Ancora 30 giorni di tempo per cercare di salvare il progetto affidato al Comune dal ministero dell'Interno. La cooperativa che lo gestisce dovrà trovare alloggio in tempi brevi per cinque richiedenti asilo. La settimana scorsa era già stata individuata una struttura privata da dieci posti
A. S. Antonio, nuova proroga della Curia allo Sprar Luoghi comuni cerca spazi alternativi per migranti
Ancora 30 giorni di tempo e di speranza. La Diocesi di Acireale ha concesso un nuovo mese di proroga in merito allo sfratto dello Sprar di Aci Sant’Antonio, progetto al momento ospitato dalla Casa dei giovani. La struttura di piazza Baden Powell è di proprietà della Curia acese, che però da oltre un anno – anche a seguito di una controversia legale con la coop Luoghi comuni – ha deciso di disimpegnarsi, dopo averla concessa in comodato gratuito nel triennio 2014-2016. La decisione del vescovo Antonino Raspanti fornisce alla coop la possibilità di individuare una sistemazione alternativa per i 15 richiedenti asilo attualmente coinvolti nel progetto, accordato dal ministero dell’Interno al Comune anche per il periodo 2017-2019, con un finanziamento da circa 300mila euro l’anno. Fondi che l’amministrazione comunale potrebbe perdere, se Luoghi comuni non riuscirà a trasferire altrove tutti i migranti. La proroga scadrà il 14 giugno.
Martedì scorso la cooperativa ha comunicato al sindaco Santo Caruso di aver trovato un alloggio per dieci persone, una struttura privata per la quale è già stato firmato un pre-contratto di locazione. A questo punto, per scongiurare l’emergenza, sarà necessario trovare sistemazione per gli altri cinque uomini coinvolti nelle attività dello Sprar. Successivamente Luoghi comuni dovrà individuare spazi per 29 persone, il numero massimo di ospiti autorizzato dal Viminale.
A fine marzo anche la prefetta Silvana Riccio era intervenuta nella questione. Nel corso di un incontro con il primo cittadino tenutosi in via Minoriti, Riccio aveva disposto una prima proroga dello sfratto intentato dalla Diocesi di Acireale. Il quadro generale del progetto rimane tuttavia comunque complicato. I dipendenti della cooperativa sono in arretrato di 12 stipendi, mentre i richiedenti asilo – che provengono da Mali, Guinea, Senegal, Benin, Gambia, Pakistan, Bangladesh e Nigeria – non ricevono da quattro mesi il pocket money, un gettone da due euro al giorno per le piccole spese già previsto in origine.