazione un milione di euro.

Durante il sopralluogo della protezione civile sono state verificate anche le condizioni del torrente Peschiera, della zona della Timpa – in cui si è verificata una frana, vicino la frazione di Santa Tecla – e della parte bassa di Capo Mulini. Si è inoltre tornato a discutere dei danni causati dalla tromba d’aria del novembre 2014. «Purtroppo ci hanno fatto capire – dice il sindaco Barbagallo – che dalla loro (intende la protezione civile, ndr) relazione non emergerebbero criticità tanto importanti da ottenere il riconoscimento (dei fondi legati alla proclamazione dello stato di calamità, ndr). Continuo a credere che la politica non abbia fatto la propria parte come avrebbe dovuto». In quell’occasione, tre milioni per riparare i danni – stimati in spese per 10 milioni – arrivarono dalla Regione. A riguardo, tuttavia, finora il Comune ha presentato solo sei progetti – per 1,3 milioni di euro – di cui due hanno ottenuto il decreto di finanziamento


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