A Rosolini c’è un contadino custode della biodiversità  «La grande distribuzione ha omologato varietà e gusti»

Nelle campagne di Rosolini c’è un contadino custode di biodiversità che preserva le antiche
colture locali dall’estinzione. «Sono sempre alla ricerca di varietà autoctone – spiega a MeridioNews Gian Luca Pannocchietti, agricoltore 40enne a cui si illuminano gli occhi ogni volta che
comincia a parlare delle sue piante – L’anno scorso, un massaro si è commosso quando mi
ha visto prelevare marze di chiricupara, una varietà di mandorla nostrana molto dolce e resistente
alle gelate, perché non le innesta più nessuno». 

Per Pannocchietti, l’amore per la terra è un’eredità familiare. «Prima i miei nonni, poi mio padre e anche mio zio – racconta – mi hanno insegnato a sentire la terra e a rispettarne i cicli naturali». Il recupero delle varietà
antiche inizia dodici anni fa, quando il giovane coltivatore si rende conto che la grande
distribuzione ha omologato gusti e sapori
. «Se la Sicilia offre numerose varietà ortofrutticole,
perché dovremmo mangiarne solo alcune?», si chiede.
È a partire da questa riflessione che, insieme all’amico Nicola Agosta, mette sù l’impresa agricola Valle del Tellaro Bio, secondo i principi della sostenibilità ambientale e del
risparmio idrico. Su tredici ettari di terreno, i due amici rivalorizzano
varietà autoctone e sementi

Tra le piante recuperate dalla tradizione locale ci sono: azzeruoli,
albicocche maioline, chiricupare, cavoli vecchi di Rosolini, semi di sommacco, raeli (che sono i melograni
nel dialetto locale), fragolina gialla, susine, che grazie alla vendita diretta o alla
commercializzazione in botteghe equo-solidali e bio, cominciano a essere apprezzati dai
consumatori
.
Molte di queste piante raccontano una storia. «C’è la fragolina di Noto che fino agli anni Novanta veniva
seminata e venduta nelle strade della città barocca nei cestini di vimini – elenca Pannocchietti – C’è il ciliegio canino,
utilizzato in passato per la tornitura e la fabbricazione di giocattoli e pipe. Ci sono i secolari alberi
di pistacchietti, coltivati un tempo da grandi famiglie di latifondisti locali fino al terremoto del
1693 che distrusse Val di Noto». 

Per preservare le varietà autoctone tra Rosolini e Cava D’Ispica, Gian Luca ha anche
avviato – grazie al progetto Radice sicula – un vivaio dove coltiva le piante della tradizione siciliana
per uso vivaistico
. «Per riprodurre una pianta identica alla pianta madre – spiega – utilizzo la
tecnica dell’innesto che pratico tutto l’anno. Censisco le specie antiche locali, incontro i massari più
anziani che ricordano nomi, specie, pratiche agricole del passato e, infine, prelevo le marze e le
innesto».
Gian Luca, che si definisce «un contadino del passato», sperimenta un metodo di coltivazione
naturale
. «Anticamente il contadino era il custode della terra – afferma – e operava soltanto con i
mezzi che la natura gli metteva a disposizione. Per esempio, produceva il concime dal letame degli animali che
allevava o dai resti delle piante. Restando fedele agli insegnamenti di un tempo, effettuo la
concimazione con la pratica del sovescio di leguminose ed erbe spontanee e utilizzo gli scarti delle
pale di ficodindia
come fertilizzante e riserva idrica». 

Non solo tecniche rispettose dell’ambiente ma
anche a basso impatto energetico. «Puntiamo – ci tiene a precisare – a fare aridocultura, impiegando varietà spontanee resistenti alla mancanza di acqua. Per esempio, il terebinto è un ottimo porta
innesto arido-resistente per il pistacchio». A Villa del Tellaro poi si coltivano anche i rapporti umani. L’azienda, infatti, ha aperto le porte non solo alle
attività didattiche per bambini
ma anche alle imprese locali. «Abbiamo creato una rete informale
con gli imprenditori del territorio
per trarne benefici reciprochi. C’è la giovane apicultrice Dalma Cultrera – racconta Pannocchietti – che alleva un’arnia sui nostri terreni, in cambio le sue api sono utili nel processo di
impollinazione delle nostre piante. Con Vincenzo Barone, il proprietario del Rifugio Pernamazzoni, collaboro – conclude – per il recupero del limone muddisi, l’arancia Belladonna, l’albicocco bianco, tutte varietà antiche di agrumi presenti a Cava D’Ispica».


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